Roma. Alla fine si può dire che è “andata” la manifestazione convocata da una vasta coalizione politica, sociale e sindacale che ha visto più di 10mila persone scendere in piazza a Roma per l’acqua e i beni comuni e per dire stop a privatizzazioni e austerità.
Un corteo decisamente non facile, anche per la decisione di convocarlo ad una settimana dalle elezioni, che si è ingrossato lungo la strada rivelandosi più che dignitoso. I suoi contenuti erano il messaggio che i movimenti per l’acqua e i beni comuni volevano mandare all’agenda politica europea che ha completamente rimosso i temi posti dalla manifestazione o li declina con forme, misure e trattati esplicitamente liberisti. L’azzardo politico lo si è visto con la bassa partecipazione proprio del “popolo dell’acqua” quell’arcipelago di comitati popolari, amministrazioni locali e reti sociali che era riuscito a vincere il referendum del 2011 e che da allora sta cercando di difendere territorio per territorio gli esiti di quel referendum. Ma la scarsità della presenza dei comitati dell’acqua che apriva il corteo colpiva indubbiamente suscitando qualche legittima domanda sulle valutazioni che hanno portato a convocare una manifestazione nazionale su contenuti scomodi il 17 maggio.
Abbiamo seguito il corteo, i suoi striscioni e le organizzazioni che, con la presenza in piazza, hanno dimostrato di crederci di più o di meno. Se la delegazione di Arci e Lega Ambiente era possibile contarla sulle dita di due sole mani, al contrario lo spezzone sindacale unitario di Usb e Cobas era indubbiamente il più consistente del corteo. Significativa anche la presenza dei movimenti per il diritto all’abitare che questa volta includeva anche Action. Più indietro un composito spezzone delle vertenze territoriali: i comitati No Expo di Milano ad esempio, ma anche chi lotta contro gli incenitori o il biocidio in Campania, poi i No Muos, i No Grandi navi e chi si oppone all’autostrada Orte-Mestre. Un gruppone di studenti ha movimentato l’ultima parte del corteo chiuso dalla Lista Tsipras. Anche il resto del mondo si è fatto sentire. Un gruppo di studenti turchi ha fatto avanti e indietro per il corteo gridando slogan contro ”Erdogan assassino”, mentre il Forum Palestina e il Comitato contro l’accordo tra Acea e l’israeliana Mekorot hanno sottolineato la questione dell’acqua come partita decisiva per il futuro del popolo palestinese. In mezzo al corteo anche uno striscione della Casa della Pace, storico luogo di aggregazione artistica, culturale e politicha della capitale da qualche tempo finita, insieme ad altre realtà simili della capitale, nel mirino di una gestione dell’ordine pubblico che riscontra illegalità solo laddove conviene ai poteri forti e alle grandi cordate private.
A metà di via Cavour una attivista del Movimento No Tav ha socializzato con l’amplificazione la soddisfazione per la sentenza che ha liquidato il tentativo della procura di Torino di criminalizzare con l’assurda accusa di terrorismo la resistenza popolare dei No Tav in Val di Susa. “La difesa dei beni comuni e il no alle privatizzazioni sono un pilastro centrale della nostra azione sindacale” commenta soddisfatto Luciano Staccioli dell’Usb “In questo modo difendiamo sia il salario diretto che quello indiretto, di cui i servizi sociali sono una parte integrante”. I lavoratori dell’Usb dell’Acea si sono organizzati con dei grandi palloni per comunicare la loro resistenza a ogni tentativo di privatizzare l’azienda municipale che si occupa di acqua ed elettricità.
La manifestazione, che ha dovuto scontrarsi con numerosi ostacoli sul percorso posti dalla Questura (originariamente doveva concludersi a piazza del Popolo e passare per un altro percorso) è terminata con alcuni interventi in Piazza Navona nel quale è stata sottolineata anche l’aperta opposizione al Jobs Act e al governo Renzi al quale oggi devono essere fischiate parecchio le orecchie.
Le foto seguenti sono di Patrizia Cortellessa
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