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Otto per mille alla Chiesa, lo Stato non fa spending review

La Corte dei Conti con la delib. n. 16/2014/G è intervenuta a gamba tesa sul sistema che disciplina la ripartizione delle risorse provenienti dall’otto per mille, affermando la necessità di una rinegoziazione del sostegno alle confessioni religiose.

“Grazie al meccanismo di attribuzione delle risorse” tuona la Corte dei Conti “ i beneficiari ricevono più dalla quota non espressa che da quella optata, godendo di un notevole fattore moltiplicativo, essendo irrilevante la volontà di chi rifiuta il sistema o se ne disinteressa; l’ammontare infatti è distribuito ripartendo anche le quote di chi non si è espresso in base alla percentuale degli optanti. Su ciò non vi è una adeguata informazione, benché coloro che non scelgono siano la maggioranza e si possa ragionevolmente essere indotti a ritenere che solo con un’opzione esplicita i fondi vengano assegnati. I fondi destinati alle confessioni risultano ingenti, tali da non avere riscontro in altre realtà europee, avendo superato ampiamente il miliardo di euro per anno, e sono gli unici che, nell’attuale contingenza di fortissima riduzione della spesa pubblica in ogni campo, si sono notevolmente incrementati”.

Questo meccanismo perverso dell’otto per mille Irpef, da indicare in sede di dichiarazione dei redditi, prevede che le quote non espresse, quindi non destinate dal contribuente né allo Stato né ad una delle confessioni religiose che abbia accesso ai fondi, siano comunque ripartite in proporzione alle firme ottenute, fa sì che la Chiesa cattolica faccia la parte del leone: con circa il 37% delle firme, si aggiudica l’82% dei fondi.

La Corte di Conti sottolinea poi come sia singolare che lo Stato rinunci a pubblicizzare le proprie attività espletate a promuovere la possibilità di devolvere a se stesso l’otto per mille, soprattutto in un periodo di così accentuata spending review, contrariamente a quanto fanno invece le altre confessioni religiose, che ingaggiano campagne pubblicitarie per accaparrarsi risorse sempre maggiori.

L’altra stoccata della Corte investe la Commissione paritetica Italia-Cei, istituita nel 1992 e sempre riconfermata dalla sua costituzione fino ad oggi, per due dei tre componenti della parte governativa.

Da questa cornice esce fuori uno Stato che deliberatamente, dunque, rinuncia ad un’ingente percentuale di gettito per lasciarlo entrare invece nelle casse degli enti religiosi: mancata trasparenza delle erogazioni e assenza di verifica sui fondi erogati alle confessioni dipingono poi un quadro poco edificante per il soggetto pubblico.

Da qui si comprende il monito della Corte e la sua intimazione a rinegoziare il sostegno alle confessioni religiose.


 

 

 

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2 Commenti


  • massimiliano

    Ma Francesco, così come ormai i media chiamano ipocritamente l’attuale pontefice durante il bombardamento mediatico a cui siamo sottoposti, non ha nulla da dire a riguardo ?? I suoi moniti continui per una Chiesa più povera, potrebbero tradursi in azioni concrete, come quello di rinunciare a questa mancia generosa o destinarla ad azioni concrete a favore dei bisognosi, invece che al sostentamento del clero, e del suo potente apparato. Senza contare i fondi pubblici e le esenzioni di cui gode la Chiesa cattolica .


  • Eli

    Questo meccanismo diabolico fu ideato da Giulio Tremonti, che studiò questa riforma per conto di Craxi, il firmatario dei nuovi patti.
    Praticamente è un modo per fregare chi non vuole dare soldi al vaticano, facendoglieli dare lo stesso!

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