Non è certamente nostra abitudine piangere sul destino dei giornalisti italiani. La categoria in quanto tale conta alcune teste pensanti in proprio e una platea sterminata di scribacchini su ordinazione. In genere i primi faticano a tenersi il posto e tra i secondi c’è gara a guadagnarsi la fiducia dell’editore. Il quale, lo ricordiamo per i non addetti ai lavori, in Italia non è mai un “editore puro” – ovvero un imprenditore che fa dell’informazione il suo core business – ma sempre un industriale specializzato in altro (o anche un pool di industriali e banchieri formanti un “salotto buono”) che usano i media per condizionare i governi, farsi reciprocamente la guerra, promuovere o stroncare carriere politiche, fabbricare un’”opinione pubblica” senza alcuna velleità di cambiamento.
Una massa sconfinata di servi – non salvata appunto dai pochi che fanno seriamante il loro mestiere – con cui è impossibile solidarizzare. Specie dopo aver letto l’infinità di “pezzi” con cui hanno benedetto nell’ultimo ventennio la riduzione delle tutele sindacali di tutti i lavoratori italiani.
Un comportamento da “casta di serie B” – con i direttori dei grandi giornali ovviamente da tempo promossi in serie A – terribilmente forte con i deboli e più che remissiva con i forti.
Ma c’è sempre un troppo che si rovescia nel suo contrario. Il mondo dei media è cambiato, “la gente” è stata convinta a interessarsi più del gossip che dei grandi avvenimenti determinanti la loro stessa vita, le “culture politiche” differenti sono state omologate e confuse in sfumature occasionali/instabili del “pensiero unico”, il lavoro di inchiesta è stato delegato per intero alla magistratura e dismesso dal giornalismo… Il risultato è noto: “la gente” legge sempre meno, e comunque non compra più tanto giornali tutti uguali. Al massimo si intossica di televisione e talk show per quanto riguarda i temi generali o internazionali, e se proprio si vuole informare su qualcosa che lo tocca da vicino compra i giornalini locali oppure quelli sportivi. È la logica della droga, del resto.
A questo punto a che serve una sub-casta sconfinata (15.000 persone) e iper-protetta? A niente. Per fare “opinione” bastano e avanzano alcune decine di opinion maker ben pagati; le “notizie” – secondo un format che ormai ha espunto completamente le opinioni o le diverse visioni del mondo dalla stesura di un articolo – possono essere affidate a un personale precario, persino inesperto, volante, contattato per telefono e lavorante per via telematica. Pagato quasi per finta.
Naturalmente occorre un “sindacato” più che collaborativo, ma davvero non poteva mancare. La Fnsi non brilla più da decenni né in difesa della libertà di stampa né sul piano squisitamente contrattuale.
Questa cronaca di una riunione del vertice della Fnsi ne è la sconsolata fotografia. È scritta da un componente della giunta, resoconta fedelemente l’andamento della discussione e le modalità di conduzione della “trattativa” da parte del segretario. Camusso, Bonanni e Angeletti fanno lo stesso da anni.: si accordano con le imprese, senza alcun “mandato” e poi fanno approvare le loro decisioni dai “direttivi nazionali”.
Non compiangiamo dunque questi disgraziati che stanno per perdere i loro “diritti acquisiti” così come loro non hanno mai compianto – semmai il contrario! – la perdita dei nostri, “lavoratori volgari” nelle fabbriche e negli uffici.
Ma dobbiamo segnalarvi che da oggi diventa ufficiale la verità che avevate tutti cominciato a sospettare: l’informazione vera viaggia ormai completamente fuori dal circuito ufficiale dei media mainstream. Fin qui era avvenuto per “libera scelta” di giornalisti-servi (salvando ancora una volta le eccezioni, tanto più lodevoli in un panorama così degradato). D’ora in poi avverrà per centralizzazione dall’alto, visto che la “scrittura” sarà subappaltata a un pulviscolo informe e indifeso di “collaboratori” pagati per contratto tra i 15 e i 25 euro al “pezzo” (ma c’è ampio spazio per scendere anche molto al di sotto di tali “costose” tariffe…).
Servi traditi, sostituiti con schiavi…
Se poi vi dicono che viviamo in una “democrazia compiuta” potete benissimo tradurre con “roba d’altri tempi”.
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Editori all’assalto del giornalismo. E il sindacato li fiancheggia
di Enzo Iacopino
Il prologo del 16 aprile: la vigilia della riunione e la verità degli editori, che non fanno nulla per nascondere ciò che ci sta per succedere.
