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“Siamo stati a Tor Sapienza”. Reportage dalla periferia “incattivita” di Roma

A Tor Sapienza, periferia Est di Roma da qualche giorno è scoppiata la “guerra tra poveri”: da una parte gli abitanti delle case popolari dall’altra gli immigrati del centro di accoglienza di Viale Morganti. Il centro è gestito dalla cooperativa “Il Sorriso”, le risorse arrivano dall’Unione europea, dal Campidoglio, dal Viminale attraverso lo Sprar, il servizio per rifugiati e richiedenti asilo. Ogni ospite costa 35 euro al giorno, per vitto, alloggio e anche per qualche vestito. Si tratta di un centro posizionato dove sorgono le case popolari e i migranti provengono dall’Egitto, dal Bangladesh e dalla Nigeria.

Tutto è iniziato lunedì, quando un centinaio di persone di varia composizione hanno attaccato il centro in cui vivono 36 migranti minori non accompagnati con pietre, mazze e bastoni. Sono scaturiti degli scontri con la polizia e in questi giorni si sono registrati una quarantina di feriti.

Gli ingressi del centro di accoglienza sono presidiati dalla polizia anche se il presidio fisso, che è stato concordato con gli operatori del centro, dovrebbe rimanere lì fino a domani.

Durante l’attacco la gente scesa in strada si è lasciata andare a slogan razzisti come “Scimmie di merda” o addirittura nazisti “vi bruciamo vivi”.

Una situazione non facile ma l’esplosione di oggi è frutto di un abbandono delle periferie e del cittadino da parte delle amministrazioni che si sono succedute. Nonostante ciò c’è chi, come l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno si sente tutt’altro che responsabile. Dalle pagine del suo blog afferma:”Oggi, per colpa dell’indifferenza dell’amministrazione comunale, si è passato dalle proteste pacifiche alle rivolte di piazza dove è facile che si infiltrino estremisti e provocatori. Ma la protesta di Tor Sapienza non può essere criminalizzata, bisogna liberare le periferie romane da un vero assedio incontrollato di nomadi e immigrati che, nell’indifferenza generale, stanno trasformando questi quartieri in delle vere e proprie giungle metropolitane. Sabato 15 novembre ci sarà un corteo organizzato dal coordinamento delle periferie proprio per dar voce pacifica e democratica a queste proteste. Il razzismo e la violenza si combattono non ignorando i problemi ma fermando un’invasione ormai a insostenibile.” Come se Alemanno non avesse mai amministrato Roma.

Nella giornata di ieri alcuni esponenti della “Rete solidale di Roma Est” si sono recati presso il centro a portare la solidarietà ai migranti rinchiusi da giorni all’interno della struttura per paura delle ronde che girano nel quartiere. Abbiamo raccolta una loro testimonianza.

“A Tor Sapienza già un mese fa è partita la mobilitazione dei residenti al di fuori di un palazzo che si riteneva erroneamente essere un palazzo la cui ristrutturazione sarebbe servita per ospitare nel quartiere un nuovo centro di accoglienza, in quella situazione non si verificarono disordini ma c’è stata la presenza di personaggi politici come Gianni Alemanno alla ricerca di consensi elettorali” – afferma Francesco.

“Lunedì c’è stato il primo assalto da parte di gente del quartiere a causa di presunti scippi e molestie subite da una ragazza. Prima di dirigersi verso il centro gli abitanti si sono diretti, armati di spranghe e bastoni, verso una chiesa abbandonata, ora occupata dai coordinamento di lotta per la casa; non ci sono stati scontri solo per la prontezza degli occupanti che hanno respinto, non fisicamente, l’eventuale attacco che stavano per subire. Vista la determinazione degli occupanti, gli abitanti hanno cambiato obiettivo, martedì si sono diretti verso il Centro di accoglienza, attaccandolo.”

La composizione dei manifestanti sembra essere composta per minima parte dagli inquilini delle case popolari.

“I comitati anti-degrado sono composti e manovrati da esponenti di Fratelli d’Italia, di Casapound e di Forza Nuova, con l’immancabile appoggio di Borghezio che sta cercando di portare lo spettro razzista della Lega sul territorio di Roma. Una dinamica che già si è creata in altri quartieri: Tor Pignattara o Esquilino” dice l’intervistato.

“Abbiamo parlato con gli abitanti del quartiere stanchi di essere relegati come ultima ruota del carro dalle varie amministrazioni, si tratta di un vero e proprio ghetto. Sicuramente si vive in una realtà disagiata: mancanza di servizi, disoccupazione. Tutto questa rabbia è scaturita anche dall’ignoranza e dal razzismo che anima parte del quartiere; c’è chi è convinto che lo Stato italiano dia 800 euro al mese per ogni singolo migrante al Centro per garantire il sostentamento. Cosa assolutamente falsa.”

“Quelle case popolari furono occupate e per far sì che venissero forniti dei servizi ci sono state delle lotte in quella zona, questo per dire che stiamo parlando di un quartiere che ha combattuto per avere i propri diritti, anche se poi con il passare degli anni c’è stato lo spodestamento di tali diritti. Un quartiere che ha la forza di autorganizzarsi per chiedere ciò che gli spetta di diritto.”

“Il problema è che è stato individuato come nemico l’immigrato, il quale non rappresenta il reale nemico degli abitanti di Tor Sapienza. Non sono 36 minori a creare i disagi nel quartiere. Delle persone, esterne al quartiere stanno strumentalizzando. Sono le stesse persone del quartiere a dire che tanti dei quali che hanno partecipato alle proteste non sono del quartiere ma gente che arriva da fuori.”

