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Primarie Pd in Liguria. Tra rappresentatività e degenerazione

 

Un mare di polemiche e un possibile invalidamento del voto (con interesse della Procura) sono i fatti che stanno contrassegnando l’immediato post-primarie del PD in Liguria, in coda a una lunga stagione di veleni che hanno alimentato davvero, in questo caso, la più genuina anti-politica.

E’ il caso, prima di tutto, di fare chiarezza su di un punto: considerato il risalto che i mezzi di comunicazione di massa hanno riservato all’evento e la confusione che si sta facendo tra questo esito e quello delle elezioni “vere”: una confusione ben alimentata dalla vincente “provvisoria” di questa singolar tenzone che ha parlato come se si sentisse già investita dall’incarico di Presidente della Giunta Regionale.

Il dato da precisare immediatamente è quello della scarsissima rappresentatività di questo voto rispetto all’intero corpo elettorale della Regione.

Va sottolineato di passaggio il netto calo fatto registrare, in questa occasione, dalla partecipazione alla Primarie: circa 55.000 votanti, il luogo dei 79.895 del 2007, 87.255 del 2009, 85.794 del 2012, 81.870 del 2013.

Soprattutto si tratta di capire quanto valgono davvero questi 55.000 votanti.

Nell’occasione delle politiche del 2013 il corpo elettorale della Liguria ammontava a 1.274.561 unità: di conseguenza la percentuale dei partecipanti alle primarie di domenica scorsa sarebbe stata del 4,3%. I votanti furono 957.394, la percentuale salirebbe così al 5,7%.

Nella successiva tornata elettorale, quella riguardante le Europee 2014, gli iscritti nelle liste elettorali risultarono essere, in Liguria, 1.336.147: la percentuale dei partecipanti alle primarie 2015 risulterebbe così essere del 4,1%. I votanti (in netto calo) 811.083, così la percentuale dei partecipanti alle primarie rappresenterebbe il 6,8%.

Quanto valgono allora in percentuale i 28.000 voti raccolti dalla candidata vincente?

Nel 2013 sull’intero corpo elettorale sarebbero valsi il 2,1% e sui votanti il 2,9%.

Nel 2014 sull’intero corpo elettorale sarebbero valsi il 2% e sui votanti il 3,4%.

Dati di rappresentatività reale davvero minimi.

Una tempesta in un bicchier d’acqua verrebbe da commentare leggendo questi dati: la rappresentatività della candidata vincente (e ancor più di quello perdente che sta minacciando tuoni e fulmini) è davvero elemento risibile rispetto alla realtà dell’intero corpo elettorale che in Primavera sarà chiamato a eleggere il nuovo Presidente della Giunta Regionale Ligure.

Un corpo elettorale che, probabilmente, diserterà in maggioranza le urne: questi dati, però, sui quali nessuno pare intendere una seria riflessione indicano quanto spazio politico è aperto verso soluzioni diverse e alternative, al di là della diversità delle impostazioni politiche possibili.

Ancora: i fatti di presunti brogli e di presenza ai seggi di quelle che un tempo si sarebbero definite “truppe cammellate” segnalano un altro elemento poco dibattuto nella concitazione del frangente specifico.

Il PD è fondato su due fattori costitutivi: una presunta “vocazione maggioritaria” (presunta perché basata sulla fuga dalla partecipazione politica e anche dal voto della maggioranza delle cittadine e dei cittadini) e –al proprio interno – sull’“individualismo competitivo” sul cui concetto si basano appunto le “primarie”.

L’individualismo competitivo, come ha dimostrato “ad abundantiam” il caso della Liguria è il cancro peggiore che ha corroso e corrode la qualità della nostra vita pubblica riducendo la dialettica politica alla miseria dello scontro personale e d’interesse.

In un quadro di vera e propria degenerazione politica, sociale, culturale questo elemento dell’individualismo posto accanto all’eccesso di personalizzazione che ne costituisce il naturale complemento rappresenta il punto vero sul quale, sotto l’aspetto della cura di un minimo di qualità della democrazia, sarebbe necessario e urgente cominciare a discutere sul serio.

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