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L’agenda Monti sgombra il campo dagli equivoci

In quella “agenda” – che potete leggere cliccando qui – non c’è nulla di veramente nuovo rispetto a quanto il governo “tecnico” ha fatto nei tredici mesi della sua vita. Né c’è qualche dettaglio in più rispetto agli “impegni europei” che taglieranno le gambe al paese nei prossimi anni, se non prenderà vita un movimento d’opposizione popolare forte, antagonista, ma soprattutto con in testa un programma totalmente alternativo: dentro l’Europa, fuori da questa Unione europea. Le due cose non coincidono affatto. La prima è uno spazio storico e geografico unito da relazioni commerciali e culturali dagli equilibri interni sempre difficili, la seconda è un abbozzo di Stato che si va formando sotto l’azione di forze prive di legittimazione popolare e obbedienti a poteri economici che non amano apparire.
La loro espressione compiuta, in Italia, è Monti. E non lasceranno il timone in mano a nessun altro, per quanto “affidabile” e prosternato sia. Nemmeno a Casini, insomma, che pure nell’ultimo periodo ha cancellato ogni distinzione tra la sua Udc e il governo, nella speranza – miope – di veder gonfiare i propri consensi. Nemmeno a Bersani, pronto a ogni equilibrismo – come sempre nella storia del Pci e successivi tormenti – per trovare un compromesso al ribasso tra gli interessi della propria base sociale (industriale, cooperativa, assicurativa, ecc) e “i sacrifici” imposti da poteri superiori.
L'”agenda Monti” è la “lettera della Bce” due anni dopo, arricchita del pareggio di bilancio come obbligo costituzionale (che svuota e viola tutti gli altri obblighi della Costituzione stessa, a partire dalla sfera dei diritti primari individuali alla salute, al lavoro, alla libero esercizio dell’attività sindacale e politica) e dalle “rate” del Fiscal Compact. Ovvero quell’obbligo alla riduzione del debito pubblico entro i limiti del 60% del Pil in venti anni su cui persino l’algido lessico montiano inciampa per non esagerare le paure che indubbiamente suscita. Non serve davvero, infatti, “minimizzare” l’impatto che manovre finanziarie nell’ordine dei 45 miliardi annui per venti anni consecutivi avranno sulla struttura sociale e produttiva di questo paese. Dire che basterebbe solo un po’ di crescita annua per assolvere al compito senza troppo stress significa infatti cercare di nascondere il fatto che la riduzione traumatica della spesa pubblica – mettendo in moto al contrario il “moltiplicatore keynesiano” – produce contemporaneamente una riduzione del tasso di crescita anche superiore a quella del debito. L’esempio della Grecia è lì davanti ai nostri occhi. E’ reale e vivo oggi, non un’esperienza del passato.

L’agenda Monti sgombra il campo dagli equivoci. Sia a destra che a sinistra. La borghesia italiana più arretrata, quella che non riesce a trovare un’alternativa a Berlusconi, è tentata dalle sirene nazionaliste più deteriori, ammiccando populisticamente a un “rifiuto dei diktat europei” che Berlusconi stesso e Tremonti e Bossi e Maroni hanno sottoscritto mentre erano al governo.
A “sinistra” scompare ogni risalto “progressista” del vendolismo-bertinottismo, confinato per sempre (cioè per poco tempo ancora) al ruolo di foglia di fico parlante; di ambiente e diritti civili, ma che non mettano il naso nell’economia e nel mercato del lavoro.
Più in là ancora il “quarto polo” che viene oggettivamente spinto fuori dal cerchio di ferro delle formazioni abilitate a governare mentre valgono gli “impegni europei”, ma al momento affidato a figure che non sembrano aver metabilizzato appieno questa esclusione strategica e ancora pencolano verso impossibili “accordi elettorali” col Pd.
Resta infine la meteora grillina, tenuta in piedi da un rifiuto diffuso e confuso del “nuovo ordine”, mescolato indistricabilmente con pulsioni giustizialiste, chimere da “società civile buona” contrapposta alla “politica cattiva”, un pizzico di forcaiolismo e qualche razzismo sottotraccia (i migranti possono partecipare o no al M5S?).

