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Napoli. La piazza di Bersani, il non voto e i fermi preventivi

La fotografia di una piazza Plebiscito semideserta, in occasione del comizio di Bersani a Napoli, descrive bene il fascino che questa campagna elettorale (non) ha esercitato sui cittadini napoletani. Questo pomeriggio, alla Mostra d’Oltremare, è in arrivo il principale concorrente di Bersani, quel Silvio Berlusconi che con la principale piazza napoletana vuota si è già confrontato qualche anno fa, e che comunque auditorium, strade e teatri li ha spesso riempiti grazie all’apporto di militanti più o meno consapevoli, incoraggiati a partecipare con l’incentivo di un panino al prosciutto e un succo di frutta.

Nel pomeriggio di ieri, come accaduto in più di un’occasione in questi giorni di campagna, alcuni gruppi di persone (studenti, lavoratori e disoccupati) avevano in programma una contestazione al candidato della coalizione di centrosinistra, accoglienza che avevano già riservato al suo collega di partito Matteo Renzi, al leader del Movimento Cinque Stelle Beppe Grillo, e probabilmente, nei loro programmi, avrebbero riservato e forse riserveranno comunque oggi all’ex premier Berlusconi. Pare che, in particolar modo, proprio il parapiglia creatosi all’esterno del caffè Gambrinus in occasione della contestazione al sindaco di Firenze abbia indispettito le forze dell’ordine, tanto che i giornali parlarono nei giorni successivi di identificazioni e fermi che in realtà non sono mai avvenuti.

Qualcosa invece è successo ieri, anche se le notizie che si sono susseguite – mentre dal palco il leader emiliano “infiammava” la platea parlando di voto utile e cantando “‘O surdato ‘nnammurato” – arrivavano alle agenzie di stampa in maniera confusa e frammentata. Nel corso del lungo pomeriggio, infatti, quasi quaranta persone sono state fermate e identificate, in tre punti diversi della città, per impedire qualsiasi intromissione al comizio del Partito democratico. Ventidue ragazzi, tutti studenti, tutti giovanissimi, sono stati spintonati dalla piazza fino all’interno del cortile della prefettura, identificati e trattenuti fino alla fine della manifestazione; nel frattempo, in galleria Umberto, altre sette persone, tra cui una giornalista francese che effettuava delle riprese per un documentario, sono state fermate e condotte nella questura di via Medina, dove la giornalista ha dovuto mostrare i file presenti sulla propria telecamera, mentre ai manifestanti sono stati sequestrati uno striscione con una scritta di solidarietà al movimento No-Tav e un megafono; ancora, sempre in piazza, un gruppo di una decina di disoccupati appartenenti al movimento dei Precari Bros è stato bloccato, e sempre guardato più che a vista da un folto numero di divise, confinato all’interno di Palazzo Reale. Ciò che accomuna i tre episodi, in ogni caso, è che tutti i fermi e le identificazioni sono arrivati in maniera preventiva, in tre punti diversi, più o meno circostanti l’area del comizio.

Alcune agenzie di stampa hanno parlato nella serata di ieri di una denuncia nei confronti delle persone accompagnate in via Medina, alla luce di un provvedimento che “sanziona chi impedisce o disturba una riunione di propaganda elettorale”. Può accadere, oggi, in una città come Napoli, che la gestione delle pratiche di dissenso da parte della polizia avvenga in maniera tanto superficiale, e che, per esempio, venti ragazzi vengano sequestrati all’interno di un edificio pubblico, da un cordone di poliziotti, senza aver fatto nulla? Molte sono le possibili ragioni all’origine di quella che è apparsa come un’operazione coordinata da parte della digos napoletana, a cominciare dal timore di una grossa contestazione che secondo gli uffici di via Medina potrebbe attendere Berlusconi alla Mostra d’Oltremare, e che la stessa digos avrebbero provato a evitare con una intimidazione come quella di ieri.

Al di là di questo, il modo in cui si reagisce all’azione di chi prova a dissentire attraverso canali non istituzionali, diventa sempre più aggressivo. E mai come oggi questo modo di “gestire la piazza” sembra mettere tutti d’accordo (la stampa, i partiti, le istituzioni), nell’intento di isolare chiunque mostri di credere che si possa ancora ambire a un paese senza treni ad alta velocità, rispettoso dell’ambiente e della salute dei suoi abitanti o semplicemente che si possa partecipare alla vita politica non solo dall’interno di una cabina elettorale.

 (riccardo rosa da NAPOLI/MONITOR)

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