C’è una logica nella seconda lenzuolata di provvedimenti carata ieri dal governo? A dispetto delle apparenze e della realtà molto confusioneria, sì.
É una logica deriva da una convinzione apodittica, o meglio da disposizioni sovranazionali indiscutibili: il futuro del lavoro in Italia sarà “povero”. Per contenuti e competenze, ovviamente per salari e garanzie, per capacità di consumo e dignità delle persone.
Non è nemmeno una pogica “nascosta”, anche se non sbandierata. Prendiamo questo passaggio che spiega le misure chiamate “a favore dell’occupazione giovanile”:
Nel Mezzogiorno vi sono 1.250.000 giovani (15-29 anni) che non studiano né lavorano, più che nell’intero CentroNord. Un giovane meridionale su 3 oggi non studia né lavora. I giovani diplomati del Sud hanno nel 2012 un tasso di occupazione del 31% e i giovani laureati del 49%; tassi entrambi di circa 15 punti inferiori rispetto al resto del paese; la durata media della ricerca della prima occupazione supera i tre anni. Al tempo stesso cresce sensibilmente al Sud la partecipazione al mercato del lavoro, segno sia di assoluta necessità di impiego in moltissime famiglie, sia di esplicita volontà di contribuire al rilancio del paese. Come ricorda la Banca d’Italia, “l’ offerta di lavoro cresce più rapidamente nelle regioni in cui l’aumento della disoccupazione è più marcato”.
Possiamo sostituire Marx alla Banca d’Italia e la frase non cambia: l’alta disoccupazione è considerata una condizione favorevole allo sviluppo dell’occupazione. Ovvero, la presenza di un numeroso “esercito salariale di riserva” consente di tenere i salari indecentemente bassi e quindi “favorisce” l’investimento privato o, più semplicemente, il passaggio dal lavoro nero a quello “precario legale” e da quest’ultimo al contratto “a tempo indeterminato”.
Riavvolgendo il nastro degli ultimi venti anni di “riforme del metcato del lavoro” (dal “pacchetto Treu a oggi), possiamo agevolmente constatare come la precarietà contrattuale sia stata voluta e mirata a raggiungere un unico obiettivo: la compressione salariale al di soto dei livelli di sussistenza. “I diritti” del lavoro, in questa dinamica “oggettiva”, non potevano che scomparire sullo sfondo; fino a poter essere indicati come “privilegi” antieconomici ostili “ai giovani”. I bastardi che ancora giocano sulla “guerra generazionale” sono quindi agenti attivi, anche se a volte persino inconsapevoli, del capitale e dei suoi governi.
In secondo luogo, viene confermata e dettagliata una “filosofia” di intervento dello Stato nell’ecomia. Non più la keynesiana “politica industriale”, in cui lo Stato decide quali sono gli obiettivi strategici che “i privati” non sono interessati a perseguire e quindi “entra” direttamente in campo promuovendo alcuni tipi di industria e di occupazione. Ma un “accompagnamento” dell’iniziativa privata “sovrana”, con misure che “favoriscono” tramite strumenti fiscali la scelta per determinate opzioni anziché altre.
Per provare a dettagliare meglio queste considerazioni di “logica generale” dell’intervento vi proponiamo qui sotto alcune schede prese dal Sole24Ore, di cui proveremo ad evidenziare (in corsivo) conseguenze e “filosofia”.
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Dal bonus giovani alle modifiche della legge Fornero: il decreto in 8 punti
Bonus giovani (e Sud)
L’articolo 1 prevede “incentivi per nuove assunzioni a tempo indeterminato di lavoratori giovani”. Cioè, un bonus a chi assume under 29 disoccupati. Per rientrare nella categoria “lavoratori giovani” serve avere un’età compresa tra 18 e i 29 anni. Sono previste poi tre condizioni (basta se ne possieda una): il neoassunto deve essere privo di impiego retribuito da almeno sei mesi, non aver conseguito nessun titolo di scuola superiore e vivere solo con una o più persone a carico.
Redazione. Delle tre condizioni poste, una definisce il limite vero e quindi anche il campo di applicazione: “non aver conseguito nessun titolo di scuola superiore”. Quale tipo di occupazione si intende quindi favorire? Quella per cui basta la terza media o anche meno. Lavoro manuale puro e semplice, senza orpelli e competenze foss’anche minime.
