Menu

Il “lavoro sporco” dei fascisti del terzo millennio

 

Se negli anni della “guerra a bassa intensità” (la stagione delle stragi) i fascisti sono stati usati come manovalanza dagli apparati dello stato e dai servizi statunitensi in funzione anticomunista, i fascisti del “terzo millennio” come amano definirsi, sembrano aver assunto un ruolo di “cerniera” tra il lavoro sporco legale e il lavoro sporco illegale.
Il primo – quello legale – si è materializzato con l’ingresso di moltissimi fascisti in tutti i gangli interni o collaterali al PdL sia a livello locale che nazionale. Il perchè è spiegato molto chiaramente dal fascista di Terza Posizione, Marcello De Angelis in una intervista pubblicata nel recente nel libro di Nalbone e Russo Spena “I ripuliti”. De Angelis, ex direttore della rivista della destra sociale Area e adesso direttore de Il Secolo d’Italia, così spiega l’entrismo di tanti fascisti nel PdL: “Per noi Berlusconi ha avuto un ruolo strumentale. Scherzando – ma neanche troppo – un giorno spiegai ad un ex Pci, deputato alla Camera, che per noi Berlusconi è la dittatura del proletariato, quella situazione teoricamente non auspicabile ma necessaria come passaggio, come momento di transizione, per arrivare “all’anno zero”. Sulla base di questo ragionamento, abbiamo verificato come i vari gruppi fascisti si siano ricollocati dentro i gruppi consiliari, parlamentari o i consigli di amministrazione di società municipalizzate o statali in quota PdL. Altri fascisti si sono invece ricollocati a ridosso di questi ambiti istituzionali ottenendone copertura politica e cospicui finanziamenti. Con questi soldi hanno aperto sedi e circoli in tutto il paese, ma soprattutto hanno potuto assicurare un reddito a decine di attivisti a tempo pieno con i quali riempire l’agenda politica con le loro iniziative “esemplari”.  Il fenomeno più emblematico è quello dei nietzscheani di destra di Casa Pound (definiti appropriatamente Cassa Pound) che hanno teorizzato e saputo praticare con una certa efficacia questo collateralismo economico ed istituzionale affiancandolo ad una estetica del gesto molto dannunziana.
Ma se i business-squadristi di Casa Pound tengono a segnare la loro discontinuità con l’attivismo neofascista dei decenni precedenti (che ci riescano è un altro conto), organizzazioni più tradizionaliste come Forza Nuova e Fiamma Tricolore, si muovono invece in piena continuità. La prima dispone di ingenti risorse economiche (sul tesoretto di Fiore & c. esiste una montagna di pubblicazioni) e questo la pone come “primus inter pares” nelle iniziative di “area” (come viene definito il milieu neofascista attivo) e nutre ambizioni politiche a livello nazionale ed europeo. La destra istituzionale “coccola” continuamente Fn come bacino elettorale e spesso gli affida il lavoro sporco nei territori. La seconda arranca, compete e invidia la prima e imbarca i settori più oltranzisti e ambisce a rappresentare la continuità con il Msi di Almirante. Una operazione analoga a quella de La Destra di Storace e Bontempo che conducono una campagna di logoramento sui fianchi degli ex An transitati nel PdL, sono sempre stati nel “cuore” di Berlusconi e non nascondono di voler diventare il perno di un movimento reazionario di massa che possa approfittare delle conseguenze sociali della crisi economica per indicare soluzioni reazionarie di fronte allo strapotere delle banche, delle istituzioni europee e dei governi tecnici. “Nella coalizione di centrodestra non saremo sudditi di nessuno, e le alleanze che eventualmente ci saranno, serviranno per fare una politica di destra, sociale, per l’Italia” ha tuonato Storace in occasione della recente manifestazione nazionale de La Destra sui temi della crisi, delle banche e del governo Monti.

