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Kazakistan. Brutta rogna per l’Italia

Fonti governative riferiscono di un lungo incontro tenutosi oggi pomeriggio a Palazzo Chigi fra il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ed i ministri dell’Interno, Angelino Alfano, degli Esteri, Emma Bonino, e della Giustizia, Annamaria Cancellieri. Al centro della riunione, durata a lungo secondo quanto riferiscono fonti di governo, la vicenda della moglie e della figlia del dissidente kazako Ablyazov, espulse dal nostro Paese e consegnate alle autorità del Kazachistan con una procedura se non illegale quantomeno irregolare.
Tant’è che il governo è corso tardivamente ai ripari dichiarando che il Ministero dell’Interno revocherà il provvedimento di espulsione di Alma Shalabayeva, moglie del dissidente politico del Kazakistan Mukhtar Ablyazov.
Il problema sarà come farsela restituire dal Kazachistan, un partner molto, molto particolare per l’Italia e soprattutto per l’Eni.

“Mi appello a Enrico Letta affinchè faccia piena luce sulla deportazione di mia moglie e figlia da Roma in Kazakistan, dove ora sono in ostaggio di Nursultan Nazarbayev” ha invocato Mukhtar Ablyazov, l’oligarca kazaco caduto in disgrazia e diventato oppositore-perseguitato politico del padre-padrone del Kazachistan. “Nel mezzo della notte numerosi agenti speciali italiani sono entrati nella casa fuori Roma. Erano armati, senza uniforme e senza mandato. Hanno perquisito la casa e picchiato uno dei familiari”, ha denunciato Ablyazov. “Le hanno portate via, senza dire a nessuno dove andavano”.
Sappiamo poi che sono state portate all’aeroporto di Ciampino, imbarcate su un aereo “privato” e rispedite in Kazachistan.
Lo scandalo della “illegal rendition” all’italiana alla fine, e per fortuna, è arrivato anche in Parlamento. L’espulsione della moglie e della figlioletta di Ablyazov decisa con un blitz della polizia richiede “un’indagine interna” tra i ministeri perché “ci sono punti di contrasto che rendono ineludibile un ulteriore approfondimento” ha affermato il premier Enrico Letta rispondendo al question time della Camera dei Deputati. Resta da vedere se Letta o il ministro degli Interno Alfano o quello degli Esteri Bonino, saranno in grado di dare tutte le risposte che gravano su questa vergognosa vicenda.

Intanto è bene mettere in fila alcuni dati che meritano di essere conosciuti. Scrive il Sole 24 Ore che “Non è un mistero per nessuno che in tutti gli incontri degli ultimi anni di Berlusconi e poi di Monti con le autorità kazake, il dossier Eni fosse stata la priorità delle priorità per lo sviluppo del giacimento di Kashagan affidato a un consorzio nel quale il gruppo italiano detiene il 20% ma con rapporti molto altalenanti che portarono, cinque anni fa, anche alla temporanea chiusura del cantiere e al conseguente infittirsi dei rapporti di Eni con Gazprom russa e Noc libica”. Il principale quotidiano economico italiano sottolinea anche altro. Ad esempio che “Nell’ultimo Consiglio europeo di fine giugno, il premier Enrico Letta si è presentato in conferenza stampa sorridente per i risultati del vertice sull’occupazione. A un certo punto, Letta ha srotolato davanti ai giornalisti una mappa del nuovo gasdotto transadriatico Tap che consentirà l’afflusso del gas del Caspio dall’Azerbajan in Italia via Albania e Grecia tagliando fuori la Russia.  L’Italia vorrebbe parteciparvi. Così come voleva stare nel Bleu Stream insieme a Putin ed Erdogan e nel Nabucco a firma senza Putin. Ma il problema è che si tratta di progetti alternativi uno all’altro con impegni geostrategici diversi, spesso contraddittori. Sotto questo profilo il “pasticciaccio kazako” potrebbe anche essere un messaggio russo – via Astana – al nuovo giovane leader italiano per ricordargli, ove se lo fosse dimenticato, quanto permeabile e fragile sia tutto il nostro sistema”.

Insomma Letta vuole tenere l’Italia in almeno due scarpe diverse nella micidiale guerra delle pipelines, la rete di oleodotti e gasdotti che possono rendere ricchi sia i paesi produttori sia i paesi dove transitano e che riscuotono le royalties per i diritti di passaggio.

Letta ha glorificato il TAP che parte dall’Azerbajian e bypassa la Russia (che non ha gradito). L’Italia è ufficialmente impegnata nel South Stream con Turchia, Russia ma anche Francia e Germania (e gli Stati Uniti non gradiscono). Infine c’è il Nabucco, sponsorizzato soprattutto dagli USA che taglia fuori Russia e Iran, sfocia sulla costa mediterranea della Turchia e sul quale gli Stati Uniti vorrebbero far convergere tutti gli interessi. Una guerra in corso da anni e senza esclusione di colpi. Berlusconi ha esposto molto l’Italia nei rapporti con la Russia, Letta vorrebbe riequilibrare la cosa sostenendo il TAP. Nel frattempo l’Italia è stata fortemente ridimensionata dalla nuova spartizione della torta libica dopo la caduta di Gheddafi.

Il Kazachistan è un partner privilegiato dell’Italia, o per meglio dire, dell’ENI che vi ha consistenti investimenti. A un favore chiesto dal padre-padrone del Kazachistan l’Italia non se l’è sentita di dire di no ed ha agito in fretta infrangendo regole, leggi e soprattutto etica. Un vicenda vergognosa sulla quale dubitiamo che Letta potrà mettere una pezza.

Intanto in un nuovo rapporto pubblicato ieri, Amnesty International ha accusato il presidente del Kazakistan, Nursultan Nazarbaev, di ingannare la comunita’ internazionale con la promessa non mantenuta di sradicare la tortura e indagare sull’uso della forza letale da parte della polizia. Il rapporto, intitolato “Vecchie abitudini: l’uso regolare della tortura e dei maltrattamenti in Kazakistan’, denuncia come le forze di sicurezza agiscano con impunita’ e come la tortura nei centri di detenzione sia la norma. Il documento di Amnesty International prende le mosse dalla repressione delle proteste di Zhanaozen, nel dicembre 2011, quando almeno 15 persone furono uccise e oltre 100 gravemente ferite dalle forze di sicurezza. Decine di persone vennero arrestate, imprigionate in celle sotterranee e sovraffollate delle stazioni di polizia e torturate. Amnesty International ha sollecitato il presidente Nazarbaev ad autorizzare e facilitare un’inchiesta indipendente internazionale sull’uso della forza letale a Zhanaozen, come raccomandato dall’Alta commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay.

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