Renzi si presenta subito come uomo di punta della destra tecnocratica “europeista”. E un suo uomo in Parlamento, Dario Nardella (il tizio della foto, uno che sicuramente non ha mai lavorato un giorno né visto un’assemblea di lavoratori in vita sua), si sbriga a presentare un emendamento alla legge di stabilità che si occupa dei sindacalisti. Come? Per eliminare i “permessi sindacali” nel pubblico impiego, ovvero quei distacchi temporanei che permettono a ogni sindacato di fare il sindacato. Sappiamo benissimo che Cgil-Cisl-Uil da tempo non sono più un sindacato (“rappresentanti dei lavoratori” e dei loro interessi), e che buona parte di questi permessi servono loro per fare altro. Ma la logica dei “permessi”, visto che risale all’inizio degli anni ’70, è e rimane una buona cosa. Se non ci fossero, i delegati sindacali dovrebbero svolgere il loro compito fuori dall’orario di lavoro. Insomma: smettere o quasi di fare i delegati.
Basta pesare a come avviene una trattativa, anche aziendale, oppure un congresso del sindacato. I delegati “devono” convocare assemblee e tenerle su posti di lavoro spesso lontani l’uno dall’altro, all’interno della stessa azienda. Se non avessero il “distacco” – temporaneo o fisso, a seconda dei ruoli – tutta la macchina sindacale si bloccherebbe. Soltanto i funzionari stipendiati direttmente dall’organizzazione potrebbero girare, ma naturalmente potrebbe essere soltanto pochi o comunque insufficienti a coprire le esigenze di mantenimento del rapporto tra sindacato e lavoratori sui posti di lavoro.
Bene. Cosa ha proposto il renziano Nardella? Si tagliare del 90 per cento questi permessi sindacali ai dipendenti pubblici. Il testo non ammette interpretazioni: «Le aspettative ed i permessi sindacali retribuiti previsti dagli accordi sindacali di comparto per il pubblico impiego, in atto alla data di entrata in vigore della presente legge, stipulati ai sensi della legge 29 marzo 1983, n. 93, e successive modificazioni, sono complessivamente ridotti del 90 per cento. È vietato il cumulo di permessi sindacali giornalieri e/o orari. I conseguenti risparmi sono attribuiti al Fondo per le non autosufficienze di cui all’articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica».
Da sottolineare la destinazionazione dei soldi così risparmiati (i malati di Sla). Un modo alquanto “populista” e squallido di contrapporre due diritti (quello alle cure mediche e quello di organizzarsi in sindacato, ovviamente a prescindere dalle sigle). Come se lo stato italiano non potesse assistere adeguatamente questi malati perché esiste il sindacato, che qualche costo lo comporta.
La cifra è anche quasi insignificante (in un bilancio dello Stato che supera gli 800 miliardi annui): 150 milioni di euro.Quindi, non si tratta “davvero” di un problema economico, quanto di un “avvertimento politico” dei renziani alla Cgil: non vi illudete di condizionare più il Pd (se mai la Cgil l’avesse fatto “in positivo” per i lavoratori), il nostro programma di governo non prevede più un vostro diritto di parola sul merito. Sarebbe curioso sapere cosa sta passando per testa dei vertici della Cgil, a questo punto. Conoscendoli, probabilmente stanno già pensando a cambiare mestiere (nel Pd o altrove).
Che sia un avvertimento in stile “padrino” lo riconosce lo stesso Nardella, che già anticipa: “se il Pd mi chiederà di ritirarlo, lo farò; ma lo ripresenterò in altre occasioni”.
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