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Vaticano. Un Conclave da fratelli coltelli

Il Conclave per l’elezione del successore di Benedetto XVI,  si svolgerà probabilmente a partire dalla metà di marzo, in un periodo che va da 15 a venti giorni dall’inizio della “sede vacante”. Sul Conclave peseranno come macigni le parole pronunciate dal Pontefice nella giornata di ieri, dove ha denunciato come il volto della Chiesa sia oggi deturpato da «divisioni nel corpo ecclesiale». Per il Papa dimissionario occorre superare «individualismi e rivalità» , un passaggio urgente per mandare un «segno umile e prezioso per coloro che sono lontani dalla fede». Parole che confermano come dietro la «libera scelta» di rinunciare a proseguire nel cammino della guida della Chiesa, Benedetto XVI abbia in qualche modo certificato pubblicamente lo scontro interno alle gerarchie ecclesiali e la sua rinuncia ad essere una figura di compromesso tra le varie fazioni. 
Ma sul Conclave che dovrà eleggere il nuovo Pontefice peseranno anche le divisioni geografiche, soprattutto in rapporto al peso  e ai rapporti di forza tra i cardinali riconducibili alla “Curia romana” e quelli provenienti dai paesi emergenti. I primi rappresentano un Chiesa in declino e in crisi di vocazione, i secondi vengono ritenuti il vero “motore” per il futuro del cattolicesimo mondiale. Nel prossimo Conclave, si riuniranno 117 cardinali elettori. Il gruppo più numeroso è quello degli europei (61), seguito dai latino-americani (19), dai nordamericani (14), dagli africani e dagli asiatici ex-aequo (11 rispettivamente), mentre un solo cardinale viene dall’Oceania. A livello di nazionionalità primeggiano i cardinali italiani (28), il gruppo più numeroso rispetto agli 11 statunitensi e ai sei tedeschi. Seguono i cinque cardinali rispettivamente di Spagna, Brasile e India, i quattro rispettivamente di Francia e Polonia, quindi i tre del Messico e del Canada.
Si tratta di una complessità che le strutture del Vaticano non sembrano più in grado di gestire. “Non è più possibile governare una chiesa di un miliardo e passa di persona come si governava nel Medio Evo o nello stesso XIX secolo. E sarebbe bene che i papi del futuro seguano l’esempio coraggioso di Benedetto XVI e non quello di Giovanni Paolo II” commenta il teologo dissidente Hans Kung, il cattolico che si è scontrato duramente e per anni con Papa Woytila, aveva salutato positivamente l’elezione di Ratzinger e poi si era dovuto ricredere per la delusione.
Sullo sfondo resta uno dei problemi insiti nel carattere autoritario del Vaticano. Woytila rispose alla lettere dei cattolici austriaci “Noi siamo chiesa”, che la Chiesa “non è una democrazia”. Le decisioni vengono dall’alto, anzia dall’altissimo, dunque non possono essere messe in discussione ma solo obbedite. Un atteggiamento che nel XXI Secolo appare difficile da digerire ancora.

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