 

Il rischio di un movimento reazionario di massa

I fascisti del “terzo millennio”, così si definiscono, puntano a costruire soprattutto nelle metropoli socialmente devastate e conflittuali come Roma e Napoli o nel Meridione, un insediamento stabile per la loro presenza, così come sono riusciti a fare in questi anni in numerose città italiane di piccole o medie dimensioni (in particolare a Verona e in alcuni “cuori neri” della Toscana). Nel Nord invece soffrono la competizione e la concorrenza con il blocco reazionario della Lega,dentro la quale si sono pure riciclati parecchi fascisti in “libera uscita” e che oggi frizionano non poco con la leadership leghista (vedi Tosi a Verona). La manifestazione convocata a novembre a Napoli, ad esempio, doveva servire ai fascisti di Casa Pound per occupare un edificio e stabilizzare così la loro presenza. In quel caso però la pronta e decisa reazione degli antifascisti napoletani ha complicato parecchio la tabella di marcia dei fascisti. Come si spiega questa determinazione a voler mettere le mani e i piedi nelle principali aree metropolitane? Casa Pound, in questi anni ha varato un sistema che somiglia molto ad una sorta di franchising, aprendo in molti centri urbani di grandi e piccole dimensioni proprie sedi e coordinandone le attività a livello centrale. Una diffusione capillare che rivela l’estensione della rete nera e la consistenza degli appoggi economici, istituzionali e politici di cui gode.

Ma a cosa possono essere utili i fascisti “nel terzo millennio”? Non essendoci all’orizzonte rivoluzioni proletarie o l’Armata Rossa pronta ad abbeverare i cavalli nelle fontane di piazza San Pietro, come si spiega l’esistenza, il rafforzamento, il sostegno che ricevono i gruppi neofascisti da parte di settori non irrilevanti della borghesia italiana?

Casa Pound è in qualche modo il braccio culturale-militare principale di una rete nera a volte conflittuale e mutevole al suo interno. Lo è, perchè ha costruito un modello efficace di radicamento e penetrazione nel territorio che si fonda sulla estetica del gesto (a metà tra l’azione dannunziana e Nietzsche), occupazioni e stabilizzazione di sedi pubbliche, rastrellamento di cospicui finanziamenti pubblici o “privati” che consentono di avere gruppi di attivisti a tempo pieno, attività culturali spregiudicate e trasversali (alle quali abboccano, a volte e come cretini, anche personaggi noti nella “sinistra”). In sostanza Casa Pound sta operando e si sta candidando – anche in competizione con altre organizzazioni fasciste – ad essere il nerbo di un eventuale movimento reazionario di massa che un pezzo di borghesia italiana – travolta e indebolita dalla crisi e dalla gerarchizzazione in corso nell’Unione Europea – potrebbe voler scatenare nel paese sia contro le forze della sinistra (ritenute nemiche per storia, dna e princìpi), sia contro un altro pezzo di borghesia (come quella aggregatasi intorno al governo Monti) che punta invece ad agganciarsi al nucleo duro franco-tedesco, sacrificando non solo i diritti sociali e dei lavoratori ma anche gli interessi “nazionali” di una parte della borghesia stessa, quella più debole e inadeguata a reggere la competizione globale.

Le due facce del “lavoro sporco”

