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Referendum su euro e Fiscal Compact. Vogliamo fare sul serio?

La subalternità dell’Italia ai diktat dell’Unione Europea, sia sul versante della moneta unica che dei trattati economici e fiscali, è entrata ormai pienamente nell’agenda politica. Ne parlano i talk show, l’ha evocata Beppe Grillo, la ventila come minaccia Berlusconi, la rendono centrale le imminenti elezioni europee.

Nell’Unione Europea è evidente come ormai domini un’oligarchia – espressione della classe dominante – che sta devastando le condizioni di vita di ampi settori sociali e ha di fatto cancellato la stessa democrazia parlamentare. Si pone dunque la questione di chi ha deciso questo trasferimento dei poteri imponendolo alla popolazione e si pone la questione di chi decide.
Da tempo riteniamo che – almeno sul piano politico e democratico – occorre che sull’Unione Europea, sui suoi Trattati, sui poteri, accentrati a Bruxelles e a Francoforte per imporre le politiche di austerità, siano chiamati a decidere i cittadini.

La questione di come poter svolgere un referendum su una materia come l’adesione del nostro paese ai Trattati Europei non è affatto semplice. In Italia, infatti, in virtù dell’art. 75 della Costituzione sono vietati i referendum per le leggi di autorizzazione a ratificare i trattati internazionali. Uno dei motivi per il quale nel nostro paese non c’è mai stata una vera e circostanziata discussione pubblica sull’Unione Europea né, ad esempio, sull’adesione alla Nato. Nasce anche da questo l’ipocrisia dell’europeismo degli italiani o della intangibilità della Nato e dei suoi vincoli sul nostro territorio.

Il movimento politico Ross@ ritiene invece che si possa varare un referendum di indirizzo sull’Unione Europea, sulle sue procedure decisionali e sulle sue politiche come quello che si tenne nel 1989. In tal senso ha già presentato alla Camera dei Deputati un dispositivo che consenta di far svolgere un analogo referendum di indirizzo costituzionale, chiamando così i cittadini a pronunciarsi a favore o per la disdetta dei Trattati Europei sottoscritti dai governi senza alcuna consultazione popolare e democratica. Il referendum, come quello del 1989, potrebbe anche essere abbinato alle prossime elezioni europee.

In alcune città italiane gli attivisti e i militanti di Ross@ hanno già iniziato la raccolta delle firme sulla petizione alla  Presidenza della Camera dei Deputati per chiedere il referendum contro i Trattati Europei.

Qualcuno dirà: e Grillo? Grillo e il M5S prima a Matera e poi nel V-Day di Genova hanno finalmente messo nero su bianco alcuni punti (referendum sull’euro, no al Fiscal Compact etc.) che possono coincidere con la campagna per il referendum contro i Trattati Europei e la più generale mobilitazione per la rottura dell’Unione Europea. L’elaborazione e gli strumenti messi in campo in questi mesi da Ross@ ci sembrano al momento più avanzati e dettagliati. Se Grillo e il M5S intendono dare conseguenze ai punti espressi nella manifestazione di Genova e metterci la faccia nel paese, se ne può discutere nel merito e passare all’azione. E sarà quest’ultima che farà la differenza. Una iniziativa con queste caratteristiche agirebbe da contrasto alla strumentalizzazione della destra e dei fascisti del crescente ripudio popolare verso l’Unione Europea, ma anche da sollecitazione all’inerzia della sinistra polverosa che continua a gingillarsi su obiettivi e ragionamenti desueti. E’ probabile che questa campagna – dirompente per molti aspetti sul piano politico, sociale e democratica – verrebbe prima ignorata, poi derisa e poi combattuta, senza esclusione di colpi dai poteri forti. Ma questi non sono più tempi da pranzi di gala.

Vedi anche: 

La micidiale gabbia dei Trattati Europei

Fuori dall’euro, rompere con l’Unione Europea? Adesso si fa sul serio

 

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