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“Stop Coisp”. Una folla solidale abbraccia Patrizia

Ieri pomeriggio Ferrara si é finalmente ripresa la sua piazza. Piazza Savonarola, la stessa dove mercoledì una ventina di poliziotti del sindacato Coisp – accompagnati da qualche politico senza scrupoli – avevano manifestato la loro solidarietà ai quattro colleghi condannati per l’omicidio di FedericoAldrovandi. Una provocazione che ha suscitato una ridda di polemiche e che ha portato all’immediata convocazione di quello che doveva essere un sit in e che invece è diventato una enorme dimostrazione di affetto, solidarietà e rabbia nei confronti dell’impunità che copre, da sempre, le violenze di cui si rendono protagonisti uomini e donne in divisa.

Ieri sera sono arrivati in 4 mila ad abbracciare Patrizia Moretti. Da Ferrara e dal resto dell’Emilia, ma anche da tutte le regioni limitrofe. A gridare, come ha fatto Lino Aldrovandi, il papà del ragazzo pestato a morte quel 25 settembre del 2005, che quei ”signori tra poco torneranno liberi, però quella divisa va tolta”. Una richiesta, quella della destituzione dei quattro agenti condannati per l’omicidio del figlio, che ha fatto scattare un applauso delle migliaia di presenti ma che difficilmente sarà accolta dagli apparati dello stato. Proprio ieri infatti si è appreso che la commissione disciplinare del Dipartimento della Pubblica Sicurezza ha concluso a gennaio il procedimento aperto nei confronti dei 4 poliziotti, con un provvedimento di sospensione di soli 6 mesi. Sospensione che, stando a fonti qualificate, dovrebbe scattare non appena i poliziotti avranno scontato i residui 6 mesi di condanna, dunque a giugno. Ciò vuol dire che agenti che hanno ucciso Federico e che hanno depistato le indagini potrebbero tornare in servizio già all’inizio del prossimo anno, nel 2014. ”La Cancellieri ha detto che con un omicidio colposo non é consentito il licenziamento, ma che sarà valutato il disonore della divisa”, ha spiegato al megafono LinoAldrovandi. ”Io quella divisa la amo… e ve lo dico, può succedere l’irreparabile, si può sbagliare – ha aggiunto – Ma dalla divisa deve uscire l’Uomo, deve chiedere scusa e dire ho sbagliato”. Invece, ha aggiunto Lino, alla famigliaAldrovandié toccato ”uno sforzo così per arrivare alla verità”. Anni di lotta. E poi mercoledì il presidio-provocazione, sotto le finestre del Comune dove lavora la mamma della vittima. ”E quel voltarci le spalle quando é stata mostrata la foto di Federico”.

Patrizia Moretti é stata ancora più dura nei confronti del Coisp, sindacato che negli ultimi mesi non ha mai smesso di perseguitare lei e di infangare la memoria e la verità. ”Il loro modo di approfittare del nostro dolore é il culmine della disumanità, ma in questo modo hanno reso palesi a tutti quanto sia difficile per le famiglie lottare per avere giustizia quando dall’altra parte ci sono le forze dell’ordine”. Al suo fianco c’erano Ilaria Cucchi, Domenica Ferrulli, Lucia Uva, parenti di altre vittime di ‘malapolizia’.
Ora, hanno ribadito i familiari di FedericoAldrovandi, una risposta se la aspettano dalle istituzioni, dall’ispezione mandata in questura dal ministro Cancellieri. ”Spero che si capisca come mai questo dolore ha continuato a pioverci addosso per otto anni e in tutto quest’ultimo mese”, ha detto Patrizia Moretti. Da più parti in piazza é stato chiesto come sia stato possibile autorizzare un presidio come quello del Coisp sotto l’ufficio dove lavora Patrizia Moretti. Nei giorni scorsi, la donna aveva spiegato di essersi sentita ”perseguitata” dalle iniziative del ‘sindacato’. ”Queste persone sanno fare molto male e vorrei che le istituzioni lo impediscano. Vengo dall’ufficio del Prefetto, mi ha ribadito la sua vicinanza, collaborazione e protezione”.

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1 Commento


  • Gabriella

    Dalla pagina FB Avvocati Liberi:
    Sig. Ministro degli Interni, in relazione alla manifestazione di solidarietà a quattro poliziotti che mentre indossavano una divisa, hanno tolto per sempre ad una madre ad un padre un figlio, indetta da un sindacato di polizia, lei condanna il fatto e afferma che quelle persone non rappresentano la polizia.
    Vede sig. Ministro, forse non rappresentano la polizia, ma c è un problema più grande, fanno parte della polizia.
    Quelle persone non avranno il vessillo della rappresentanza, ma nella quotidianità hanno qualcosa di molto più importante. Una divisa ed un tesserino.
    Con quella divisa, dei sodali di assassini, fermano le persone, le perquisiscono. Con quel tesserino, quell’accolita indegna di un paese democratico, possono entrare di notte nella casa della gente, senza mandato.
    Quelle persone, non rappresenteranno la polizia, ma mandano il galera le persone. Sono ufficiali di polizia giudiziaria sono pubblici ufficiali. Con gli atti a loro firma si istruiscono i processi penali.
    Il problema delle Istituzioni Democratiche di un Paese, non è la rappresentanza ma l’appartenenza.
    Condannare il fatto non basta, tenerli moralmente fuori dalla Polizia di Stato è inutile, perché sono materialmente dentro. Come detto, forse, non rappresentano la polizia ma sono poliziotti.
    Affermare che singoli componente dell’architettura democratica di un paese non rappresentano quella componente è un ossimoro logico.
    Sig. Ministro qui non parliamo solo di una madre che vede morire suo figlio ogni giorno, qui non si tratta di dare pace ad un ragazzo che non c’è più, ad una famiglia che mai supererà una tragedia immensa. Qui occorre tutelare tutti quei poliziotti, carabinieri e via dicendo che svolgono ogni giorno con abnegazione e professionalità encomiabili il loro lavoro,
    Ora Lei deve tutelare la serenità delle persone che vengano fermate ad un posto di blocco dalla polizia, Lei deve tutelare la serenità di un magistrato, di un avvocato, quando leggono un verbale redatto della polizia giudiziaria
    Qui parliamo di allentamento delle Istituzioni democratiche.
    Sig. Ministro Condannare non basta, le parole non bastano.
    Goffredo D’Antona. Avvocato Catania.

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