Avere a disposizione una rete organizzata a e diffusa di uomini neri a tempo pieno, pronti a fare il lavoro sporco in tutti i sensi, capace di esercitare un minimo o un massimo di egemonia culturale sui settori sociali colpiti dalla crisi (ed in particolare tra i giovani e le classi medie penalizzate dalla crisi) è il ruolo che è stato affidato ai fascisti. Per questo vanno contrastati in ogni città e in ogni luogo, soprattutto tra i settori popolari oggi fortemente disgregati e privati di una identità di classe decisiva per scegliere una opzione di resistenza alla crisi piuttosto che una reazionaria. Lo abbiamo fatto – e a ragion dovuta – nei decenni scorsi. Dobbiamo continuare a farlo anche dentro questa fase politica caratterizzata da una crisi di civiltà del sistema capitalistico del quale – checchè ne dicano nei loro documenti – i fascisti si sono sempre rivelati alla fin fine uno strumento.
Il mosaico neofascista appare ancora frammentato e rissoso al suo interno. I tentativi di arrivare a momenti unitari (vedi l’ultimo anniversario di Acca Larentia a gennaio) sono falliti per l’aspra competizione interna ed è volata anche qualche revolverata alla gambe tra “camerati”, tanto per non smentirsi. Ma l’arruolamento e l’entrismo nel Pdl di molti fascisti, ha in qualche modo sussunto il “lavoro sporco” dentro i livelli istituzionali legalizzandolo dentro gli interstizi del sistema stesso.
Un ruolo diverso hanno invece i fascisti che devono fare da cerniera con il lavoro sporco illegale. E qui si conferma una contiguità tra fascisti e organizzazioni criminali che risale ai decenni precedenti, quando tale contiguità veniva in qualche modo sostenuta e agevolata dagli apparati dello stato impegnati nella guerra sul fronte interno contro comunisti, sindacati e intellettualità progressista.
Emblematico è quanto afferma il fascista Roberto Cavallaro (cooptato dai servizi segreti militari statunitensi e da quelli italiani ad essi collegati) nella deposizione svolta in aula nel 2010 al processo per la strage di piazza della Loggia a Brescia del 1974. Cavallaro ha rivelato ad esempio che “Con l’operazione Blue moon si voleva promuovere la diffusione di droga per limitare la ribellione dei giovani” e che questa operazione (Blue Moon) era incentivata dai servizi segreti italiani in collaborazione con quelli statunitensi. Una affermazione inquietante ma non certo sorprendente. L’esplosione del mercato dell’eroina in Italia avviene proprio nella seconda metà degli anni ’70 e gli effetti furono devastanti su moltissimi militanti e attivisti della sinistra extraparlamentare oltrechè tra i giovani dei quartieri popolari. Che i fascisti avessero un ruolo non secondario nello spaccio dell’eroina già all’epoca fu qualcosa di più che una intuizione. Due giovani militanti milanesi, Fausto e Iaio, sono stati uccisi nel marzo del 1978 proprio perchè avevano compreso e stavano investigando su questa connessione.
Ma il lavoro sporco dei fascisti non si è certo esaurito con gli arresti, le fughe all’estero negli anni Ottanta quando come tutti gli stracci vennero sacrificati dal sistema politico che li aveva utilizzati a piene mani in funzione anticomunista. Nel terzo millennio infatti i fascisti stanno mettendo a profitto le relazioni che hanno intrecciato, le coperture di cui hanno goduto e continuano a godere negli apparati dello stato ma anche le “professionalità” che hanno accumulato nel lavoro sporco in Italia e all’estero (dal Libano alla ex Jugoslavia, dalla Bolivia all’Europa dell’Est fino all’Africa). Negli anni scorsi abbiamo definito questi network come la “rete degli uomini neri”. Adesso arrivano conferme che costoro non erano solo una suggestione ma una realtà con la quale le forze progressiste e gli antifascisti del XXI Secolo devono fare i conti.  Gli avvenimenti di cronaca nera degli ultimi quindici mesi possono aiutarci a capire molte cose.

Piste nere nella malavita organizzata

Nella guerra di mala che ha insanguinato la capitale, a novembre 2011 ci sono stati due omicidi “mirati” a Ostia: quelli di Giovanni Galleoni – noto come “Bafficchio” – e di Francesco Antonini conosciuto come “Sorcanera”. I due sono stati uccisi a Nuova Ostia la sera del 23 novembre scorso. I due uccisi erano legati in passato alla Banda della Magliana e in particolare a Paolo Frau – detto “Paoletto” – a sua volta ucciso a Ostia nel 2002 e coinvolto anche nel processo per l’assassinio di Mino Pecorelli, il giornalista ucciso nel marzo del 1979. A fare il suo nome era stato Antonio Mancini, altro elemento di spicco della banda della Magliana ed ora “collaboratore di giustizia”. Nel 2008 invece era stato ucciso ad Acilia, un altro boss come Salomone.
Per il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, responsabile della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, titolare delle indagini assieme al pm Carlo La Speranza, il duplice omicidio di Ostia “È stato uno scontro evidente tra due gruppi criminali molto forti, uno scontro di un certo livello”. “Le due vittime – prosegue Capaldo – erano due personaggi profondamente inseriti nel contesto della criminalità organizzata di un certo significato, non marginale, insediata anche a Roma nel traffico di droga e usura, già coinvolti in episodi di sangue e conflitti tra bande”.
Ma proprio a Ostia, esattamente due anni prima (dicembre 2009), i carabinieri avevano condotto una vasta operazione denominata Los Moros 2008-Madara 2008 – in cui vennero effettuati 36 arresti, di cui 31 italiani, 4 spagnoli e un bulgaro, per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale e spaccio di sostanze stupefacenti del tipo hashish e cocaina.
Questa operazione e i successivi sequestri di beni, hanno assegnato un duro colpo all’organizzazione criminale del boss di Ostia Carmine Fasciani.  Tra gli arrestati figuravano Silvia Bartoli, la moglie del boss di Ostia, e un certo Alberto Piccari. Quest’ultimo è noto come esponente neofascista dei Nar. Piccari viene ritenuto un “membro importante” nel gruppo originario dei Nar, alla pari di Gilberto Cavallini, Luigi Ciavardini, Massimo Carminati, Franco Anselmi, Walter Sordi ed altri. Picccari venne arrestato il 23 ottobre del 2001 e accusato di porto e detenzione illegale di armi. Le armi erano in ottimo stato di efficienza. Quando nel dicembre del 2009, i carabinieri lo fermano nel quadro dell’indagine “Los Moros”, si trovano di fronte ad una vecchia conoscenza ma più nell’ambito dei gruppi neofascisti che in quelli della criminalità.
Ma non è l’unica sorpresa. C’è qualcosina di ancora più importante. La telefonata intercettata tra il boss di Ostia, Carmine Fasciani e lo spregiudicato “imprenditore-finanziere” nero Gennaro Mokbel è ormai nelle cronache. Nella telefonata con Fasciani,  Mokbel si vanta di aver speso più di un milione di euro per far uscire dal carcere la coppia nera per eccellenza: Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, tra i fondatori dei Nar. Non solo. Il Ros dei Carabinieri ha accertato “i contatti del Mokbel con Carmine Fasciani, noto esponente della criminalità organizzata romana, dal quale ha ricevuto l´assicurazione di poter svolgere in modo indisturbato la campagna politica nella zona di Ostia”. E’ ampiamente documentato poi il “cameratismo” tra Gennaro Mokbel (il quale, per  l’importanza che gli assegnano gli inquirenti merita una parte speciale nella nostra inchiesta) e il killer fascista Antonio D’Inzillo, coinvolto nella sanguinosa resa dei conti dentro la Banda della Magliana, nel traffico di diamanti dall’Uganda e “misteriosamente” morto nel 2008 in Kenya. La fitta ragnatela di affari del faccendiere fascista Gennaro Mokbel lo porta direttamente a contatto con la Finmeccanica, il colosso dell’industria militare italiana ed a fare da tramite tra Finmeccanica e Mokbel sarà Lorenzo Cola, uomo che molte fonti ritengono legato ai servizi segreti militari italiani.