CONTRATTO: RULLANO I TAMBURI DI GUERRA. Pioggia di indiscrezioni che confido non siano vere, tanto sono inaccettabili. Ma leggo comunicati molto preoccupati e preoccupanti, leggendo tra le righe: quello della Associazione stampa romana, ad esempio. Ascolto il suono dei tamburi di Senza Bavaglio, l’invito a fermarsi degli amici di Puntoeacapo, ma soprattutto è lo stringere la testa tra le spalle di alcuni dirigenti Fnsi, mentre dicono: “Non si può fare diversamente”, che mi mette in allarme rosso.
Domani ascolterò con attenzione, nel corso della riunione per il rinnovo del contratto, riunione che alcuni definiscono decisiva. Lo stesso presidente della Fieg, Giulio Anselmi, oggi, nel salutare Franco Siddi, si è detto fiducioso.
Ho sentito un brivido freddo, ascoltandolo.
Ma è momento delicato e vorrò vedere le carte. Nessuno si aspetti consensi a scatola chiusa, dati in base a un fiume di parole.
Le carte: stiamo parlando della vita di tanti. E, da quel che capisco, non solo dei 30-40enni (o giù di lì), ma perfino di colleghi più in età, anagrafica e professionale, che potrebbero vedere compromessa qualche attesa.
Domani.
I NUMERI DELLA STRAGE. Li fornisce la Fieg, nella sua relazione annuale. Tra il 2009 e il 2013 sono stati rottamati 1.662 giornalisti (887 dai quotidiani e 638 dai periodici, il resto non indicato). Ci dicevano, non gli editori, che erano sacrifici necessari per offrire opportunità ai giovani. Fonte Fieg sul “ricambio generazionale”: i praticanti nel 2009 sono stati 173 nei quotidiani e 149 nei periodici. Totale: 322. E nel 2013? Rispettivamente 75 e 113. Totale 188.
Il saldo? Positivo per 1.474 unità. Positivo per gli editori, ovviamente.
Mi piacerebbe avere i conti. Non quelli delle aziende editoriali che, non ho grandi dubbi, sono in rosso. Ma quelli delle altre società che gli editori possiedono e che certo non subiscono danni dal controllo dei mezzi di informazione.
ALTRE LACRIME E ALTRO SANGUE. È serena Azzurra Caltagirone, vice presidente della FIEG per i quotidiani. Senza denunciare emozione alcuna dice: “Il numero degli addetti non è più sostenibile”. Numeri, non persone, vite, famiglie. Perché emozionarsi, dunque? No, scusate, un fremito lo ha quando dice che su 15 mila giornalisti ci sono solo 735 sotto i 30 anni, ma ben 5.000 hanno più di 50 anni.
Pausa e occhiatina ammiccante.
Ho un’idea: ammazziamoli tutti (no, non mandiamoli in pensione altrimenti l’Inpgi scoppia”). Correggo: ammazzateci tutti.
Sede della Fnsi, 17 aprile, Ore 12 circa. L’ora della verità
CONTRATTO. PIOVE. Vi prego, non bombardatemi con sms e messaggi vari. La riunione della commissione contratto in Fnsi è cominciata. Sta facendo la sua relazione Franci Siddi (confesso che non lo invidio). Fino ad ora tante parole, alcune delle quali molto allarmanti.
Un po’ di pazienza, vi prego.
Ore 13,30
CONTRATTO 2. LA CAMERA ARDENTE. Quando Siddi parla, evocando “bollicine” – già “elegantemente” citate in una risposta all’Odg – l’atmosfera è quella della camera ardente. Quando finisce di parlare, sembra di essere in Siberia, in pieno inverno: gelo assoluto.
Ore 13,40 circa
CONTRATTO 3, SIDDI DIMETTITI. Antonietta Avolio, già membro del Cdr Ansa: “Non ho capito nulla.
Faccio una notizia Ansa: il segretario ha chiesto di non fare bollicine. Io credo sia il momento di fare bolle di sapone e credo che Siddi e la giunta debbano dimettersi”.
Ore 15
CONTRATTO 4, SCHIAVITÙ AVANTI TUTTA. Maria Giovanna Faiella di stampa romana guarda Siddi negli occhi: “Stiamo discutendo del nulla”. È seduta accanto a Giovanni Rossi, il presidente della Fnsi che in commissione equo compenso aveva concordato con la Fieg “la libera trattativa tra le parti” per il lavoro autonomo.
Non fa sconti, Faiella: “Non sapete quel che sta succedendo nel nostro mondo perché non vi confrontate. I collaboratori lavorano in modo più sporadico perché non li fanno più lavorare”. Con le ipotesi che sono state fatte “si offende la dignità e la professionalità di tanti”. Tira il fiato un decimo di secondo e lancia la sua condanna: “Il sindacato esiste ancora? Quello vero?” Che cosa si propone, “un unico lavoro, un unico contratto? Macché solo flessibilità selvaggia per i nuovi schiavi, niente potere di acquisito, ammortizzatori sociali né diritti. Sconosciuti finora e sarà ancora peggio. Avanti tutti coi giornalisti cococo. No ferie, no malattia, no tredicesima, no TFR, no possibilità di carriera. No, grazie”.
