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David McWilliams sull’uscita dall’euro da parte dell’Irlanda (e dell’Italia)

di Edward Harrison

David McWilliams sull’uscita dall’euro da parte dell’Irlanda (e dell’Italia)

 

 

15 novembre 2011

 

Durante la stesura di running through Italian default scenarios (Excursus attraverso uno scenario di default italiano) http://www.nakedcapitalism.com/2011/11/italian-default-scenarios.html ponevo una domanda, che lasciavo in sospeso: “L’Italia potrebbe uscire unilateralmente dall’Eurozona e ridefinire i suoi debiti, ora quantificati in euro, nominalmente in una nuova valuta, la lira, per prevenire il default? Forse. Questo è un fatto da considerare in un secondo momento.”

Bene, ora è il momento di farlo.

Ho contattato David McWilliams [David McWilliams un popolare economista, presidente o ospite in occasione di eventi sia in Irlanda che all’estero] per una sua riflessione scritta sul perché consideri [ the end of the euro is nigh ] la fine dell’euro prossima.

Nella sua argomentazione, egli sottolinea come, con l’uscita dell’Irlanda (e dell’Italia) dall’Eurozona, l’Europa potrebbe funzionare a “due velocità”.

Immagino che lo stesso potrebbe funzionare anche con l’uscita dell’Italia.

La parte sottolineata ha catturato la mia attenzione. Consideriamo quello che potrebbe essere simile ad una “Europa a due velocità”:

 

“La prima cosa di cui ci rendiamo conto è che i paesi periferici non possono tenere il passo con la Germania. Prendiamo ad esempio l’Irlanda.

Quando abbiamo avuto la sterlina irlandese, Punt, vincolata al marco tedesco abbiamo svalutato sei volte in tredici anni, solo per cercare di tenere il passo competitivo con i Tedeschi. Al contrario, quando ci siamo uniti all’euro, e non potevamo svalutare, abbiamo perso il 30% della competitività rispetto alla Germania. Non si potrebbe essere più chiari!

Per gli altri paesi periferici la situazione è peggiore.

Allora, abbiamo tutti bisogno di un diversificato tasso di cambio del valore delle valute negli scambi commerciali in modo da rendere le nostre aziende più competitive e, quindi, avere maggiori probabilità di esportazione. Parallelamente, abbiamo bisogno di rendere le importazioni più costose, in modo da non comprare troppo dall’esterno. Il tasso di cambio più debole favorisce tutto questo. Le svalutazioni fanno lavorare. E per chi mette in dubbio questa affermazione, basta puntare lo sguardo sui guadagni duraturi ottenuti per maggior competizione da Finlandia e Svezia dopo le loro svalutazioni del 1992.

 

Senza un cambio di valuta, non possiamo tenere il passo con i Tedeschi, e questo rende la promessa di convergenza economica da parte dell’Unione Europea difficile da raggiungere senza un indebitamento finanziario enorme. Fino ad ora, ci siamo indebitati per raggiungere e conservare uno stile di vita ottimale e un livello competitivo di attività economiche. Ora nessuno di noi può restituire questi soldi. Quindi abbiamo bisogno di remissioni dei debiti, o di una riforma economica e sociale per far fronte al debito. Accompagnare il nuovo euro comporterebbe anche la svalutazione della massa del debito, perché se si riduce il valore della moneta con cui la gente deve pagare, ma non si riduce in proporzione il valore dei loro debiti, la gente semplicemente non sarà in grado di pagare, e il Paese dichiarerà default dopo la svalutazione. Questo non sarebbe intelligente. Tutto deve essere fatto contemporaneamente.

 

Quindi cerchiamo di pensare al nuovo euro.

Il nuovo euro “soft” potrebbero essere scambiato al 70% di quello attuale (questo valore mi è venuto di getto, senza tanto pensarci). Ciò significherebbe che rispetto ai Tedeschi, il nostro tenore di vita verrebbe tagliato di un terzo da un giorno all’altro. Verrebbe realizzato in un momento quello che l’attuale politica cerca di fare in cinque anni.