Si potrebbero poi mettere in fila poi altri recenti fatti di cronaca: l’uccisione del broker Roberto Ceccarelli l’8 aprile 2011; il ferimento di Andrea Antonini consigliere municipale di Casa Pound il 14 aprile 2011; il ferimento del fascista Francesco Bianco ai primi di gennaio 2012 a Tivoli, il coinvolgimento dell’ex fascista dei Nar Pierfrancesco Vito nella vicenda del broker nero Gianfranco Lande (Il “Madoff” dei Parioli).
Andrea Antonini, 40 anni, consigliere del ventesimo municipio appartenente al gruppo misto ex Destra sociale, nonché coordinatore regionale di Casa Pound, era infatti stato ferito da ignoti il 14 aprile di quest’anno. Antonini aveva da poco lasciato la sede del municipio e si era poi allontanato in sella al motorino. Sulla via Flaminia, all’altezza del Centro Euclide, due uomini in moto, con il volto coperto dal casco integrale, si sono accostati a lui: quello sul sellino posteriore lo ha colpito sulla coscia sinistra, con una pistola sparachiodi. Gli aggressori si sono poi dileguati immediatamente.
La militanza tra i neofascisti di Antonini era iniziata nel Fronte della Gioventù, ricoprendo incarichi dirigenziali nella stessa organizzazione. Nel 2002 era stato chiamato dall’allora presidente della Regione Lazio, Francesco Storace, a far parte della sua segreteria politica, incarico che ricoprirà fino al 2005. Nello stesso anno era entrato in CasaPound e in seguito ne assumerà  il ruolo di vice-presidente. Sempre nel 2008 viene eletto consigliere con delega allo sport nel municipio Roma XX, dei quartieri tradizionalmente di destra, come Cassia, Flaminia e Collina Fleming. Collaboratore del mensile Occidentale e del periodico Fare Quadrato, è un impiegato dell’Astral e dirigente sindacale Ugl.

