Il procuratore generale di Torino, Giancarlo Caselli, se n’è andato in pensione (forse, speriamo, per la vergogna di aver difeso un’opera come la Tav in cui sono presenti imprese mafiose-n’dranghetiste che lui in teoria avrebbe dovuto chiudere…). Ma ha lasciato il timone a Marcello Maddalena, stessa procura, stessa storia, stessa impostazione “creativa” nell’interpretazione della legge. In pratica: la uso come mi serve, mi invento nuovi reati imputando motivazioni “terroristiche” a fatterelli banalotti con l’incendio di una betoniera…
In occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziarioi in una regione che va scoprendo l’abisso della crisi, aggravato dall’abbandono ormai palese della sua industria-moloch, la Fiat, Maddalena è riuscito a fare un ragionamento che anche negli anni ’70 sarebbe stato ritenuto “eccessivo”.
Secondo lui, infatti, esiste “un’area marginale ma non trascurabile di soggetti anarchici che operando su un doppio livello, palese e occulto, costituiscono una minaccia per le regole costituzionali del Paese puntando, attraverso atti di terrorismo, all’eversione del sistema democratico”.
Naturalmente, prove dell’esistenza in vita di tale complessa – anzi: inarrivabile – organizzazione non ne vengono fornite. E neppure indizi. Un dato niente affatto trascurabile per chi, come un procuratore generale, dovrebbe parlare attraverso gli atti, anziché in modo immaginifico. In questo passaggio assomiglia infatti molto all’ex collega, ultraottuagenario, Ferdinando Imposimato; quello costretto a far ritirare l’ultimo libro prodotto in base a mail inviategli da un truffatore, ma che avevano l’indubbio pregio di corrispondere perfettamente ai fantasmi dietrologici che affollano ancora la sua mente.
L’affermazione è contenuta nella relazione inviata il 22 novembre 2013 dal pg alla Suprema Corte in previsione della cerimonia inaugurale dell’anno giudiziario ed è ricordata dal presidente della Corte d’Appello di Torino nella sua lunga relazione sull’amministrazione della giustizia nel 2013.
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