Il bonus è pari a un terzo della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per un periodo di un anno e mezzo (18 mesi). Non può superare i 650 euro mensili. In caso di trasformazione con contratto a tempo indeterminato l’incentivo è corrisposto per 12 mesi. La risorse sono divise tra il Mezzogiorno e altre regioni italiane con percentuali diverse. Al Sud, il finanziamento è fissato a 100 milioni per il 2013, 150 milioni per il 2014, 150 milioni per il 2015 e 100 milioni per il 2016. Complessivamente vanno al Sud 500 milioni. Quello per il centro e il nord è 294 milioni: 48 milioni di euro per il 2013, 98 milioni per il 2014, 98 milioni per il 2015 e 50 milioni per il 2016. E sempre nel secondo caso, le regioni interessate devono rendersi disponibili a cofinanziare al 50% la misura assegnata.
Red. Voler aiutare il Mezzogiorno sarebbe intento lodevole, se non lo si condannasse nel frattempo al ruolo di fornitore di manodopera manuale a basso costo. Le cifre stanziate, in aggiunta a una politica comunque rinunciataria, sono davvero troppo insignificanti per conseguire gli obiettivi dichiarati.
Tirocini, bonus per i giovani
Gli “interventi straordinari per favorire l’occupazione, in particolare giovanile” sono rivolti ai disoccupati fino a 29 anni d’età e agli over 50, sfruttando anche le opportunità lavorative dell’Expo 2015. In più, per favorire l’alternanza studio-lavoro, si stanzierà un fondo di 15 milioni di euro per i tirocini curriculari. E’ previsto un incentivo tra le università statali che attivano tirocini della durata minima di 3 mesi con enti pubblici o privati. Per ogni tirocinante sono previsti al massimo 200 euro.
Red. Parole roboanti che si sgonfiano davanti all’entità del bonus: 200 euro. Davvero qualcuno pensa che tanto basti per “attivare” qualcosa di complicato come “l’alternanza studio-lavoro”?
Tornando al capitolo occupazione, l’articolo prevede che le parti sociali e le organizzazioni più rappresentative dei datori di lavoro concordino “contratti collettivi, iniziative e misure straordinarie”, incentivando lavoratori intermittenti, lavoro subordinato con un programma di formazione non superiore alle 120 ore, elevazione dei compensi per lavoro accessorio da 2mila a 5mila euro e e stipulazione di co.co.co (collaborazione coordinata e continuativa) rinvianti all’Expo 2015.
Red. Un ruolo da kapò viene riservato alle “parti sociali (Confindustria e sindacati firmatari del recente “accordo sulla rappresentaza”), dovranno incentivare il… “lavoro intermittente” (tre mesi sì, due no, poi vediamo…), quello con competenze medio-basse (con durata della formazione limitata, ecc). Paradossalmente, si tratta di una confessione postuma: tutti i contratti tipo l’apprendistato – per cui sono previste durate abnormi, fino a tre anni – sono delle prese in giro finalizzate soltanto e tenere basso il salario e “sulla corda” il lavoratore. Se per la “formazione” bastano 120 ore o meno, a che serve un contratto triennale per ottenere lo stesso risultato?
Garanzia per i giovani
Il quarto articolo istituisce una struttura di missione per l’attuazione della cosiddetta “Garanzia per i giovani” (Youth Guarantee) e la ricollocazione dei lavoratori destinatari degli “ammortizzatori sociali in deroga”. La struttura dispone le linee guida per definire i criteri e la ripartizione delle risorse, oltre a promuovere accordi tra istituzioni pubbliche, enti e associazioni private monitorare periodicamente gli interventi. Sarà coordinata dal Segretario Generale del Ministero del Lavoro o da un Dirigente Generale. La dotazione è di 40mila per il 2013 e 100mila euro per il 2014 e 2015.
Red. C’è poco da dire. Intenti vaghi, dotazioni ridicole, obiettivi inesistenti. E questa sarebbe “la garanzia”…
Istituti tecnici, 5 milioni di finanziamenti
Nell’articolo 5, in aggiunta alla legge 27 del dicembre 2006, si incrementa di 5 milioni di euro per il 2014 il Fondo per l’istruzione e la formazione tecnica superiore. In più, gli istituti professonali possono utilizzare spazi di flessibilità entro il 25% nelle lezioni annuali per percorsi di istruzione e formazione professionale. Gli spazi saranno ripartiti nel primo biennio e nel primo anno del secondo biennio.
