«La crisi è finita», spera Monti
Tommaso De Berlanga
Mario Monti invita la Cina a investire qui da noi perché «la crisi dell’eurozona è superata». Parlava a oltre 2.000 partecipanti alla «Davos dell’Asia» – il Boao Forum – e si è dilungato nello spiegare come, dal suo avvento, l’Italia – che «era osservata come un possibile fiamma nell’incendio» europeo – sia invece diventata un porto sicuro, con i «fondamentali economici» fondamentalmente «solidi». A riprova del «miglioramento» ha ovvimente citato le «riforme strutturali», il «consolidamento di bilancio»la riforma delle pensione e quella del lavoro (che ancora non c’è, ma certamente verrà fatta approvare – con le buone o le cattive – non appensa rientrerà in patria.
I dati sulla disoccupazione non sembrano affatto dargli ragione (vedi la pagina a fianco), ma non possono essere enfatizzati quando si invitano gli stranieri a fare shopping da noi. Tra i vantaggi, c’è anche la «solidità dell’euro», che «non ha passato affatto una crisi», visto che «potere d’acquisto, inflazione e tasso di cambio» sono rimasti sostanzialmente stabili anche nei momenti peggiori.
Il problema è che la realtà è molto più riottosa e di solito prevale sulle formule verbali. Proprio ieri mattina Morgan Stanley – una delle prime quattro banche d’affari statunitensi – ha pubblicato i risultati di un’0indagine condotta tra oltre 850 investitori globali. Ne ha ricavato la ferma convincione che le banche europee non abbiano affatto «passato la nottata»; e tra queste ovviamente anche le maggiori italiane. Le stime parlano di «ricapitalizzazioni necessarie» oscillanti tra i 100 e il 200 miliardi di euro. Cifre tutt’altro che minime, visto che per «salvare le banche» gli stati europei – anche i meno spendaccioni, come l’Irlanda – hanno dovuto dissestare i bilanci pubblici, aprendo quella crisi che ha travolto la Grecia e ancora minaccia Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda. Cifre ingigantite dalla doppia «iniezione di liquidità» operata dalla Bce tra dicembre e febbraio, che ha portato nelle casse esauste delle banche ben 1.000 miliardi di euro a un tasso ridicolo: 1% per tre anni.
Ciò nonostante, ci si attende che le banche, nei prossimi mesi, continueranno a ridurre la «leva finanziaria». Significa che contrarranno ancora di più i prestiti alla clientela (imprese e famiglie), azzerando molte velleità di «ripresa».
A raffereddare gli entusiasmi cine di Monti sono arrivate ieri anche le notizie dalle borse europee. Dove, fino al primo pomeriggio, la caduta delle quotazioni era particolarmente vistosa (Mlano arrivava vicino al -2%). Il disinvestimento interessava soprattutto le banche, appunto, i cementieri (colpiti dalla crisi dell’edilizia e dalla caduta della galassia Ligresti), nonché dallo sprofondo Fiat, di cui riferiamo a parte.
Solo alcune timide buone notizie dagli Usa (l’indice manifatturiero Ism, in leggera risalita) e dalla Cina (che cresce ormai quasi suo malgrado), riuscivano alla fine ad invertire la tendenza. Lasciando comunque Milano sotto zero.
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Super-Mario a chi
Galapagos
Governo tecnico? «Ma mi facci il piacere», esclamerebbe Totò. L’impressione è che questo sia una governo – ad essere buoni – pasticcione che non ha colto la vera essenza della crisi italiana e dei rimedi necessari per non farla precipitare ulteriormente. Il primo «casino» l’ha fatto con gli «esodati» che, con la riforma delle pensioni, si troveranno senza lavoro (e senza possibilità di trovarne) e senza pensione. Si dice che siano oltre 300 mila le persone inguaiate e di queste – notizia di ieri – circa 22 mila sono bancari «esodati» per cercare di mettere un po’ a posto i bilanci degli istituti di credito devastati dalla crisi finanziaria.
La professoressa Elsa Fornero certamente sa molte cose, ma possibile che non fosse al corrente del problema di chi aveva scelto l’esodo volontario (si fa per dire) lasciando il lavoro in attesa di una pensione che – grazie alla sua riforma – ora non arriverà? E che dire di quel sottosegretario che ha invitato le imprese a riprendersi gli esodati? Anche lui è un tecnico o non è piuttosto uno scemo messo in un posto sbagliato?
Dal governo tecnico è anche arrivata la riforma dell’Ici. Ora si chiama Imu, ma i soldi non andranno ai comuni (come con l’Ici) ma saranno largamente sequestrati dallo stato. I comuni – molto per motivi elettorali – stanno battendo la fiacca nella determinazione delle nuove aliquote. Risultato: è il caos al quale si vuole porre rimedio (da parte dei comuni, cioè l’Anci e dei Caf) proponendo un rinvio del pagamento della tassa. O quanto meno un pagamento ridotto a giugno con un saldo maggiorato in dicembre. Perché, non va dimenticato, ai comuni sono stati tagliati parecchi miliardi di trasferimenti e un po’ di soldi – subito – servono come il pane per non ritrovarsi come il manifesto in liquidazione coatta amministrativa senza essere in grado di mantenere in piedi uno straccio di welfare e neppure le spese correnti. Se il governo dei tecnici avesse varato una patrimoniale pura (non solo sugli immobili) oggi non ci troveremmo in questa situazione. Ma il governo dei tecnici ha dovuto piegarsi al ricatto di Berlusconi e ai timori atavici di Bersani.
«La crisi è alle spalle», ha ripetuto Mario Monti ad libidum negli ultimi sette giorni facendosi forte di una riduzione dello spread che Tremonti aveva mandato alle stelle. Un modo un po’ infantile, quello di superMario, di lodare il proprio operato di tecnico prestato alla politica. «Stiamo meglio degli altri» insistevano Tremonti e soci fino a pochi mesi fa. Ovviamente mentivano e oggi mente spudoratamente anche Monti.
La verità è che l’Italia sta messa proprio male. A sostenerlo non è solo Corrado Passera unico nel governo a spiegare con sincerità che la crisi morderà almeno per l’intero anno. E neppure un supertecnico come Ignazio Visco, il governatore di Bankitalia, ma l’ottimismo di Monti non trova sponde neppure presso il Fondo monetario, la Confindustria, la Confcommercio, la Commissione europea e la Bce. E soprattutto è stato smentito clamorosamente dagli ultimi dati dell’Istat: la disoccupazione sta esplodendo e senza il «tappo» della Cassa integrazione sarebbe ormai a livello record perfino in Europa. Non a caso la stessa Marcegaglia e i sindacati insistevano per spostare in un futuro il più lontano possibile la riforma degli ammortizzatori sociali per non fare dell’Italia un deserto di senza lavoro. Che non è detto sia la soluzione che dispiace al governo tecnico: tanti disoccupati garantiscono basso costo del lavoro, mobilità, flessibilità e soprattutto ricatti. Una equazione perfetta – il controllo assoluto del mercato del lavoro – per un governo «tecnico».
da “il manifesto”
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