Menu

Trentino Alto Adige: ko Pdl e Grillo, virata a destra

Se a Trento e a Bolzano il centrosinistra può cantare vittoria è solo grazie alla tenuta dei due partiti autonomisti – quello trentino e quello sudtirolese – perché le percentuali dei partiti ‘italiani’ non brillano di certo. Il nuovo presidente della provincia di Trento è Guido Rossi, sostenuto sì dal PD (che si afferma con il 22%) ma esponente degli autonomisti del Patt (Partito autonomista trentino tirolese) che si è aggiudicato la vittoria con il 58%. Dopo di lui un altro autonomista, Diego Mosna, esponente di Progetto Trentino e altri movimenti locali che prende il 19%; poi ancora, ma solo con il 6,6%, il leghista Maurizio Fugatti. Flop totale per il candidato del Movimento Cinque Stelle Filippo Degasperi (5,7%), per non parlare di Giacomo Bezzi di Forza Trentino-Forza Italia (3,8%), di Emilio Arisi di Sel (1,71%). I comunisti, divisi in due liste, scompaiono del tutto con un prefisso telefonico. Per quanto riguarda i voti ai partiti Forza Trentino/Pdl scende dal 14.80 % (2008) al 5,2%; la Lega Nord dal 17,05% al 6%, mentre nel centrosinistra si registra il boom del Patt che arriva al 17%. Solo 5 anni fa il candidato del centrodestra (Pdl, Lega Nord, La Destra e altri), si era aggiudicato il 36,5% dei consensi.

 

In Alto Adige il partito autonomista e democristiano da sempre perno del centrosinistra locale, l’Svp, riconquista la vittoria ma perde pezzi consistenti a vantaggio di varie liste assai più aggressive sul fronte delle rivendicazioni tirolesi e comunque tutte schierate su posizioni di destra e addirittura di estrema destra. Dopo 24 anni di potere ininterrotto l’anziano Luis Durnwalder cede il posto ad Arno Kompatscher, suo successore nella Suedtiroler Volkspartei che si conferma primo partito della provincia di Bolzano (45,6%) ma perde alcuni punti rispetto al 2008. Al tempo stesso si registra un exploit delle liste separatiste: il Die Freiheitlichen, scissione dell’Svp di qualche anno fa che vola al 18 %. Buon risultato anche per i populisti di destra della Suedtiroler Freiheit (7,2 %) guidata da Eva Klotz. Nel centrosinistra si confermano i verdi (8%) e il PD, mentre a destra sparisce Forza Alto Adige che insieme a Lega e altri partitini autonomisti non riesce a raggiungere neanche il 3%. Anche qui flop totale del Movimento Cinque Stelle: 2% contro l’8 delle politiche.

Altro dato da non sottovalutare è il forte calo dell’affluenza alle urne, in uno dei territori più fedeli dello stato: in Trentino non si è andati oltre il 62,82%, più di 10 punti percentuali in meno rispetto al 73,13% del 2008. E anche in Alto Adige il 77,7% di votanti è in calo rispetto all’80,1% di cinque anni fa.
Di seguito un ritratto dei veri vincitori del voto altoatesino. Sfrondato da alcuni pregiudizi italianisti un utile articolo per raccapezzarsi nel nuovo panorama politico della provincia italiana che parla tedesco.

«Süd-Tirol ist nicht Italien!”. I separatisti alla conquista di Bolzano

di Alberto Magnani

Destra o sinistra, in fondo, contano poco. Conta il Südtirol, «in svendita» all’Italia da quasi un secolo. Luis Durwnalder si sfila dopo 24 anni dalla presidenza della provincia di Bolzano e i movimenti populisti fuori dalla casa madre della Südtiroler Volskpartei (Svp) scavalcano qualsiasi pronostico nelle elezioni provinciali.

“Die Freiheitlichen”, scissione a destra della Stella Alpina, vola oltre il 17% e diventa seconda forza. Il Süd-Tiroler Freiheit, la lista filoaustriaca che quattro anni fa impiantava cartelli segnalatici con la scritta «Il Sud Tirolo non è Italia», sfonda il record del 7% e si piazza al quarto posto (subito dopo i verdi e davanti al Pd, che non va oltre il 6,7%). Il timone della provincia è nella mani di Arno Kompatscher, successore diretto di “Durni” nella Svp con 80mila preferenze. Ma le sigle separatiste crescono, scavando consensi nell’astensionismo dell’elettorato italiano.

Li chiamano “destra tedesca”. Ma i due partiti che guadagnano percentuali nello stallo della Svp stanno stretti nell’etichetta che li distingue dagli omologhi in lingua italiana. Salvo flirt occasionali, naufragati nell’identità sempre meno dialogante in un Consiglio che ora potrebbe ridurre la sua presenza italiana a cinque scranni su 35. Uno su sette.

Il laboratorio del Die Freiheitlichen (letteralmente: “i libertari”) riuscirebbe meno comprensibile senza esempi freschi di elezione, come il Progress Party svedese. Xenofobia e liberismo, rivendicazioni sulla “sovranità sudtirolese” e guerra al fisco invasivo. Il Die Freiheitlichen ricalca la formula del Bündnis Zukunft Österreich, il partito populista di Jorg Haider, fin dalle origini come costola iper-separatista della Südtiroler Volskpartei.

Lo davano per morto quindici anni fa, quando l’omicidio dell’ex dirigente Christian Werdner aveva fatto sprofondare i consensi sotto il 3% nelle elezioni del 1998. Da lì, non ha fatto altro che crescere. Nel 2008 il partito che rivendica il «risveglio dei sudtirolesi», con sterzate anti-islamiche e anti-immigrazione , triplicava i consensi rispetto alle provinciali del 2003: 14,3%.

Oggi, i 50mila voti incassati valgono quasi il 18% dei consensi su scala provinciale e sei rappresentanti nel Parlamentino di Bolzano. Il secondo partito nell’Alto Adige. Il grosso dei bacini sta nelle valli, nella comunità germanofona che non si è mai riconosciuta nella Bolzano italiana e men che meno in Roma. Le pulsioni più radicali, dal no alle moschee alle strette sull’immigrazione, guadagnano favori nelle fasce degli under 30.

Il programma del Süd-Tiroler Freiheit, quarta sigla in provincia con il 7,2% di consensi, si rispecchia nel suo nome: Libertà altoatesina. Lo ha fondato e lo dirige Eva Klotz, figlia di George, il “martellatore della Val Passiria” che aveva sconvolto il Tirolo meridionale con attentati dinamitardi.

Anche lei scissionista dalla Stella Alpina, rea confessa di aperture autonomiste allo Stato Italiano. Anche lei ai vertici di una forza accusata di simpatie all’estrema destra, in parte per le (presunte) aderenze di alcuni dirigenti a raduni neonazisti nelle vallate a sud del Brennero.

Negli 11 punti che descrivono il programma dei “patrioti altoatesini”, però, il modello ricorda più l’indipendentismo catalano delle croci uncinate che pure si sono infilate nella base di militanza, soprattutto tra le comunità più ridotte.

 

Integrazioni reddituali per i tirolesi, sostegno delle minoranze linguistiche, contrasto alla “italianizzazione” che spazia dalla segnaletica in italiano all’obbligo del bilinguismo. Fino allo scontro più netto con “l’altra destra”, quella italiana, sulle reliquie del fascismo: «Un insulto all’Alto Adige» che «nessuno ha ancora rimosso».

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *