Il nuovo nemico del Colle e di tutta la classse politica italiana è “il fantasma del proporzionale”. Svaniti nel tempo quelli seri (il comunismo, il “terrorismo”, le rivoluzioni, ecc), c’è sempre un nemico contro cui è necessario “combattere”.
Il problema è che questo fantasma è statoi resuscitato dalla Corte Costituzionale, non proprio una congrega di cospiratori anarchici (tra loro siede ormai, e ingiustificatamente, persino Giuliamo Amato). I quali, compulsando – come loro dovere – gli articoli della Carta e gli argomenti dei Costituenti, hanno concluso che il “porcellum” è una violazione clamorosa della Costituzione stessa, che pretende (che pretenziosa…) sia il sistema proporzionale che il voto di preferenza.
Panico, reazioni scomposte, dichiarazioni golpiste – in senso tecnico – che invitano a modificare la Costituzione, visto che impedisce di selezionare i parlamentari in base alle convenienze dei poteri dominanti. Il Colle e Renzi si sono messi in prima fila tra i golpisti. Il secondo nel modo sciatto e ignorante che gli è proprio (“una scelta discutibile”, ha definito quella sentenza; come se le regole costituzionali fossero “opinabili”).
Svisceriamo un attimo il problema, cercando di aiutare i nostri lettori a orizzontarsi nella nebbia. E partiamo da uno degli editoriali meno banali apparsi oggi sui giornali.
Un divertente ma in fondo disperato articolo di Gian Antonio Stella (http://www.corriere.it/politica/13_dicembre_06/festival-promesse-mister-preferenza-a5389ca0-5e3d-11e3-aee7-1683485977a2.shtml), quello che con il libro “La casta” ha dato argomenti più che consunti a un luogo comune qualunquista e millenario (“i politici sono tutti uguali”), arriva al punto vero soltanto nelle ultime due righe. Il resto è un album di vecchie foto dei vecchi tempi, quando la forza del sistema proporzionale – ad ogni livello elettorale – veniva domata dai “signori delle clientele” attraverso un rapporto clientelare, ma quotidiano, con i propri elettori.
Nel pezzo non si distingue neppure tra i tempi della “preferenza multipla” (in cui il controllo dei votanti partoriva “ambi e terni”) e quelli della preferenza singola, dove il controllo – necessariamente – assumeva altri parametri (compresa la foto della scheda appena riempita).
Il punto vero è: “possibile che non esistano vie di mezzo tra la lista bloccata dove decide tutto il padrone del partito e quel sistema scellerato che grazie a Dio ci lasciammo alle spalle?”.
Stella è giornalista brillante, ma con qualche limite sul piano teorico. Quella che si pone è la domanda del liberaldemocratico “serio” alle prese con un paese, una cultura, una popolazione, tradizioni e rapporti da lui vissuti come un limite allo sviluppo. Sia sul piano economico che su quello “civile”. Ed è proprio così. “Questa” Italia servile, fatta di sudditi in cerca di raccomandazione, invece che di “cittadini” consapevoli dei propri diritti ed esperti nel farli rispettare, non può “maturare”. Anzi, sta rotolando verso il baratro senza che nessuno si dia la pena di dare l’allarme e provare ad invertire la tendenza. Anche perché nessuno sa – a cominciare dalle classi dirigenti, cui anche Stella appartiene di diritto e per ruolo pubblico, censo, influenza – come si possa invertirla.
Ma la domanda disperata rivela anche l’illusione “tecnica” che ha invalidato la pratica della democrazia negli ultimi venti anni. Ovvero l’idea che un “sistema elettorale truccato” potesse eliminare – nelle urne – le caratteristiche peggiori presenti nei rapporti sociali quotidiani. Il “maggioritario”, il “bipolarismo”, il “nome del candidato premier sulla scheda”, ecc, sono stati tutti mezzucci procedurali tesi a “liberare” la decisione politica dall’influenza “negativa” dell’elettorato reale. Ovvero da quella processione di clientes che la politica democristiana aveva prodotto in oltre quaranta anni di governo di fatto “monocolore” (gli apporti altalenanti di Pli, Pri, Psdi, Psi non hanno lasciato tracce di segno diverso, solo appetiti differenti).
Per farla breve: alla domanda di Stella si può solo rispondere: “no, non ci sono vie di mezzo”. Il proporzionale è il sistema elettorale più democratico, ma in un paese di servi presenta i “difetti” che ben conosciamo; i “porcellum” con mega-premi di maggioranza e senza preferenza sono – in qualsiasi paese – una negazione del pluralismo. Quindi della democrazia tout court. L’unica via davvero “efficiente” sarebbe eliminare il “suffragio universale”, reintroducendo quello “per censo”, come nell’Ottocento. Votino solo i benestanti, e non ne parliamo più. Così le decisioni saranno sempre “razionali”, invece che clientelari (ne siete proprio certi? maddàai…).
E infatti la reazione di Napolitano e Renzi – su tutti – alla sentenza della Corte Costituzionale non lascia adito a dubbi. La trasformazione in atto, sotto la governance della Troika, non ammette “mediazioni sociali”. Né con il mondo del lavoro dipendente (compresi pensionati, precari, partite Iva monocommittenti, disoccupati, esodati, ecc), né con i “poteri di intermediazione” cresciuti come tumori durante 70 anni di pratiche clientelari, fino ad un certo punto (l’89) “necessarie” per costruire il consenso in funziona anticomunista.
Quindi, bisogna bandire il proporzionale perché “recepisce” la complessità degli interessi in campo e obbliga a “mediazioni” (non sempre “alte”, come sappiamo) che influiscono sulla decisione politica. Specie in termini di politica economica, fiscale, finanziaria. Sono le questioni su cui ormai la “sovranità” è stata alienata e non è più recuperabile per via istituzionale (“ri-contrattazioni” dei trattati europei, ecc); e che – nella logica dei terminali della Troika, come Napolitano, Letta, renzi, Alfano, ecc – devono esser poste al riparo da “rigurgiti demmocratici”. A costo di svuotare rapidamente la Costituzione dei sui princìpi…
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