Red. Mentre si distrugge metodicamente l’università pubblica e la scuola media superiore, spunta fuori una (impercettibile) inversione di tendenza per gli istituti tecnici. Cnque milioni sono una dotazione ridicola, ma comunque indicativa: basta sogni di scalata sociale, ragazzi, preparatevi a un lavoro appena appenapiù specializzato dell’operaio di linea. E non rompete le scatole con le vostre ambizioni…
Le modifiche alla legge Fornero
L’articolo 6 prevede un “restyling” della legge 92 (la legge Fornero), modificando gli articoli 1, 4, 5 e 10. In particolare, sui contratti a tempo determinato si specifica che “si considera a tempo indeterminato” il contratto stipulato entro una data di 10 giorni per un contratto di 6 mesi e di 20 per un contratto superiore ai 6 mesi. Questo significa che gli intevalli di tempo per i rinnovi di un contratto a tempo determinato e il successivo tornano a 10 e 20 giorni (a seconda della durata del primo contratto a tempo), dopo che la legge Fornero li aveva estesi a 60 e 90 giorni.
Red. Chiarissimo: i padroni potranno tornare a usare questo tipo di contratti per tenere un lavoratore in condizion da “tempo indeterminato” senza corrispondergli né il salario né le residue garanzie di un normale dipendente. Basta fare i conti: 10 e 20 giorni corrispondono alle normali ferie di Natale ed estive. Basta dunque far terminare il contratto in corrispondenza di questi periodi e il gioco è fatto. L’impresa può risparmiare il salario da corrispondere anche durante le ferie, e il dipendente ha sempre il cappio intorno al collo perché deve guadagnarsi la “riassunzione”. Incredibile a dirsi, viene cancellato l’unico punto dell’infame riforma Fornero che limitava il dispotismo padronale… Si può sempre far peggio, suvvia!
Fissato un tetto al lavoro intermittente: non più di 400 giornate lavorative nell’arco di tre anni solari. Dopo di che, scatta la trasformazione in un rapporto di lavoro a tempo pieno.
Igiene, sicurezza e lavoro nero
Le “ulteriori disposizioni in materia di occupazione” ricalibrano alcune norme su igiene, formazione professionale ed emersione del lavoro nero, soprattutto per gli stranieri. Le ammende per la contravvenzioni delle norme igieniche crescono del 9,6% a partire dal primo luglio. Gli incassi delle multe sono destinati al rifinanziamento di iniziative per vigilanza, prevenzione e promozione in materia di salute e sicurezza.
Sul fronte della formazione, scatta la trasformazione del contratto professionale in apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere. Nuove regole anche per i lavoratori stranieri: nel caso in cui l’emersione da condizioni di irregolarità sia respinta esclusivamente dal datore di lavoro, si rilascia un permesso di soggiorno per attesa occupazione.
Red. “Rimodulazioni”, per l’appunto, mirate a ridurre le abitudini imprenditoriali più impresentabili e soprattutto antieconomiche sul piano sistemico. In fondo, un certo grado di emersione dal “nero” significa anche maggior gettito fiscale…
Fondi pensioni
Le “disposizioni in materia di politiche previdenziali e sociali” intervengono sui fondi pensione. In particolare, si stabilisce che le fonti istitutive possono rideterminare la disciplina e il finanziamento delle prestazioni per il rendite in corso di pagamento e quelle future, nel caso in cui i fondi non dispongano di mezzi patrimoniali adeguati.
Red. Questa è un misura illuminante. I fondi pensione potranno quindi riscrivere i contratti di propria iniziativa se le condizioni sottoscritte inizialmente dovessero rivelarsi – per “cause impreviste” come la crisi finanziaria – troppo onerose per il fondo stesso. Al contrario, ricordiamo, il lavoratore resta vincolato al fondo fino al licemnziamento o alla pensione; non ha alcuna possibilità di uscire dal contratto; figuriamoci di chiederne la “rideterminazione” nel caso scopra che per lui non è affatto conveniente… Diciamo la verità: non vi facevano un po’ pena quei fondi pensione (che sono al tempo steso forndi di investimento, strumenti finanziari nudi e crudi)?
