La legge elettorale torna in pista. Serve farne una, dicono, visto che la sentemza di gennaio, emessa dalla Corte Costituzionale, ha cancellato i due pilastri del “porcellum” calderoliano – lo stesso tizio che ora minaccia la “legge del taglione” contro i centri sociali, per dire di che pasta costituzionale è fatto – ovvero l’impossibilità di esprimere preferenze e le liste bloccate dai vertici dei partiti, riservate a fedeli e cortigiani.
In pratica, se si dovesse andare a votare in primavera – come pare possibile, se Renzi andrà a sbattere contro le sue stesse forzature, fatte con una maggioranza parlamentare incollata con lo sputo – si voterebbe col sistema proporzionale puro. E sarebbe impossibile qualsiasi ricatto a partti o movimenti medi e grandi e piccolissimi. Quindi la formazione di un governo avverrebbe con le alchimie proprie di alleanze da consolidare dopo il voto, senza garanzia preventiva per nessun “boss” di uscirne vincitore.
Ma l’Italicum renzusconiano, vero cuore del “patto del Nazareno”, col premio di maggioranza alla lista o alla coalizione (questione appassionante come una puntata di Virus), è un pateracchio inguardabile apertamente anti-costituzionale. Quindi parte certamente già bocciato quando il quesito arriverà al giudizio della Consulta.
Che senso ha allora fare una tornata elettorale con un sistema anticostituzionale? Serve a produrre un parlamento illegittimo come l’attuale, ma obbediente ancora più dell’attuale (semplicemente esautorato dalle prescrizioni dell’Unione Europea e dai voti di fiducia imposti dal governo, ma ancora capace di “sorprese”, sia pur per motivi più spesso ignobili che nobili).
Con un Parlamento spianato sulla volontà dell’esecutivo si potrebbe insomma più agevolmente cambiare la Costituzione e quindi – tra l’altro – abolire preventivamente anche il verdetto negativo della Corte Costituzionale (la legge elettorale sarebbe a quel punto legittima secondo la nuova Carta, anche se illegittimo secondo quella nata dalla Resistenza).
Il “golpe” istituzionale può riuscire senza scossoni, oppure infrangersi ancora una volta contro le contraddizioni interne al blocco di potere. L’opposizione sociale non è infatti in grado di imporre alcunché, su questo piano; e quella politico parlamentare è affidatata alle scarse capacità (e numeri) dei Cinque Stelle o di Sel.
Ma proprio nel blocco di potere crescono i dubbi. E se dobbiamo prendere gli editoriali del Corriere della Sera – come sempre è avvenuto – come un pollice verso o un ok, allora stavolta Renzi è decisamente fuori dall’accettabile, anche per la borghesia italiana più cinica.
Qui di seguito la randellata di Michele Ainis, sul Corriere di sabato 8 novembre.
Le nascoste imperfezioni dell’Italicum
di Michele Ainis
Dopo otto mesi, torna in scena la legge elettorale: il risveglio della Bella addormentata. Adesso Renzi ha fretta, Berlusconi ha flemma. Sicché la querelle è tutta sui tempi, sul calendario che dovrà celebrare il lieto evento. Anche l’idea di trasferire il premio di maggioranza (dalla coalizione al partito più votato) non ha acceso troppe baruffe tra i due commensali. L’essenziale, per il primo, è d’agguantare un altro trofeo, sventolandolo dinanzi agli elettori. L’essenziale, per il secondo, è che continui a sventolare la legislatura, dato che lui non riesce più ad agguantare gli elettori.
Domanda: ma non potremmo fare presto e bene? Perché l’Italicum è un male, anzi un maleficio costituzionale. Ci è capitata già una volta (col Porcellum ) l’esperienza di una legge elettorale stracciata poi dalla Consulta. Due volte no, sarebbe un imbroglio al quadrato. Sennonché l’ Italicum imbroglia i principi iscritti nella Carta. Quali? Primo: la parità di genere. Promossa dall’articolo 51 della Costituzione, bocciata nel testo uscito il 12 marzo dalla Camera. Secondo: le pluricandidature. Per effetto di quel testo, capi e caporali di partito possono candidarsi in 8 collegi, diventando plurieletti; dopo di che dovranno scegliere, giacché nessuno può sedersi contemporaneamente su 8 poltrone. E i loro votanti negli altri 7 collegi? Buggerati. Terzo: le liste bloccate. Dunque parlamentari nominati dai partiti, anziché scelti dai cittadini. Per la Consulta (sentenza n. 1 del 2014) questo sistema «ferisce la logica della rappresentanza». Ma con l’ Italicum i nominati restano, la ferita pure. Tuttavia il colpo mortale – al buon senso, oltre che alla Costituzione – è ancora un altro. Perché l’Italicum s’applica alla Camera, non anche al Senato. Lì resta un proporzionale puro, il Consultellum. Ma è ragionevole votare con due marchingegni opposti? Risponde, di nuovo, la Consulta: questa scelta schizofrenica «favorisce la formazione di maggioranze non coincidenti nei due rami del Parlamento, pur in presenza di una distribuzione del voto nell’insieme sostanzialmente omogenea». E dunque offende «i principi di proporzionalità e ragionevolezza». Insomma, non è in questione la legittimità di qualche differenza tra Camera e Senato. Dopotutto, le nostre assemblee legislative hanno già numeri diversi (630 deputati, 315 senatori), una diversa anagrafe (25 e 40 anni per occuparvi un seggio), un diverso corpo elettorale (alla Camera si vota a 18 anni, al Senato a 25).
Non è un problema neppure la scelta fra maggioritario e proporzionale. L’uno sacrifica la rappresentatività del Parlamento in nome della governabilità, l’altro procede in direzione opposta. E infatti abbiamo fin qui sperimentato sia il primo che il secondo: votando con un proporzionale nella prima Repubblica, con un maggioritario durante la seconda. L’importante è non elidere del tutto il valore di volta in volta recessivo, privandoci d’un minimo di democrazia o privando la democrazia della stessa possibilità di funzionare. Ma è altrettanto importante che la scelta – quale che sia la scelta – esponga una motivazione razionale, ed è qui che casca l’asino, anzi l’ Italicum. Perché il supermaggioritario della Camera viene annullato dal superproporzionale del Senato, lasciandoci infine con le tasche vuote: senza democrazia, senza govern
Domanda bis: ma i nostri legislatori non lo sanno che la loro creatura è figlia illegittima della Costituzione legittima? Lo sanno, lo sanno. Anche se hanno cercato d’appellarsi alla riforma del Senato, per giustificare la trovata. Balle: ammesso che la riforma veda mai la luce, ammesso che il Senato elettivo finisca nel cassetto dei ricordi, la nuova legge elettorale sopravvivrebbe in ogni caso. Ne cadrebbe una parte, tutto qui. Abrogata per estinzione del suo oggetto, come succede quando la legge tutela una specie animale che in seguito s’estingue. E allora perché hanno cucito un vestito su misura per la Camera, lasciando il Senato a pelle nuda? E perché adesso non ci mettono una toppa? Risposta: perché è tutta una finta, un barbatrucco. Fingono di risolvere i problemi, e intanto ne creano di maggiori.
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