Ore 15,30
CONTRATTO 5, CONGRESSO STRAORDINARIO O STOP ALLA TRATTATIVA. Paolo Butturini, segretario di Stampa romana, sorridendo va giù proprio duro: “Caro Siddi, non si è capito quasi niente”, in un intervento durato circa 80 minuti. Ecco perché c’è la necessità di riordinare gli appunti – sì lo so: è ben strano che in un passaggio delicato come questo non ci sia una riga di testo – per fare cronaca corretta e completa dello stato dell’arte sul rinnovo contrattuale.
Butturini parte dal congresso di Bergamo e fa l’elenco degli impegni non mantenuti. Poi, sempre sorridendo, dice: “La commissione contratto si è riunita l’ultima volta il 25 luglio dello scorso anno”. Chi ha deciso, allora, la linea? Fabio Morabito aveva denunciato che la “giunta non era stata informata”.
Misteri. Butturini sorride meno: “Non permetterò mai più a nessuno di non tenere conto del nostro lavoro. Ha ragione Morabito è un vulnus alla democrazia interna”.
Siddi prende appunti e annota anche questa conclusione del segretario di Stampa romana: “Penso ci sia ancora spazio, ma discutiamo. Ha ragione Avolio: andiamo al congresso o fermiamoci un attimo”.
Ore 16 circa
CONTRATTO 6, LA CIFRA PER GLI AUTONOMI. È un vulcano, Maria Giovanna Faiella: vuole le cifre. Che “arroganza”! Pretendere di sapere nella riunione della commissione per il rinnovo del contratto quali sono le somme ipotizzate per i collaboratori autonomi. Interrompe Guido Besana, che pacatamente sta girando attorno al problema. Besana non replica. Lei: “Le cifre, le cifre, state svendendo la categoria”. Cerca di mettere pace un altro membro di giunta, Fabio Azzolini: “La autorizziamo a pensare 27 euro, anche 25”, somma, la seconda, che Siddi aveva indicato come massima, ipotizzando 15 euro per la minima.
Non lo sapevate? Ora lo sapete. O, se preferite, #sapevatelo
Ore 17
CONTRATTO E DINTORNI 7. UN ALTRO SINDACATO. Nell’ambito della discussione sulla trattativa contrattuale, chiamano spesso in causa l’Ordine. Intervengo dicendo, tra altro, che chi si illude che lo scioglimento dell’Ordine porti linfa alla Fnsi si sbaglia. La conseguenza inevitabile sarebbe l’immediata nascita di un altro sindacato.
Gelo in sala.
Ore 18 circa
CONTRATTO E DINTORNI 8, SIDDI E IL “CERCHIO MAGICO”. Gli appelli ad andare d’accordo Fnsi e Odg sono molti. Li rassicuro: io con Siddi vado d’accordo: “Quando è solo, senza il cerchio magico”. È difficile, spiego, trovarsi un documento insultante sul sito della Fnsi, oltraggioso per la verità, e non reagire. E non è confortante scoprire, come è avvenuto anche oggi, che ci sono presidenti di associazioni che risultano firmatari, ma non conoscevamo il contenuto di quel documento, con quella aggressione. Pensavano ad una generica testimonianza di solidarietà.
Ore 18,20
CONTRATTO E DINTORNI 9. L’INTOLLERANZA PER IL DISSENSO. Siddi aggredisce, verbalmente, Fabio Morabito, membro di giunta, per aver osato dire che non ci sono adeguate informazioni sul contratto. Spiego, al microfono, che è un modo per cercare di compattare la maggioranza (solo tre sui tanti intervenuti hanno condiviso la relazione del segretario): “E’ politica. Politica minore, ovviamente”. Morabito ha detto, sostanzialmente, le stesse cose affermate da Paolo Butturini, segretario di Stampa romana: tutto è maturato in violazione della “democrazia interna”.
Mi offro di dare un contributo a Siddi, criticando il contenuto della relazione.
Ore 18,30
CONTRATTO E DINTORNI 10, IL TRADIMENTO DEI CDR. Siddi mi regala sempre emozioni. Non sono ironico. Tempo fa insorse contro i pre pensionati in redazione. Lo dicevo da mesi, nel silenzio del sindacato mentre mi facevano a pezzi.
Oggi rivela che ci sono Cdr che non fanno il loro dovere. Guardano altrove e fanno di peggio. Pressoché testuale: “Quasi nessun Cdr in Italia fa battaglie per stabilizzare i cococo perché spesso lo considerano un problema che mette a rischio la stabilità del loro lavoro. Se agiamo, vengono a urlare da noi. Se il problema emerge negano di averlo fatto. Ci chiamano di notte”.
Ore 18,40
CONTRATTO 11, CHE CI AZZECCA L’EQUO COMPENSO. È stato un errore blu, dico, legare la definizione dell’equo compenso alla trattativa contrattuale. “È stata una formidabile arma nelle mani degli editori”. I fatti lo dimostrano. E le complicità sono evidenti, incontestabili grazie alle copie audio delle riunioni della commissione, che ho fornito a Ciro Pellegrino e a Maurizio Bekar. Mettetele in rete, poffarbacco* (non so come diavolo di faccia).
*no, le parolacce le dico, ma non le scrivo e vi prego di astenervi dal farlo.
Intorno alle ore 20
CONTRATTO 12, UN FIUME DI PAROLE. Da parte di tutti, anche mia. Ottanta minuti Siddi, 20 Morabito, 9 Avolio, 22 Butturini, 14 Bekar, 20 Faiella e poi Barbieri, Viggiani, Besana, Azzolini, Rossi, Muscatello, Ferrante, io, Stigliano e, ovviamente, ancora Siddi che sta parlando (abbiamo cominciato alle 11). Parole. Anche mie, ripeto.
Neanche uno straccio di documento. Lo facessi io nel Cnog mi farebbero a pezzi. Giustamente.
Ore 20,15
CONTRATTO 13. SCHIAVI SIETE, SCHIAVI RESTERETE. Lo so, dovevo cominciare da qui. Ma non potevo farlo senza avere ascoltato la replica del segretario Fnsi, Franco Siddi (ha finito attorno alle 19). Né potevo lasciarvi al buio per tutto il giorno. I nodi sono due: la ex indennità fissa (e ne parliamo dopo) e il compenso per i lavoratori autonomi. Parole di Siddi: “Gli editori ci chiedono un canale privilegiato con un costo di lavoro più basso per i co.co.co” e dintorni (congiunzione e ultima parola sono mie).
Tanti slogan: no a esclusiva, no a etero direzione dell’editore, no a vincoli di orario, no a partecipazione attiva al lavoro di redazione, accesso al sistema solo per invio del proprio lavoro, obbligo consenso per le modifiche, previsione della assicurazione infortuni, disponibilità Fieg a consentire l’iscrizione al fondo complementare e azione condivisa per l’iscrizione all’Inpgi 1.
E i redditi? “Sono costretto a stare più abbottonato”. Incalza Maria Giovanna Faiella, indomabile amazzone. Risponde Siddi: “Gli editori vogliono dividere i quotidiani per tante aree”. I redditi? “Si ipotizza un compenso a cartella a scalare, sicuramente superiore a quello che avete letto tutti per i compensi della Gazzetta dello sport”. Va bene, qualche cifra: “Consideriamo economicamente dipendente il collaboratore con reddito di 3.000 euro l’anno” per un numero di collaborazione che va da 9 a 15 al mese.
Quel che aveva scritto Iacopino settimane fa, insomma: 25 euro per articolo sul nazionale e 15 per le cronache locali. Al massimo. Tasse e spese comprese, ovviamente.
Domando: e il non pubblicato? Niente.
Altri: si può vivere con 3.000 euro l’anno? Non si può.
Noi lo sappiamo.
Ore 20,30
CONTRATTO 14. LA EX FISSA? ADDIO. E’ il nodo più pericoloso per la Fnsi. Già, perché la gran parte degli “schiavi” non è iscritta al sindacato. Ma la stragrande maggioranza di quanti possono maturare o hanno maturato la ex fissa lo è. Siddi dedica molto spazio dei suoi primi 80 minuti all’argomento: “L’istituto, nato nel 1985, è fallito. Dobbiamo cercare di evitare che i colleghi non abbiano niente”. Ce ne sono 1.139 in lista di attesa per un credito complessivo di oltre 100 milioni di euro: nove anni di purgatorio per avere quei soldi. Altri 296 l’hanno maturata, lasciando la loro azienda prima di andare in pensione, per una somma pari a 24.101.000 euro. Ancora, ce ne sono 2.768 che sono al lavoro e che hanno maturato il diritto: altri 192/200 milioni.
Ergo, sacrifici per tutti. Come? Una sola indennità fissa nella vita, un tetto sulle mensilità di calcolo (otto o nove, dice), un tetto agli importi pari 65-70 mila euro lordi contro alcune da 200 a 700 mila e una che è arrivata a 1.400.000 euro (chi è, maledetta privacy?) Ancora: pagamento a rate del maturato, in non meno di dieci anni.
E per chi non ha ancora i 15 anni: un indennizzo che va da 2.000 euro a 10.000.
Immagino che, a questo punto, cominci a scottare il fondo dei pantaloni di molti.
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