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Roma corrotta. La “trasparenza” in mano all’indagato

Nelle pieghe di Mafia Capitale c’è spazio anche per le situazioni “divertenti”. Ci vuole un po’ di leggerezza, certo, ma altrimenti non si riesce a capire “il clima” che si era imposto a Roma da molti anni a questa parte. L’incazzatura, infatti, è sacrosanta, ma se solo quella la mente si blocca…

Prendiamo il caso di Walter Politano, indagato per associazione mafiosa ma fino a un paio di giorni fa addirittura “assessore alla trasparenza” del Comune di Roma. Uno che per diffondere la “cultura della legalità” tra impiegati e “pizzardoni” aveva stabilito che andavano fatti dei corsi appositi, per rendere edotto ognuno sulle tecniche usate dai corruttoi. Spiegano molti dipendenti comunali, e moltissimi vigili urbani, che in alcuni casi era lui stesso a fare lezione. Sia chiaro: è solo indagato e fino al terzo grado di giudizio nessuno può dire o scrivere che lui fosse senza alcun dubbio un membro importante della connection,  anche se Carminati ed altri dicevano tra loro di aver fatto carte false (reato minore, lo ammettiamo) per elevarlo alla poltrona che occupava fino alla comunicazione giudiziaria. E facciamo fatica a capire perché, parlando “a cuore aperto”, nella convinzione di dirsi cose importanti da sapere per la propria “professione”, avrebbero dovuto dire una cosa falsa.

Come responsabile del Piano Trienale per la corruzione (curioso lapsus nella definizione: non si capisce se il “per” sia stato scritto nel senso di “contro” o “per” la diffusione) ha partorito una delibera apposita (una “delibera di giunta”, la numero 15 del gennaio 2014), pensata per rompere la possibilità che i vigili urbani potessero restare troppo a lungo nello stesso posto, perché questo facilita la possibilità di venire corrotti.

In sé la cosa non è insensata. Molti casi di mini o maxi corruzione hanno riguardato anche diversi vigili (siamo tutti esseri umani, se i dirigenti ti danno quell’esempio, tu – che hai la possibilità di sapere dal vivo come funziona – perché dovresti agire in modo del tutto opposto? Solo se sei onesto nel profondo… e per fortuna ce ne sono ancora, non pochi). Prendere le misure adatte a evitare che si possano ripetere certe occasioni sembra assolutamente necessario. E lo è.

Ma quali misure sono state prese? Un’ordinanza del comandate del corpo, a Roma, ha stabilito che va promossa la “rotazione periodica” a cominciare dai funzionari (i “livelli D”).

Perfetto. C’è una legge apposita che prevede questo, si potrebbe pensare che bastava applicarla… Il problema è che la legge prevede che la “rotazione” avvenga tra settori di lavoro. Bisogna sapere che i vigili sono grosso modo diviso in tre “aree di lavoro”: a) l’amministrativa (commercio, sia fisso che ambulante); b) l’edilizia e socio-ambientale (che comprende anche la gestione degli emarginati, l’inquinamento, ecc); c) la stradale. Tutti settori potenzialmente a rischio, se i funzionari (in pratica: gli “ufficiali”) restano troppo a lungo nello stesso incarico. Diventano fin troppo “esperti”, insomma; ed è un’espressione chiaramente a doppio senso. Un funzionario “esperto” infatti può essere il miglior Virgilio possibile per un politico alle prime armi, eletto in Municipio senza aver mai visto come funziona una macchina già abbastanza complessa (una circoscrizione romana può essere popolata quanto un piccolo paese europeo; esempio storico, l’Islanda ha gli stessi abitanti di Cinecittà e dintorni), oppure il più abile manovratore di un impressionante giro di mazzette.

Invece cosa accade? Che la “rotazione” prevista non è tra “comparti di lavoro”, ma tra gruppi. In pratica i vigili più esperti dovrebbero essere spostati sul territorio, ma all’interno dello stesso ramo amministrativo, a fare esattamente le stesse cose. Di fatto, uno davvero corrotto subisce un breve danno, per qualche mese, perché deve ricostruire un reticolo di clienti e complici. Non è troppo difficile, perché i confini tra i municipi di una metropoli non sono invalicabili come il muro dell’apartheid in Palestina. Ed anche perché la “corruzione percepita” in ambito amministrativo è ormai diventata costume nazionale. E’ quasi “normale” che un cittadino qualsiasi, alle prese con un problema burocratico che comporta spese o multe, ri rechi negli “appositi uffici” per richiedere informazioni e alla fina sia lui stesso a chiedere al funzionario “quanto devo?” (subendo la reazione dell’onesto o la parcella del corrotto). Le voci si diffondono rapidamente, ci si può far presentare a un nuovo giro, sostituendo qualcuno che era già corrotto oppure dando finalmente un referente chiaro a corruttori che non riuscivano a trovare un terminale malleabile.

I vigili si incazzano, naturalmente. Senza nemmeno poter distinguere tra corrotti e onesti. Perché in una città come Roma, passare dall’Eur a Fidene, o da Casalotti a Tor Bella Monaca, può essere una tragedia esistenziale. Hai comprato casa, la stai pagando, ci vogliono ore per andare da un posto all’altro e viceversa, la giornata lavorativa può arrivare a coincidere con le 24 ore; e coloro che dovrebbero muoversi per primi sono anche i più “anziani in servizio”.

Le spiegazioni ufficiali o ufficiose sono anche semplici: “se si spostano i dirigenti da un settore all’altro si distrugge l’organizzazione del lavoro di un municipio”. Già. Ma niente vieta di graduare nel tempo (mesi, non anni) il trasferimento tra settori, in modo da dare il tempo a un funzionario proveniente dall’edilizia, per esempio (comparto ad alto tasso di pressione palazzinara), di entrare nei “segreti produttivi” di quello nuovo.

Strada troppo “trasparente”, per essere percorsa da questo Direttore alla Trasparenza…

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