“La giunta comunale non sta facendo nulla, l’unica proposta è stata quella di spostare il centro di qualche chilometro, cosa che non risolverebbe nulla ma sposterebbe il problema in altre zone. La cosa che innanzitutto non bisogna fare è quella di non difendere il centro di accoglienza perché questi centri producono delle problematiche al loro interno: innanzitutto c’è la speculazione delle cooperative che non utilizzano tutti i fondi concessi dallo Stato per il migrante. Queste persone vengono costrette a vivere in condizioni ghettizzate. Una parte della soluzione dovrebbe essere la chiusura dei centri e la garanzia che ai richiedenti asili venga concesso un alloggio, così come avviene nei paesi del centro-nord Europa. Ricordiamo che l’Italia ha firmato dei trattati internazionali di rispetto dei diritti dei rifugiati a cui spettano di diritto alloggi e sussidi dignitosi.

Inoltre ricordiamo come questa sia davvero una “guerra tra poveri”; le case popolari di Viale Morandi sono case popolari Ater, case sulle quali incombe il disegno legge del Ministro Lupi relativo alla svendita di quel patrimonio.”

Per quanto riguarda le iniziative future cosa è stato programmato?

“E’ stata negata l’autorizzazione dalla Questura per svolgere un’assemblea in via De Cupis. Per la settimana prossima si vorrebbe instaurare un’assemblea con gli inquilini delle case popolari per fissare dei punti ed uscire dall’egoismo e dal razzismo cercando di mobilitarsi insieme contro il vero nemico: chi ha fatto diventare le periferie romane delle pentole a pressione.”

Abbiamo intervistato un amico italiano di alcuni ragazzi che due anni fa si trovavano nel Centro di accoglienza:

“Il centro è stato aperto 5 o 6 anni fa. Inizialmente ospitava soltanto minorenni, oggi sono ospitate persone che hanno chiesto asilo politico e rifugiati.

In realtà il funzionamento del centro non deve essere cambiato di molto rispetto a due anni fa quando lo frequentavo. All’epoca c’erano tanti ragazzi, una sessantina in tutto. Le regole erano abbastanza rigide: durante il giorno i ragazzi potevano girare liberamente, spesso frequentavano diversi centri sociali sparsi nella città dove volontari gli davano un’istruzione base e gli insegnavano l’italiano. Altre volte queste attività erano svolte proprio dal centro d’accoglienza stesso. La sera invece i ragazzi dovevano tutti tornare per dormire lì. Non era possibile stare fuori oltre un certo orario, in genere mezzanotte ma molte volte non si capiva perché anticipavano alle 22. I ragazzi non avevano uno spazio dove stare insieme, quindi spesso rimanevano sul marciapiede a giocare a pallone, altre volte li facevano entrare in un locale al piano terra dove giocavano tutto il tempo a biliardino. Tuttavia non ho mai capito perché dopo una certa ora, tipo le 8 di sera, dovevano chiudere anche quello spazio e questi rimanevano senza poter far niente.

Le entrate e le uscite erano controllate, sia per gli stessi ragazzi sia per noi che li andavamo a trovare. Si doveva mettere una firma su un registro. Devo dire che per esperienza personale delle pratiche simili le ho dovute fare solo in carcere. Anche se poi ad essere onesti una certa ragione c’era perché da una parte bisognava documentare chi entrava ed usciva per questioni di sicurezza, dall’altra spesso i ragazzi non tornavano. Niente in contrario, ma come in tutte le realtà qualche soggetto problematico c’era e a volte è tornato riaccompagnato dalla polizia per aver commesso qualche piccolo illecito.

Ad ogni modo la vera ragione per la quale i ragazzi erano lì era perché essi erano in attesa dei documenti. Nessuno voleva restare lì perché quel posto è considerato da loro stessi come un carcere. I documenti non arrivavano mai e spesso si verificavano episodi di nervosismo anche nei confronti degli operatori. Questi promettevano che i documenti sarebbero arrivati ma alcuni erano lì da più di 10 mesi ed ogni settimana le promesse si rinnovavano. Così qualcuno scappava, altri no, restavano solo per speranza e per disperazione perché non sapevano dove andare.”

Domani sarà Mario Borghezio della Lega a cavalcare l’onda: “”Sarò a Roma venerdì a fianco dei cittadini e sicuramente mi attiverò perchè questa manifestazione sia autorizzata. Intendo portare ai cittadini di Tor Sapienza non solo la piena e totale solidarietà della Lega Nord di Salvini, ma anche il mio impegno personale e diretto, come europarlamentare eletto a Roma, a difendere in ogni sede il loro sacrosanto diritto a vivere nella sicurezza e nella tranquillità”.

I minori (tra cui anche italiani con problemi) sono stati trasferiti in altre strutture.Tor Sapienza, nuovi disordini in mattinata: trasferiti i minori dal centro d’accoglienza
L’assessorato precisa che “Si tratta di un trasferimento e non di uno sgombero pianificato per evitare il generarsi di altri incidenti e per far tornare rapidamente la calma”.

Le proposte degli amministratori sono quelle di spostare i centri. In realtà non serve spostare un centro d’accoglienza da una parte all’altra, ma bisognerebbe ripensare le periferie in un’ottica diversa, investire in politiche di riqualificazione e di integrazione sociale. Solamente in questo modo si può porre fine alla guerra di chi sta male contro di chi sta peggio e rendere questi territori un luogo di vita e crescita serena.

* di e da Oltremedianews.it.  Nicola Gesualdo è anche collaboratore di Radio Città Aperta di Roma

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