Corruzione, concussione, riciclaggio, finanziamento illecito. Non sono reati nuovi in questo periodo in Italia, ne tantomeno fa scandalo che i coinvolti siano esponenti politici di spicco, dirigenti della Guardia di Finanza, commercialisti e grandi imprenditori dell’industria del mattone.
L’inchiesta sugli appalti per il Mose, il grande sistema di dighe che anziché difendere Venezia dall’acqua alta contribuirà a distruggerne la costa, è arrivata ieri al giro di boa. Lo scorso febbraio la procura aveva arrestato Govanni Mazzacurati, ai vertici del Consorzio Venezia Nuova (CVN, concessionario unico per la costruzione del Mose), e di Giorgio Baita, ex amministratore delegato della Mantovani, principale ditta appaltatrice dei lavori. La Mantovani, ben nota impresa di costruzione padovana, si sta oggi assicurando la maggior parte degli appalti sull’Expo 2015, lasciati liberi dall’esclusa Manutencoop, dopo lo scandalo scoppiato poco prima delle scorse elezioni europee. All’epoca i dirigenti erano stati poi liberati, in cambio dell’arresto di un consigliere del CVN e di 4 imprenditori minori ad esso legati. Si potrebbe dire che Renzi sia stato un po’ troppo disattento, quando in campagna elettorale sbandierava lo slogan “Fermiamo la corruzione, non l’Expo”, ma i fatti e la realtà parlano da soli, anche senza polemiche.
35 arresti, un centinaio di indagati, 25 milioni di sovrafatturazione e 40 milioni sequestrati agli indagati (ad oggi). Mazzette a cascata, corruzione, asservimento totale dell’amministrazione pubblica all’interesse privato.
La procura non fa torti a nessuno, colpendo a destra e a “sinistra”. Tra gli indagati, agli arresti l’assessore regionale alle infrastrutture, Renato Chisso (Forza Italia), ai domiciliari il sindaco di Venezia Giorgio Orsini (PD), provvedimento cautelare per Giancarlo Galan, ex presidente della Regione Veneto ed ex-ministo dell’Agricoltura nell’ultimo governo Berlusconi. Se i nomi non bastano aggiungiamo l’ex generale della Guardia di Finanza Vincenzo Spazianti, alcuni dirigenti della magistratura delle acque e nuovamente del Consorzio Venezia Nuova.
“All’ex ministro Galan uno stipendio di un milione di euro l’anno più altri due milioni una tantum per le autorizzazioni,(…) al sindaco di Venezia Giorgio Orsoni 560mila euro per la campagna elettorale, (…) e poi mezzo milione di euro per “il consigliere politico di Tremonti” Marco Milanese perché facesse arrivare i finanziamenti”. “Ciascuno di essi, per anni e anni, ha asservito totalmente l’ufficio pubblico che avrebbe dovuto tutelare, agli interessi del gruppo economico criminale, lucrando una serie impressionate di benefici personali di svariato genere”, scrive il Gip di Venezia nell’ordinanza. Un connubio tra pubblico, privato e forze dell’ordine di vigilanza, che poco lascia al caso.
Niente male per un Paese in crisi che con Matteo Renzi spera di conquistare le grazie della Merkel e intanto incantarci ancora un po’ con la storia del rinnovamento, della modernizzazione. Per ora, tutto ciò che ci è dato vedere, è l’avvio di una maxi operazione di pulizia, che colpisce qua e la gridando allo scandalo. Ma cè da aspettarsi qualche altro colpo di scena in futuro forse, perché quando la prima polvere sarà stata spazzata via, la lotta per la spartizione porterà si, forse, nuove sorprese. Se è vero che Renzi è riuscito a sedare per un po’ le lotte interne tra i vari gruppi della borghesia italiana, sarà da vedere chi ne emergerà vincitore nel nuovo scenario europeo, e chi invece sarà sacrificato.
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