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Controriforma del lavoro. Monti ha fretta

Devo arrivare al Consiglio europeo di fine giugno con la riforma del mercato del lavoro che e’ legge, altrimenti l’Italia perde punti. Questo non per la Germania, ma perchè è la comunita’ internazionale che e’ fatta cosi’. Mi scuso per questo appello unificato alle Camere…”. E’ questa la priorità del premier Mario Monti, esposta esplicitamente alla festa de “La Repubblica” a Bologna mentre fuori i movimenti, i sindacati di base e i centri sociali lo contestavano scontrandosi duramente con la polizia.

Il presidente della Camera Gianfranco Fini, lo ha subito sostenuto certificando che “non ci ostacoli né procedurali, né regolamentari» affinché il testo venga approvato «entro il 28 giugno”. Ci sono però due nodi da sciogliere. Uno è più facile dentro il Parlamento ed è il consenso di Pd e PdL che sostengono il governo a facilitare il ritmo di marcia della controriforma del lavoro. Dario Franceschini ha già annunciato che “il Partito Democratico è pronto a far approvare la riforma del mercato del lavoro entro il 28 giugno” ma solo “a patto che «il governo vari entro questa settimana un decreto sugli esodati”. Il PdL dal canto suo tiene invece Monti e Pd sulle spine. Per Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl, la decisione di ricorrere al disegno di legge è arrivata su specifica richiesta del Pd e della Cgil che poi in seguito hanno chiesto all’esecutivo di modificare profondamente l’articolo 18. Per Cicchitto non tutte le richieste «del Pdl e delle categorie interessate» sono state invece accolte durante il dibattito al Senato. Per questo motivo «l’obiettivo è di raggiungere altri risultati durante il dibattito» parlamentare che dovrà necessariamente tenersi alla Camera. La dichiarazione più dura (ma con inquietanti e paradossali elementi di verità) è quella del deputato leghista Gianpaolo Dozzo che spiega come “l’unico atto autonomo che resta alle Camere è la decisione dell’ordine del giorno» visto che il governo sistematicamente «mortifica il Parlamento con il ricorso alla fiducia”. “Un tale esautoramento delle funzioni delle Camere – ha poi aggiunto Dozzo – lo si è avuto solo durante il fascismo: non vorremmo che dopo quel ventennio ce ne sia un altro magari di stampo tecnocratico”. Si mette di traverso anche l’Italia dei Valori. Secondo il deputato Zipponi: “Invece di occuparsi di questa controriforma, il Parlamento dovrebbe discutere una legge per le assunzioni facili e non per i licenziamenti”. “L’IdV – conclude – farà di tutto perché questo ddl venga rispedito al mittente, portando nei palazzi e nei ministeri le istanze dell’Italia che lavora”.

L’altro nodo, più difficile da sciogliere, è invece nel paese. Se Cgil Cisl Uil hanno infatti scelto di fare finta di niente sull’abrogazione dell’art.18 e la peggiore legge sulla flessibilità del lavoro in Europa, i sindacati conflittuali (quelli di base, settori della Cgil e intere Rsu di fabbrica) hanno convocato per venerdi prossimo – 22 giugno – uno sciopero generale che, tra l’altro coincide con l’arrivo a Roma della Merkel, di Hollande e Rajoy, per un vertice quadrilaterale dei maggiori stati dell’eurozona alla vigilia del vertice del Consiglio Europeo (i capi di stato della Ue) previsto per fine giugno a Bruxelles. Monti a dicembre si presentò al vertice del Consiglio Europeo vantandosi di poter dichiarare che aveva fatto la controriforma delle pensioni (anche questa la peggiore d’Europa) con “sole tre ore di sciopero”. Stavolta, almeno i sindacati conflittuali, dimostreranno che non potrà cavarsela a buon mercato.

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