Sempre ad aprile – ma sei giorni prima – viene invece ucciso a Roma un “broker”, Roberto Ceccarelli, anche lui con frequentazioni a cavallo tra gli ambienti della estrema destra e la criminalità. La pista investigativa su questo omicidio, vede accusati due personaggi piuttosto border line come Attilio Pascarelli e suo nipote Daniele Pezzotti, ma viene ritenuta poco credibile dagli inquirenti. Una parte dell’inchiesta conduce invece all’Egp di Gianfranco Lande, il famoso Madoff dei Parioli ormai noto per aver truffato i vip del ricco quartiere della capitale. Il cognome Ceccarelli ricorre infatti in almeno quattro conti coperti della seconda lista dei 500 clienti di Lande cui erano affidate le operazioni più scottanti. Ceccarelli è una figura molto complessa vicina anche ad ambienti di estrema destra. Nel 2003 fu infatti coinvolto nell’inchiesta “Capricorno Connection” che ha mandato in carcere una cinquantina di persone specializzate in rapine in varie città d’Italia. Di questo gruppo facevano parte ultrà laziali e romanisti ed esponenti del gruppo neofascista Movimento politico occidentale. “Le nostre indagini sono partite circa un anno fa seguendo i movimenti di tre romani, Claudio Corradetti, Fabio Giannotta e Corrado Ovidi, elementi di estrema destra gravitanti nell’ orbita del disciolto Movimento Politico Occidentale e delle frange violente della tifoseria dell’ Olimpico – spiegò nel 2003 l’allora capo della Digos Franco Gabrielli, oggi capo del Dipartimento della Protezione Civile.
Ma anche Gianfranco Lande (il Madoff dei Parioli) è un broker con un passato in Ordine Nuovo e aveva al suo servizio un altro fascista piuttosto noto alle cronache come Pier Francesco Vito, un altro ex dei Nar. Vito avrebbe investito tra il 2007 e il 2008 nella società European Investment Management, gestita dal socio di Lande, Roberto Torreggiani. Il denaro sarebbe stato versato in contanti e in due tranche: 50 mila euro il 30 gennaio 2007 e 61 mila il 4 febbraio 2008. Secondo l’ accusa, l’ ex terrorista nero avrebbe aperto una posizione in Eim, società di Torreggiani, intestandola alla madre, Dina Silvagni, come prestanome. Sempre secondo l’ accusa quel denaro proveniva dall’ attività di spaccio di stupefacenti per la quale Vito fu arrestato a novembre 2010.

Alla fine del 2011 viene trovata l’armeria all’Alessandrino di Claudio Nuccetelli, 48 anni, passato alla storia criminale per la “spaccata” a Bulgari, il fallito colpo del 2007 quando un carro attrezzi assalì la nota gioielleria del centro di Roma. Con lui, nella rapina da Bulgari, c’erano  infatti anche Fabio Giannotta, con alle spalle un curriculum di rapine ma anche di partecipazione alle commemorazioni presso la sede di Acca Larentia di cui la sua famiglia sembra essere “tenutaria”. Un padre segretario di sezione dell’antico Msi, un fratello Mirko, condannato  con rito abbreviato a un anno e otto mesi nel 2005 per rapine a banche e gioiellerie ed infine Fabio noto per essere un altro dei capitoli inquietanti della cosiddetta Parentopoli nera a Roma. Dirige, per conto dell’Ama e il comune di Roma, il settore Decoro urbano.

C’è poi il caso di un intellettuale, così lo definivano – che hanno trovato poche settimane fa con circa 160 chili di cocaina. In una grossa operazione antidroga è infatti finito in carcere Emanuele Macchi di Cellere, detto “Lele”: un passato da terrorista nero ma un presente da “intellettuale di area” e da grosso trafficante di droga.
Il pariolino, ex militante di Terza posizione e del Movimento Rivoluzionario Popolare (ennesimo tentativo di mettere in piedi un gruppo armato rosso-bruno) è stato arrestato a Genova nel febbraio 2012 dai carabinieri, al termine di una grossa operazione antidroga che ha portato al sequestro di ben 165 chili di cocaina arrivati da Santo Domingo. In carcere sono finiti anche altri due romani, Nicola Spigoni (39 anni), e un imprenditore della nautica incensurato, Manuel Contena (36 anni) di Ciampino. I tre uomini, non erano armati, e, a quanto pare, sono rimasti sorpresi di essere stati scoperti e non hanno opposto resistenza. L’ indagine non è chiusa. Gli investigatori vogliono ricostruire tutto il percorso della droga da Santo Domingo a Genova e dal container fino al porticciolo turistico La Marina di Sestri Ponente, soprattutto perchè una quantità così ingente di cocaina richiede una grossa organizzazione. Emanuele Macchi di Cellere non è affatto un nome sconosciuto del mosaico neofascista in Italia. E’ stato in carcere parecchi anni (veniva definito l’angelo custode di Pierluigi Concutelli) e recentemente era assurto a ruolo di testa pensante dell’estrema destra con interventi ospitati su “Fascinazione” il blog più sofisticato e informato della fascisteria italiana.