Il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità dei mutilati e degli invalidi civili, inoltre, dovrà essere calcolato in riferimento all’Irpef, con l’esclusione del reddito degli altri componenti del nucleo famigliare.
Red. È forse l’unica norma che ridà qualcosa ai lavoratori distrutti dal lavoro. In pratica, si torna a considerare il lavoratore un individuo dotato di un diritto pensionistico proprio, non dipendente da eventuali altri redditi familiari. Anche perché le famiglie ora ci sono, domani si rompono (specie quando c’è un invalido che “pesa” sulle uscite…).
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Anche il rinvio dell’aumento dell’Iva non è a costo zero. Il milardi di minori entrate, per soli tre mesi, viene recuperato con una tassazione su beni “nuovi”, finqui non tassati (le sigarette elettroniche) e con “anticipi” di versamenti dovuti.
Ancora dal Sole, di solito il più informato in materia.
Tassa sulle sigarette elettroniche e acconti fiscali (Irpef, Irap e Ires) più salati per coprire il rinvio dell’Iva
di Marco Mobili e Marco Rogari
Il rinvio dell’Iva grava sulle sigarette elettroniche e, in misura più consistente, sugli acconti Irpef, Irap e Ires dovuti nel 2013. Il consiglio dei ministri ha dato il via libera al differimento di tre mesi dell’aumento di un punto percentuale (dal 21 al 22%) dell’aliquota Iva, che sarebbe scattato dal 1° luglio, al 1° ottobre. «In Parlamento – ha precisato il premier Enrico Letta durante la conferenza stampa al termine della seduta – si verificherà insieme alle commissioni parlamentari la possibilità di un ulteriore differimento dell’aumento dell’Iva» preludendo così allo slittamento di altri tre mesi, fino al 1° gennaio 2014, per affrontare la rivistazione della materia nell’ambito dell’approvazione della legge di stabilità.
Le sigarette elettroniche
Per la copertura necessaria a questo primo slittamento – grosso modo un miliardo, nel dettaglio: 864,6 milioni per il 2013; 117 milioni per il 2014; 112 milioni per il 2015; 51 milioni per il 2016 e un milione di euro a decorrere dal 2017 – nella bozza di entrata del decreto il governo ha dunque previsto due tipi di intervento. Il primo sulle cosiddette e-cig, le sigarette elettroniche: «I prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati – si legge nella bozza in possesso del Sole 24 Ore – nonché i dispostivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo, sono assoggettati ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico».
Gli acconti fiscali
Quanto agli interventi fiscali, decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013, la misura degli acconti Irpef e Irap, è fissata al 100 per cento (ora è al 99%). Per l’Irpef, nel 2013, si precisa nella bozza, questa previsione produce effetti esclusivamente sulla seconda o unica rata di acconto, «effettuando il versamento in misura corrispondente alla differenza fra l’acconto complessivamente dovuto e l’importo dell’eventuale prima rata di acconto». Per chi si avvale dell’assistenza fiscale, saranno i sostituti d’imposta a trattenere la seconda o unica rata di acconto tenendo conto dell’aumento.
Per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013, inoltre, la misura dell’acconto dell’Ires, imposta sul reddito delle società, è aumentata dal 100 al 101 per cento. In questo caso, la norma disposizione produce effetti esclusivamente sulla seconda o unica rata di acconto, effettuando il versamento in misura corrispondente alla differenza fra l’acconto complessivamente dovuto e l’importo dell’eventuale prima rata di acconto.
Infine, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013 e per quello successivo, il versamento di acconto dovuto dagli istituti di credito sulle ritenute dovrebbe essere fissato nella misura del 110 per cento (qui, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013, la disposizione produce effetti solo sulla seconda scadenza di acconto, effettuando il versamento in misura corrispondente alla differenza fra l’acconto complessivamente dovuto e l’importo versato alla prima scadenza).
Coperture
Intanto nel primo pomeriggio il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, ha spiegato che la copertura delle misure sul lavoro e sul rinvio dell’aumento dell’Iva «c’è, è reale e con risorse certe» ma bisognerà aspettare domani per avere il testo per i dettagli. «La copertura del rinvio dell’aumento dell’Iva – ha detto – non prevede incrementi fiscali. C’è solo un intervento sulle sigarette elettroniche».
da IlSole24Ore
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