Diventeremmo una zona estremamente attraente per gli investimenti in quanto il nostro costo del lavoro sarebbe molto più conveniente. Ma non bisogna dimenticare che questo va a ridurre il nostro reddito dello stesso ammontare.

Tutti i nostri debiti si ridurrebbero del 30%, poiché verrebbero quantificati nella nuova moneta. Ovviamente, le banche che hanno prestato in euro “hard”, e che ora verrebbero rimborsate in euro “soft”, subirebbero un’enorme perdita dal rapporto di cambio.

Questo è un problema che avrebbe bisogno di essere affrontato.

Le banche di ciascun paese potrebbero emettere obbligazioni garantite dall’Unione Europea e redimibili per nuovi euro presso la Banca Centrale Europea. Queste obbligazioni potrebbero essere considerate capitale, in modo da evitare il fallimento delle banche.

E cosa succederebbe ai risparmiatori, che sul loro stock di risparmio in vecchi euro riscontrerebbero una svalutazione del 30%, se convertito nei nuovi euro? Si potrebbe assegnare loro obbligazioni indicizzate nei nuovi euro, emesse dallo Stato e riscattabili dalla BCE, ma non subito. I risparmiatori sarebbero incentivati a mantenerle nelle banche come risparmio. Questo è normale, perché a ben pensarci, alla maggior parte delle persone basta non le si tocchi i risparmi. Lo Stato dovrebbe assicurare ai nuovi titoli tanta credibilità, in modo che la gente non li esiga in contanti subito.

 

Non esiste un modo facile per uscire da questo pasticcio. Non siamo in grado di agitare una bacchetta magica e promettere che nessuno verrà colpito, ma è chiaro che l’euro ha fatto il suo tempo e, nella migliore delle ipotesi, dovrà mutare in qualcosa d’altro.

L’idea dell’euro a due velocità almeno eviterebbe il caos di una implosione disordinata e la reintroduzione affrettata di molte valute. Ne consegue una svalutazione competitiva, che per noi in Irlanda, con la maggior parte delle nostre attività commerciali e degli investimenti orientati verso gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, costituirebbe una boccata di ossigeno. Inoltre, la componente della cancellazione del debito potrebbe fornire un’occasione alla generazione dei precari fortemente indebitati – ai… Pope’s Children, ai Ragazzi del Papa, la meglio gioventù.

In una crisi, non esiste mai il modo migliore di affrontare le cose, semplicemente il modo meno peggio. Forse è proprio così che si deve fare. Una cosa che sappiamo per certo è che “quando le cose non possono continuare così per sempre, le si devono bloccare.”

Ecco la questione cruciale: “Tutti i nostri debiti si ridurrebbero del 30%, perché verrebbero valutati in una nuova moneta”. Questo mi risuona come se McWilliams stesse pensando per l’Irlanda quello che stavo considerando per l’Italia. Se funziona per loro, perché non dovrebbe funzionare anche per la Grecia, la Spagna e il Portogallo?

 

 

Edward Harrison è il fondatore del blog Credit Writedowns (www.creditwritedowns.com) ed è uno specialista di finanza presso Advisors Global Macro. In precedenza, Edward è stato dirigente di strategie finanziarie presso Deutsche Bank, Bain, e Yahoo. Ha iniziato la sua carriera come diplomatico e parla tedesco, olandese, svedese, spagnolo e francese.

Edward ha conseguito un MBA, diploma in economia aziendale alla Columbia University e una laurea in economia presso il Dartmouth College.

(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

Edward Harrison è il fondatore del blog Credit Writedowns (www.creditwritedowns.com) ed è uno specialista di finanza presso Advisors Global Macro. In precedenza, Edward è stato dirigente di strategie finanziarie presso Deutsche Bank, Bain, e Yahoo. Ha iniziato la sua carriera come diplomatico e parla tedesco, olandese, svedese, spagnolo e francese.

Edward ha conseguito un MBA, diploma in economia aziendale alla Columbia University e una laurea in economia presso il Dartmouth College.

(Traduzione di Curzio Bettio di Soccorso Popolare di Padova)

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