Non solo. Tra i dieci arrestati della squadra mobile della Questura di Roma per il giro di prostituzione all’interno del locale “Pussycat” di piazza della Crociate, ci sono anche un vice questore aggiunto della Polizia Ferroviaria e Flavio Serpieri. ex militante dell’organizzazione neofascista dei Nar che ricopriva il ruolo di vice presidente dell’associazione culturale “Le Pecore nere”. Il locale, in zona Tiburtina, ufficialmente era una associazione culturale – dal nome significativo di “Le Pecore Nere” – ma in realtà ospitava centinaia di prostitute, per lo più brasiliane e dell’Europa dell’Est, oltre a parecchie studentesse italiane che arrotondavano facendo il ‘mestiere’. 
Flavio Serpieri è una vecchia conoscenza tra i i gruppi neofascisti romani. Il 15 gennaio 1981 alcuni fascisti dei Nuclei Armati Rivoluzionari si introducono con uno stratagemma nell’abitazione a Roma del collezionista d’armi Fabio Bucciano, immobilizzano i presenti e sottraggono 21 pistole, una carabina, denaro e gioielli. Tra gli imputati che ammetteranno la rapina c’è Flavio Serpieri, insieme a Emanuele Esposito, Claudio Di Manao e Pierluigi Iacchelli. Il giovane fascista viene anche imputato per gli scontri del 10 gennaio 1979 a Centocelle in occasione dell’anniversario della strage di Acca Larentia, scontri in cui la polizia uccise Alberto Giaquinto. Degli scontri oltre a Serpieri saranno accusati, tra gli altri i neofascisti Luigi D’Addio, Maurizio Lattarulo, Saverio Uva, Dario Pedretti, Elio Giallombardo e Massimo Morsello. Negli ambienti del neofascismo romano Serpieri viene considerato un mezzo pentito perché rivelò la dinamica degli eventi precedenti che portarono agli scontri di Centocelle.

Infine tra i quattro rapinatori arrestati il 20 marzo per il colpo all’Unicredit di piazza di Spagna avvenuto il 19 dicembre scorso, c’è ancora una volta un ex militante dei Nar: Claudio Ragno. Ragno era entrato nella filiale Unicredit del centro storico con una casacca della polizia municipale. I metal detector della banca erano disattivati e così i rapinatori erano riuciti a portare all’interno una pistola. Claudio Ragno, romano (di zona nord) venne arrestato insieme a Luigi Aronica, Marco Di Vittorio e altri militanti dei Nar nell’ottobre del 1980. Scarcerato, viene più volte arrestato per rapina: nel 1988, per un colpo in banca a viale Mazzini, insieme a un altro militante dei Nar e ad uno degli arrestati per quest’ultimo colpo in banca, Silvano Panciotti. Nel 1994, Ragno viene arrestato insieme ad un altro fascista Massimino Rampelli. Al momento della cattura, i due vennero trovati in possesso di coltelli e materiale per mascherarsi. Rampelli, che e’ privo del braccio sinistro, indossava un giubbotto con un arto artificiale. I due dovranno rispondere di tentata rapina aggravata, porto abusivo di armi e ricettazione. Obiettivo era la banca Popolare di Rieti.

Rapine, omicidi, traffico internazionale di droga, racket della prostituzione di lusso, affari alla grande nel traffico di diamanti e di armi, commesse della Finmeccanica, attività di brokeraggio. Sembra non esserci un settore del lavoro sporco illegale che non veda spuntare qualche fascista. I fascisti insomma stanno dove stanno i soldi e i soldi, in un modo o nell’altro, vanno lì dove stanno i fascisti. Che siano soldi puliti o meno è veramente un dettaglio.
Diventa dunque sempre più difficile tenere separate le piste “criminali” da quelle sugli ambienti neofascisti, lo è sicuramente nella Capitale ma non occorre mai dimenticare i tanti cuori neri e gli scheletri nell’armadio radicati in alcune città italiane come Verona o Arezzo o la contiguità con le organizzazioni criminali nel Meridione. Ad esempio in almeno un paio di inchieste romane sulla malavita che coinvolgono i fascisti, spuntano puntualmente i clan calabresi. Questo ci dicono i fatti e la cosa, francamente, non è una sorpresa. Colpisce che magistratura e “politica” non abbiano ancora colto queste connessioni. Ma anche questa non è una sorpresa. L’inchiesta non può che proseguire.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *