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Oltre la cronaca del Primo Maggio

Chi fa sbaglia, recita il vecchio detto. Capita anche a noi, anche quando si cerca di fare la cosa giusta.

La “cronaca semiseria” del Primo Maggio a Torino – peraltro affiancata al report di Infoaut nelle stesse ore – voleva cogliere quel che c’era in piazza oltre le cariche di polizia, il confronto a muso duro con alcuni picchiatori schierati dal Pd, ecc. Non c’è riuscita. Per colpa nostra.

La discussione che ne è nata non ha avuto alcuna utilità politica, schiacciata com’è stata sull’esatto opposto di quanto volevamo sollecitare.

In tutta Italia le giornate del 25 aprile e del Primo Maggio hanno visto protagonisti i soggetti – sindacali, sociali, politici, di movimento – che contestano il governo, le scelte imposte dall’Unione Europea e dalla Troika. Qualche volta tutti insieme, altre in ordine sparso. Soggetti che – come quest’anno a Bergamo e lo scorso anno a Napoli – hanno “tolto dal palco” i complici di Cgil, Cisl e Uil.

In alcuni casi – come a Roma il 25 aprile, con i gorilla sionisti supportati dalla polizia, o a Torino con le cariche ripetute a protezione del Pd – questa potente presa di parola si è scontrata anche fisicamente con gli apparati del potere.

Com’è naturale che accada.

Abbiamo perciò deciso di togliere il pezzo “incriminato” per non favorire una discussione distorta in cui la complessità delle forme del conflitto sociale viene ridotta ad una soltanto.

Il problema ineludibile che abbiamo davanti è infatti costruire un blocco sociale in grado di inceppare l’avanzare del “meccanismo automatico” che va distruggendo le condizioni di vita del lavoro dipendente, dei ceti sociali a basso reddito, gli istituti del welfare, beni e servizi pubblici, ecc.

Un blocco sociale di dimensioni e radicalità politica all’altezza della sfida e degli obiettivi che pratica il conflitto in ogni sua forma per far crescere la sua coesione interna e la capacità attrattiva verso i settori sociali ancora spaesati e senza riferimenti certi.

Vediamo tutti i rischi insiti in una visione “povera” del conflitto, che alla fin fine non riesce a impedire al potere di cancellare – nel “discorso pubblico” – la dimensione sociale dei conflitti e a confinare l’opposizione politica nella rassicurante dialettica dell’”ordine pubblico”.

Non è la prima volta che ci esprimiamo in questo senso e continueremo a farlo. Sapendo che potremo commettere errori nuovi anche cercando la soluzione giusta. L’unico errore irrecuperabile è la ripetizione del sempre uguale.

 

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