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L’UE contro i diritti delle donne

* da www.avante.pt (Traduzione di Marx21.it)

Si commemora il Giorno Internazionale della Donna. Tocca a noi comuniste non far dimenticare che la commemorazione di questa giornata – proposta 103 anni fa da Clara Zetkin – è storicamente legata al movimento rivoluzionario, all’emancipazione delle donne lavoratrici nella lotta del proletariato contro lo sfruttamento capitalista. Una data che si è trasformata, con il passare degli anni, nella celebrazione simbolica delle lotte più ampie di tutte le donne per la loro emancipazione economica, sociale e politica. E tocca pure a noi, comunisti, non permettere che questo giorno sia strumentalizzato e manipolato per far dimenticare le politiche di destra, di sfruttamento capitalista, e i responsabili della promozione di tali politiche che, naturalmente, sempre usano questa ricorrenza per fingere la propria indignazione per le “inaccettabili” disuguaglianze tra uomini e donne, disuguaglianze che vengono quotidianamente riprodotte dalle politiche che costoro mettono in atto, difendono e impongono.

Questa settimana sarà così nelle istituzioni europee. Conferenze, seminari, poster esposti nei corridoi, dichiarazioni di intenti, consegna di fiori, e infine, molto marketing intorno a un giorno che appartiene alle donne lavoratrici e non a chi attacca i loro diritti ogni giorno e che si permette allegramente di sorvolare sulle proprie responsabilità.
 
La diagnosi

In tutte queste iniziative organizzate dal Parlamento Europeo o dalla Commissione Europea verranno proposte diagnosi “preoccupate” della difficile situazione delle donne in “tempi di crisi”. E verranno analizzati dati, effettivamente preoccupanti, e tutti saranno unanimi nel manifestare la loro inquietudine. Si dirà che le donne sono le più severamente colpite dagli “effetti della crisi”. Che le donne sono le più colpite dalla distruzione delle funzioni sociali dello Stato. Che sono le donne che maggiormente lavorano a part-time (nell’UE, nel 2011, quattro volte più degli uomini) e che più hanno contratti di lavoro “atipici”, che le politiche dei tagli agli investimenti pubblici, inclusi i tagli dei salari e i licenziamenti, colpiscono soprattutto la funzione pubblica, settore in cui, nell’UE, il 70% dei lavoratori è rappresentato da donne. Si dirà che tutti questi fattori hanno impatti enormi sui montanti delle pensioni che le donne andranno a percepire. Si dirà che i tagli ai sussidi sociali – come i tagli sui buoni famiglia in Portogallo – colpiscono il diritto delle donne ad assicurare ai loro figli una vita degna. Si dirà che la pressione esercitata sulle famiglie sta provocando l’aumento della violenza domestica, soprattutto contro le donne. Si dirà che nell’UE, il 23% della popolazione (dati del 2010) era a rischio di povertà e che l’impoverimento della popolazione colpisce soprattutto le donne, in particolare le donne anziane che vivono sole e quelle che vivono in famiglie monoparentali. Si diranno molte verità.

Le cause

Ciò che non sarà detto in molte delle commemorazioni ufficiali è che le cause della situazione di regresso civile che le donne vivono oggi in vari paesi dell’UE – e in Portogallo – vanno ricercate nelle politiche di destra che mirano all’accumulazione della ricchezza e dei profitti in mani private, non esitando a tagliare nelle funzioni dello Stato e e a promuovere politiche del lavoro che permettano lo sfruttamento maggiore di manodopera femminile. I signori che fanno questi discorsi nella Commissione Europea e nel Parlamento Europeo hanno non solo promosso e messo in pratica l’intervento straniero nel nostro paese, ma anche promosso la deregolazione delle leggi del lavoro, la menomazione della contrattazione collettiva – uno dei migliori strumenti per combattere le discriminazioni salariali -, hanno appoggiato i tagli ai salari e ai sussidi sociali, i licenziamenti nella funzione pubblica che si ammette colpiscano le donne. Tutto ciò in Portogallo (come in Grecia e in Irlanda), fa parte dei memorandum di intesa che si è dichiarato essere inevitabili. Si difende, ad esempio, il Semestre Europeo e si approvano le sue raccomandazioni per il 2013, e quindi si approvano: lo “sviluppo di regimi di lavoro flessibile”, la diminuzione dei sussidi di disoccupazione e dei salari. Non perché lo diciamo noi. Ma, semplicemente perché e ciò che vi sta scritto. La maggioranza del Parlamento Europeo ha approvato queste raccomandazioni; la medesima maggioranza si lamenta delle conseguenze che ha provocato.

Le soluzioni
 
Per dare soluzione a ciò che si considera inaccettabile, si propongono le stesse politiche di austerità e consolidamento di bilancio ma, stavolta, con “preoccupazioni di genere”, di modo che gli effetti negativi per le donne siano “mitigati”. E non si farà nulla, dopo, in pratica, per rafforzare le funzioni sociali dello Stato, per rafforzare legislazioni in grado di difendere i diritti delle donne e assicurare salari degni alle donne lavoratrici. Ma certamente le donne non permetteranno la strumentalizzazione di questa giornata. Continueranno a lottare e a resistere per la dignità.

*Inês Zuber è parlamentare europea del Partito Comunista Portoghese 

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