E’ un appoggio ”con il cuore” quello di Francesco Guccini alla campagna dei referendari per l’abolizione dei fondi comunali alle cosiddette paritarie dell’infanzia di Bologna. Il cantautore ha aderito alla battaglia del comitato ‘Articolo 33’, che ha promosso il voto consultivo di domenica prossima: ”Entrare alla scuola pubblica – spiega Guccini – ove si opera senza discriminazioni e senza indirizzi confessionali, é il primo passo di ogni individuo che voglia imparare l’alterità e la condivisione, é il primo passo di ogni essere umano per diventare uomo, per diventare donna…”. Insomma, aggiunge, ”non posso non fare mia la lezione di Piero Calamandrei, quella contenuta nel suo celebre ‘Discorso in difesa della scuola nazionale’, e da quelle parole traggo il mio augurio e il mio saluto per tutti voi: ‘Bisogna, amici, continuare a difendere nelle scuole la Resistenza e la continuità della coscienza morale”’.
Insieme a Guccini scende in campo pubblicamente anche Stefano Rodotà. “Il vero ispiratore” del referendum bolognese sui finanziamenti alla scuola privata “è l’articolo 33 della Costituzione, dov’è scritto che i privati possono istituire scuole ‘senza oneri per lo Stato'”. Lo scrive Rodotà in una lettera indirizzata alCorriere della Sera, dopo essere stato “additato come l’ispiratore” della consultazione, (“se fosse vero – sottolinea – sarei assai lieto”), spiegando che solo “dopo che la procedura era già ampiamente in corso, mi fu chiesto di presiedere il comitato referendario, cosa che accettai di buon grado”. “Questa cronologia – precisa – è utile anche per mostrare quanto sia pretestuoso e fuorviante il tentativo di presentare questa iniziativa come parte di una strategia politica che si è venuta sviluppando solo nelle ultime settimane”.
Gli argomenti contro il referendum “peraltro, sono quelli che discendono da una triste interpretazione, giuridica e politica, che ha voluto aggirare la chiara lettera della Costituzione con una operazione opportunistica e strumentale, alla quale mi sono sempre pubblicamente opposto anche quando veniva condotta dal Pci e dai suoi successori. Distinguere ‘finanziamenti’ da ‘oneri’, e battezzare come ‘pubblico’ un sistema di cui i privati sono parte integrante, sono espedienti di cui ci si dovrebbe un po’ vergognare”. Anche perché “non siamo di fronte a una questione contabile. Si tratta della qualità dell’azione pubblica, del modo in cui lo Stato adempie ai suoi doveri nei confronti dei cittadini”. Ma “siamo ormai così disabituati alle questioni di principio che, quando ci capitano tra i piedi, cerchiamo di liberarcene tacciandole di ‘ideologia’”.
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