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Voto utile? Guardiamo a MontePaschi

L’articolo di Repubblica – certo non sospettabile di “ostilità preconcetta” verso il Pd – che qui sotto alleghiamo mette davvero in pessima luce gli appelli dell’ultim’ora al “voto utile”. “Utile” per chI?
Non certamente per i cittadini (lavoratori e non, studenti e professori, donne e uomini, etero o omo, ecc). Il quadro dell’inchiesta, infatti, mette in luce con molta chiarezza e qualche circospezione uno scenario che si poteva sospettare, ma che comunque è duro da mandar giù – per l’elettore di centrosinistra.
Dentro MontePaschi vigeva un accordo solido tra l'”anima Pd” e l’anima Pdl”, incarnata addirittura da Denis Verdini, coordinatore nazionale del partito berlusconiano, banchiere in proprio e sospetto di infinite malversazioni, al centro di numerose inchieste giudiziarie. Le contropartite finanziarie avevano ricadute politiche e viceversa, con il Pdl (all’opposizione quasi dappertutto, in Toscana) che “desisteva” sulle questioni più spinose, sconcertando anche i propri elettori o “consiglieri eletti “in buona fede”, all’oscuro degli accordi in sede bancaria.

Quindi: perché bisognerebbe votare Pd invece che Ingroia o starsene a casa? “Per non far vincere Berlusconi”, ci dicono tanti ingenui (e furbacchioni) di area Pd-Sel, fino all’inguardabile “manifesto” in edicola di questi tempi.
Sorvoliamo sul fatto che un’eventuale improbabile vittoria berlusconiana sarebbe rovesciata in pochi, drammatici, mesi dall’offensiva della Troika (Bce, Ue, Fmi), come nel novembre 2011.
Sorvoliamo anche sul fatto che proprio stamattina Mario Monti – che ha sentito come tutti puzza di “stallo parlamentare” come risultato delle elezioni – è tornato a parlare di “larghe intese”, riproponendo di fatto il maleodorante rassemblement che ha sostenuto il suo governo nel corso di 14 mesi (Pdl, Pd, Udc).
Concentriamoci sull’ipotesi che ci chiede un “voto utile” dica la verità: dopo che se lo saranno preso, in quanti modi si metteranno d’accordo con Monti e anche con Berlusconi, dentro e fuori le banche, dentro e fuori i palazzi del potere?
Già una volta Berlusconi sembrava morto, economicamente parlando. Ci pensò D’Alema a resuscitarlo. Ricordatevelo sempre.

Mps, si indaga su ipotesi spartizione Pd-Pdl

Nel mirino dei pm patto Verdini-Ceccuzzi. Sul documento in mano ai giudici mancano le firme. L’ex sindaco: mai nessuna intesa. Vigni: Baldassarri mi fece nascondere i contratti

di FRANCA SELVATICI e FRANCESCO VIVIANO

I RAPPORTI fra la politica e il Monte dè Paschi di Siena. I presunti accordi fra il Pd senese e il coordinatore nazionale del Pdl Denis Verdini. Posti nei consigli di amministrazione e finanziamenti a imprese amiche in cambio di desistenza nei rapporti fra maggioranza e opposizione. Questi gli argomenti al centro degli interrogatori di Andrea Manciulli, segretario regionale del Pd toscano, e di Angelo Pollina, coordinatore regionale di Fli, ambedue candidati alla Camera. I due esponenti politici sono stati ascoltati ieri come persone informate sui fatti in procura a Firenze dai pm fiorentini Giuseppina Mione e Luca Turco e dal loro collega senese Antonino Nastasi, che stanno fra l’altro cercando di stabilire la (invero dubbia) autenticità di un documento datato 12 novembre 2008, una sorta di patto fra l’onorevole Franco Ceccuzzi (Pd) e l’onorevole Verdini su Mps, sulle controllate e sui rapporti politici. I due nomi figurano sul documento, ma non ci sono le firme.

Ceccuzzi smentisce “categoricamente ogni tipo di accordo con Denis Verdini”, si mette a disposizione della magistratura per ogni chiarimento e parla di “polpette avvelenate”. Pollina, che dal 2006 al 2011 è stato capogruppo a Siena per Forza Italia e Pdl, conferma peraltro che da un certo momento nel suo ex partito non è stata più gradita l’opposizione e tutti quelli che avevano combattuto “battaglie serie” sono stati “fatti fuori”.

A Milano, intanto, il gip Alfonsa Maria Ferraro ha confermato “senza se e senza ma” l’arresto dell’ex capo area finanza di Mps, Gianluca Baldassarri. “I vertici di Mps – scrive nell’ordinanza – erano consapevoli delle operazioni in derivati che stavano portando avanti e ne hanno nascosto i contratti nel corso delle ispezioni della Banca d’Italia”. Non solo Baldassarri, quindi, ma anche l’ex presidente Giuseppe Mussari e l’ex direttore generale, Antonio Vigni, occultarono a Bankitalia i contratti scottanti sottoscritti con la banca giapponese Nomura.

Il gip cita alcuni interrogatori inviati dai pm di Siena, fra cui quello di Antonio Vigni, che afferma: “Ho custodito la lettera nella mia cassaforte perché Baldassarri mi aveva detto che era un documento delicato. Mi sono sempre fidato di lui; la ristrutturazione di Alexandria è stata seguita da Baldassarri, il quale mi ha detto che era opportuno sostituire il sottostante di quel veicolo perché legato al mercato americano, in quel periodo particolarmente a rischio”. All’ex dg non risulta “che Jp Morgan sia stata coinvolta, sia pure a livello di trattative, nell’operazione Alexandria”. Poi Vigni precisa: “L’unico documento che lega la complessa operazione condotta con Nomura è la lettera di mandato. Rispetto a ciò mi assumo ogni responsabilità, nel senso che avevo compreso che quella lettera legava le operazioni e che Mps si impegnava a realizzare una piena disclosure dei termini effettivi dell’operazione… Al presidente Mussari dissi che si trattava di un’operazione utile per la banca e che era necessario fare una conference call con quelli di Nomura perché la banca giapponese voleva essere garantita che noi avessimo compreso tutti i termini dell’operazione”.

Gianni Contena, dell’area finanza Mps, ha detto ai pm che nel luglio 2009 Baldassarri gli consegnò una bozza del contratto tra Nomura ed Mps: “E mi disse: questo contratto non esiste”. Baldassarri, per contro, sostiene che in banca tutti erano a conoscenza dell’accordo. Severe le valutazioni del gip: “Per quanto tale situazione fosse ben percepita dalla Banca d’Italia, che ha eseguito frequenti e specifiche ispezioni”, i manager della banca, fra i quali Baldassarri, hanno “elaborato e condiviso scelte gestionali dagli esiti quanto meno incerti e i cui profili negativi erano loro ben presenti, con la conseguenza che alcune di dette operazioni risultavano non ostensibili non solo all’organo di vigilanza, ma alla stessa società di revisione”. 

da Repubblica

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1 Commento


  • MaxVinella

    Anche ” Il Manifesto” sembra ormai allineato su posizioni piddine e per il voto utile.

    Viene il sospetto che su questo cambio di rotta incidano gli interessi dei nuovi finanziatori più o meno occulti.

    Comunque lo scenario più probabile e che a giugno si rivada a votare e che allora il buon Renzi alzi la manina e dica : “Ora tocca a me” !!

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