Lo schema è quello consueto: c’è un’emergenza umanitaria, in questo caso nei mari intorno a Lampedusa, quindi mandiamo i militari e apriamo i cordoni della borsa – chiusi per tutti gli altri – per nuove spese nel settore della Difesa.
Alla vigilia del ricevimento di Letta alla Casa Bianca, il governo italiano ha lanciato la sua “missione militare umanitaria”, il cui scopo dichiarato è rendere il Mediterraneo “un mare sicuro” . Obiettivo dell’operazione italiana, ha dichiarato il ministro della difesa Mario Mauro, è quello di “triplicare la nostra presenza, in termini di uomini e mezzi, nell’area sud del Mediterraneo, per una missione militare-umanitaria con lo scopo di contenere la crisi dovuta in parte alla situazione di ‘non Stato’ in cui si trova la Libia”. Più di qualcuno comincia a sottolineare la strumentalità della operazione messa in piedi dal governo italiano: “Scopo reale della missione, che triplicherà la presenza militare italiana nell’area sud del Mediterraeo, è rafforzare la strategia Usa/Nato in Nordafrica e Medio Oriente” afferma infatti un esperto come Manlio Dinucci. “Sulla missione «umanitaria» Obama loderà Letta sotto gli occhi delle telecamere. Quelle che ci mostrano le tragedie del Mediterraneo, invece, tra non molto si spengeranno. E altri barconi affonderanno in silenzio” – dice Dinucci – “I salvataggi dei naufraghi, sotto gli occhi delle telecamere, servono ad accreditare l’idea che occorre potenziare le forze armate, sempre e ovunque impegnate in “missioni umanitarie”.
Anche un altro esperto come Enrico Piovesana, segnala come “Un dispiegamento di forze militari “umanitario” che tra i suoi effetti avrà anche quello di tornare utile al capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Giuseppe De Giorgi, per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica la sua recente richiesta di 10 miliardi di euro di investimenti pubblici per rinnovare la flotta navale italiana: a partire dall’acquisizione di dodici unità multiruolo di tipo Lcs (Litoral Combat Ship, ovvero navi da combattimento costiero) che dovrebbero rimpiazzare proprio quei pattugliatori e quelle fregate che saranno impiegati nella vetrina di Mare Nostrum”.
Era stato “preveggente” lo stesso Piovesana quando a giugno, dalle pagine de Il Fatto denunciava le ambizioni del Capo di Stato Maggiore della Mrina, ammiraglio De Giorgi, per un aumento delle dotazioni militari della marina. E, pensate un po’, cosa aveva in mente l’ammiraglio? Esattamente lo scenario che si è venuto a determinare a Lampedusa con l’emergenza rifugiati e morti in mare. Piovesana sottolinea “l’insistenza dell’ammiraglio nel porre l’accento sulla natura “dual-use” militare e civile di queste nuove navi (“utili in pace e in guerra”, utilizzabili anche per interventi umanitari e di protezione civile o per scopi di ricerca scientifica da parte “del Cnr e di altre istituzioni della ricerca nazionale”), si intuisce che questo ennesimo investimento, descritto come utile “non solo per salvare la Marina, ma per lo sviluppo del sistema Paese”, sarà sostenuto ancora una volta da quelli che sono ormai divenuti i nuovi finanziatori civili delle spese militari italiane: il ministero dello Sviluppo Economico (che già finanzia, tra le altre cose, le Fremm) e magari anche il ministero dell’Istruzione (che attraverso il Cnr paga la nuova unità navale di supporto a forze speciali e sommergibili)”.
Operazione umanitaria dunque? Abbiamo serissimi dubbi sulla soglia di sensibilità degli uomini del governo Letta. Piuttosto ancora una volta l’emergenza umanitaria è stata strumentalizzata a fini militari. Esattamente come le guerre che hanno scatenato in questi ultimi quindici anni.
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