Non è un mistero che la sanità pubblica rappresenti, insieme alle pensioni e ai salari dei lavoratori, uno dei bancomat preferiti dei governi.
Trenta miliardi di tagli al Fondo Sanitario negli ultimi 5 anni e la soppressione di oltre 50.000 posti letto nelle strutture pubbliche; 90.000 precari e un decennale blocco del turnover, hanno in breve tempo portato l’Italia ben al di sotto della media degli standard europei e ridotto drasticamente la qualità dei servizi e l’accessibilità alle cure, con un marcato aumento dei rischi per la sicurezza.
Ma per il governo Renzi nella Sanità pubblica, come d’altronde nel resto della pubblica amministrazione, c’è tanto grasso che cola e così torna a battere cassa in previsione dell’ennesima manovra lacrime e sangue per i cittadini e i ceti popolari .
Da una parte la riduzione dell’IRAP alle imprese (tassa che finanza il servizio sanitario) e dall’altra un vero e proprio taglio miliardario al Fondo sanitario, che si somma a quello già previsto dal Patto per la salute recentemente sottoscritto dal ministro della Salute e dalle Regioni, rappresentano il colpo mortale ad un pezzo fondamentale dello stato sociale di questo Paese.
Ipocrita e imbarazzante la reazione dei governatori regionali, che proprio in quel Patto per la salute avevano già previsto e sottoscritto, al primo punto, gli attuali tagli. Oggi annunciano improbabili barricate, al solo fine di presentare l’imminente aumento dei ticket come inevitabile e non invece come il frutto di scelte politiche precise e pilotate dall’Unione Europea verso il sistema delle assicurazioni private.
Il governo Renzi investe in armamenti e finanzia costose missioni di guerra all’estero, mentre all’interno dei confini nazionali si continuano a tagliare servizi pubblici e posti di lavoro. Come USB continueremo a difendere la sanità pubblica: dai servizi territoriali agli ospedali, dai singoli territori al piano nazionale; lotteremo senza sosta contro l’aumento dei ticket, contro le liste d’attesa e contro un governo che intende smantellare definitivamente quel poco di stato sociale rimasto.
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