Il campo antagonista è un cantiere tutto in costruzione, con qualche problema di “progetto”. In parte è stata l’unica opposizione politica nell’ultimo anno, come comitato No Debito e poi anche movimento del “No Monti Day”; in parte sente il bisogno di una sponda politica sia pur minima, e prova la prova elettorale dentro il bacino del “quarto polo” o anche in corsa solitaria.
Per orizzontarsi, però, è bene alzare gli occhi dai propri desideri e guardare dritto in faccia l’unico avversario vero: il capitale multinazionale europeo che ha scritto l'”agenda Monti”. Quello è il campo di gara, quello il modello sociale di povertà che è in via di istituzionalizzazione. Bisogna prendere le misure a questo avversario e costruire le soggettività capaci di sconfiggerlo. Soggettività all’altezza della partita, quindi di dimensioni sociali e livello culturale adeguato, con ambizioni e orizzonti continentali.
Il resto sono giochi da bambini rinchiusi nei cortili. Mentre fuori impazza la guerra economica globale.

L'”agenda”:

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1 Commento


  • De Marco Paul

    Altri tagli salati: la Legge di Stabilità del 2013.

    Si può rapidamente ottenere una idea precisa dei drastici tagli previsti dalla Legge di stabilita del 2013: cominciando a pagina 73, le tabelle danno l’elenco di tutti i tagli previsti nel 2013, 2014, 2015. Ecco il link:
    http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00687538.pdf

    Nessuno pensa sul serio che, con tutti questi tagli, nel 2015 la crescita economica ritornerà in modo da potere cominciare a ripagare il debito riducendolo di 0,5 ogni anno per venti anni.

    Ma intanto visto che con 200 punti (o 2%) di meno sullo spread si risparmia 40 miliardi di euro di interessi da pagare, si può già prevedere di abbassare le tasse per le impresse come previsto dall’Agenda Monti – tra l’altro trasversale come la Legge di stabilirà. Vedi http://www.agenda-monti.it , pagina 5.)

    Come? Oltre a nuovi crediti per le imprese, trasferendo i contributi dei lavoratori sulla fiscalità generale (evanescente, causa l’austerità) in modo da abbassare ancora il cosiddetto “costo del lavoro” (ancora troppo lato rispetto alla soglia fisiologica avvicinata dai Dalits in India) un costo del lavoro confuso per il “costo di produzione” concetto molto più serio, che si abbassa solo con più R&D e tecnologia e con più intelligenza da parte del governo e dei manager, ovvero con più “sovrappiù sociale”.

    Si inizia cosi un’accelerazione dello sviluppo dello sotto-sviluppo italiano comminato sin dal 1992 con il Patto sociale (ideato anche dai pite della Bocconi privata e cattolica, che certo non merita di portare il nome del grande artista pacifista calabrese : quelli ad esempio mandati a studiare a Cambridge come il giovane Leibniz a Parigi mentre Descartes moriva, per frugare preventivamente tra le carte di Sraffa, amico di Gramsci, le cui idee certamente prolegomeni non hanno certo niente a che fare a che fare con questo tipo di ridistribuzione regressiva dei redditi.

    Guardano alla Grecia si può intravedere il futuro immediato del nostro Paese : anche il fatto che dopo due haircuts (e un piano di riacquisto-ristrutturazione del debito a menta fallito) le agenzie di rating gli hanno conferito un BBB. Si comincia cosi il scenario africano con debiti un poco ridotti purché si continua a privatizzare tutto e si continua a pagare gli interessi sul debito.

    Se questo e un avvenire compatibile con la Costituzione …

    Vedi pure in DOWNLOAD NOW nella sezione Livres-Books del mio sito http://la-commune-paraclet.com l’articolo Uscire dell’euro non serve, serve mettere fine al regime di banca detta universale.

    Paul De Marco.

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