“Abbiamo smentito gufi e rosiconi, sono felice, avremo un’Italia più semplice, andiamo avanti come treni”. (Matteo Renzi in conferenza stampa )
“Prima c’erano falchi e colombe, ora i gufi e gli sciacalli” (Matteo Renzi alla direzione del Pd)
“I peggiori direttori commerciali dell’Italia sono i gufi italiani”. (Matteo Renzi dal palco del convegno organizzato dell’azienda farmaceutica tedesca Merck Serono.
Il premier Matteo Renzi sembra proprio ossessionato dai Gufi. Il 1 luglio inaugurerà il semestre europeo a guida italiano.
Una coalizione di sindacati, movimenti, reti sociali, organizzazioni politiche della sinistra antagonista ha convocato un “Contro semestre popolare e di lotta” per contestarne punto su punto – dal Jobs Act alle privatizzazioni, dalla politica estera al Fiscal Compact – le misure adottate e quelle in progetto.
Si comincia con una manifestazione nazionale con corteo a Roma il 28 giugno. Poi si prosegue per tutto il semestre. Renzi vorrebbe esorcizzare i Gufi ma dovrà imparare a fare i conti con la realtà.
L’appello per il Controsemestre popolare e di lotta
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Renzi come Blair. Un modello di potere
Qui di seguito uno stralcio dello straordinario saggio di Perry Anderson sul “Disastro italiano” che trovate in altra parte del nostro giornale. Una analisi puntuale e profonda del modello di potere che Renzi intende imporre sul paese.
(….) “Da un giorno all’altro il suo partito è divenuto una falange in larga misura sottomessa al suo seguito. Troppo compiaciuto di sé stesso e sprezzante degli altri estranei alla sua cricca fiorentina per essere molto amato a stretto contatto, nonostante ciò Renzi promette di consegnare al PD un potere di cui non ha mai goduto. Il partito alla fine ha trovato un vincitore, e per il momento le fronde saranno poche. I membri del suo gabinetto sono pesi leggeri incapaci di contrastarlo, la cui funzione è di proiettare giovinezza e parità di genere e di mettere al sicuro la sua preminenza. La stampa dominante è solidale a tutto campo, quando non addirittura lirica. Ma se il suo entusiasmo ricorda l’euforia dei media britannici per il primo Blair, il contesto è cambiato. Il neoliberismo era sulla cresta dell’onda. Oggi la sua marea prosegue, ma i suoi cavalloni bianchi si stanno assottigliando; l’esuberanza è svanita. Cameron e Clegg possono avere più pubblicità della Thatcher, ma non c’è ottimismo nei confronti del loro programma. Sotto Hollande o Rajoy, Kenny o Passos Coelho, per non parlare di Samaras, procedono i tagli alla spesa e la liberalizzazione del mercato del lavoro, ma in uno spirito di necessità arcigna, non di entusiasta emancipazione.
Lo stile di Renzi non permette questo. Il suo messaggio di speranza ed eccitazione richiede misure che siano qualcosa di meglio del tirare la cinghia. Salito al potere mediante un colpo di stato interno al partito, privo di mandato popolare, ha necessità di una convalida alle urne e le elezioni europee incombono. In passato le varianti di centrosinistra del neoliberismo erano tipicamente compensative, offrendo pagamenti risarcitori a elettorati strategici per assopirne l’impatto sociale. Con la crisi i margini per tali concessioni si sono ridotti. Per Renzi è cruciale che si amplino nuovamente. I risarcimenti collaterali devono arrivare in anticipo, senza ritardo, prima che gli elettori si disilludano. Perciò il suo pacchetto di apertura di misure sociali combina leggi che rendono tanto facile per i nuovi lavoratori essere licenziati che persino l’Economist ha aggrottato le sopracciglia, con un’elemosina di 1.000 euro di tagli fiscali ai pagati di meno, sfrontatamente presentata come un compenso per i voti.
Per pagare per queste e altre spese per indurre la crescita, Renzi ha chiarito che il corsetto del patto fiscale andava allentato. All’Italia, ha informato Bruxelles, non devono più essere impartite prediche come a uno scolaretto davanti alla lavagna. Poiché i calcoli della Commissione Europea, come quelli della Banca Centrale Europea e, non ultimi, quelli del regime di Berlino – le tre autorità che contano – sono alla fine sempre più politici che tecnici, è probabile che ce la farà. Il fervore di Renzi per le riforme strutturali può essere creduto, mentre non poteva esserlo quello di Berlusconi, perciò non ha senso rendergli la vita difficile essendo troppo pignoli sul tetto ammissibile dei deficit. Le regole nella UE, nel caso si dimostrino inadatte, esistono per essere ragionevolmente forzate, non seguite meccanicamente. Gran parte della stessa cosa si applica a Manuel Valls in Francia, salutato non meno entusiasticamente dalla stampa finanziaria, con il Financial Times ha immediatamente intitolato un editoriale: “Alla prova i nuovi ragazzi d’Europa – Bruxelles dovrebbe prendere in considerazione bilanci meno rigidi per Valls e Renzi”. Resta da vedere quanto simili aggiustamenti potranno offrire ossigeno all’economia italiana nel lungo termine. Quello che conta nel breve termine è l’ossigeno elettorale per il nuovo governante. Per il momento Renzi ha ogni ragione per essere fiducioso”.
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