Un bar a caso, nella prima periferia di Padova. Di fronte al bancone una donna di mezz’età, dallo spiccato accento meridionale, mentre beve il caffè lancia la sua provocazione a mezza voce: “Roma ladrona, per vent’anni la Lega è cresciuta su questa idea, e poi si scopre che anche la Lega è ladrona”.
“Sì però Bossi si è dimesso, xe sta l’unico segretario di partito a dimettersi”, commenta l’autista dell’autobus fermo al capolinea fuori dal bar.
Dicono la loro anche la barista e gli altri presenti, tutti evidentemente con simpatie leghiste e tutti a rilanciare “Poe anca essere che Bossi ga robà, ma in meridione i roba de più”.
Ma non c’è molta convinzione nel sostenere il ritornello padano, che regredisce presto al qualunquismo classico: “Certo che Bossi me ga deluso” “Il problema xe a poitica. Xe il parlamento”. “Il potere corrompe. Anca Bossi” “Al sud i roba de più perché i gha più poitici”.
Un po’ fuori tema dice la sua anche la cassiera del vicino supermercato. “Certo che ormai rubano tutti anche qui. Non sapete quanti sono gli anziani che tentano di portarsi via un pezzo di grana o una bistecca infilata nei pantaloni”
In questa chiacchiera da bar c’è quasi tutto il veneto del “Day after”
Partiamo dal dato materiale: per la cassiera del supermercato i furti di alimentari da parte di anziani sono una novità assoluta, perché nella sua vita lavorativa non ha mai visto nulla del genere prima. Rubavano gli zingari, gli stranieri, i veneti mai!
Gli economisti dicono che in termini di potere d’acquisto dei salari e di capacità di risparmio si è tornati indietro di quasi vent’anni.
In Veneto il regresso sociale molto probabilmente è più profondo.
Bisogna tornare indietro di trenta o quarant’anni per ritrovare una realtà in cui a rubare erano i giovani italiani e non i giovani immigrati, a fare le razzie nelle ville non erano gli albanesi e a spacciare non erano i nordafricani.
Ma questa è memoria storica, cancellata da anni di crescita, in cui a tutti era stata data la possibilità di arrotondare il proprio salario senza bisogno di sporcarsi le mani, semplicemente facendosi sfruttare un po’ di più, facendo straordinari su straordinari, meglio ancora se pagati fuori busta, o un secondo lavoro, possibilmente in nero.
Oggi questa possibilità semplicemente non esiste più. E non esiste più il modello economico del decentramento produttivo, del “miracolo del nordest”, del “piccolo è bello”. Non ci sono più straordinari, non c’è più la piena occupazione. Famiglie abituate a contare su più salari si trovano fare i conti con un salario solo.
E qualche anziano comincia a rendersi conto che la sua unica possibilità di mangiare carne una volta la settimana è quella di prenderla senza pagare.
La crisi della Lega ha molto a che vedere con questo. Perché a sua volta la Lega è nata come rappresentanza politica di una piccola borghesia produttiva che proprio grazie al “miracolo” aveva visto una crescita incredibile dei propri fatturati e quindi del proprio potere economico.
E se alla base del “miracolo del nordest” stavano salari bassi, flessibilità e straordinari obbligatori, accettati dai lavoratori, ma anche dal sindacato concertativo, in cambio di piena occupazione, la Lega è riuscita nel difficile compito di governare questo ricatto e con un misto di razzismo padano e interclassismo democristiano ha illuso un gran numero di lavoratori che fosse possibile partecipare al banchetto dei padroni a condizione di tenere alla porta gli altri, gli stranieri, i “foresti”.
Oggi, però, nella crisi il piccolo non è più “bello”, ma serve solo a sfamare la sete di profitto del “grande”. Il piccolo non ha più credito dalla banche, fallisce, si svende al miglior offerente. Il destino della piccola e media industria è sotto ipoteca. E il futuro della piccola borghesia produttiva è quanto mai incerto.
Ma il declino del suo potere economico non può che portare al ridimensionamento del potere politico della sua rappresentanza istituzionale.
Che poi questo ridimensionamento avvenga per via elettorale o per via giudiziaria, questo è solo un dettaglio.
Da questo punto di vista le dimissioni di Bossi cambiano poco o nulla, perché il problema non è se la Lega ha rubato, quanto ha rubato e come riesce a gestire politicamente il tutto. Il nodo è che la Lega ha perso potere perché lo hanno perso i suoi referenti sociali.
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