“Il premier Matteo Renzi, che certo non vuole male allo Stato di Israele, dovrebbe imporsi anche con i suoi amici del Pd decisi a votare un’assurda mozione pro Palestina” non poteva essere più esplicito il messaggio e non poteva che provenire dal Corriere della Sera attraverso la consueta opera di killeraggio politico di PiGI Battista. Mestatore di professione e penna embedded per conto dello Stato di Israele, Battista non rinuncia anche alle argomentazioni più strumentali, come quella di mettere tutto sullo stesso piano: dal riconoscimento dello Stato Palestinese (che dovrebbe ormai essere ovvio e acquisito da tempo visto che dal 1988 si parla di “due popoli e due stati”) all’Isis, dalle azioni antiebraiche a Copenhagen e Parigi.
“Matteo Renzi dica al Pd di non farsi trascinare nella follia di una delegittimazione unilaterale di Israele e proprio in un momento come questo, proprio quando l’Isis dimostra tutta la sua pericolosità, proprio quando a Parigi e Copenaghen l’offensiva fondamentalista dimostra un’aggressività e una pericolosità assoluta. Una mozione da accantonare. Un tragico errore da non commettere” scrive Battista ricorrendo a tutto l’arsenale degli apparati ideologici di ‘stato di Israele, attraverso i quali chiunque osi levare la voce contro la politica israeliana deve sempre sentirsi sulle spalle tutto il peso dell’Olocausto, delle azioni squadriste in ogni città europea o del mondo e addirittura un po’ complice dei miliziani jihadisti dello Stato Islamico. E’ un modello e un linguaggio ormai stereotipato e ripetitivo che scatta in automatico ogni qual volta si deve passare dalle parole – due popoli due stati da tutti riconosciuti – ai fatti e cioè che dei due Stati ne esiste ancora uno solo.
Ma a dare manforte al bombardamento strategico, sul piano mediatico e politico, per impedire che l’Italia come altri paesi riconosca il diritto di esistenza dello Stato Palestinese, non c’è solo il Corriere della Sera e i suoi cecchini. C’è anche, e ovviamente, Il Giornale che affida a Nicoletta Tiliakos (un passato nei gruppi marxisti-leninisti dell’estrema sinistra) il compito di lanciare l’allarme sul fatto che il riconoscimento dello Stato Palestinese sia l’altra faccia della campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni verso Israele (Bds) piuttosto efficace nel mondo anglosassone così come lo fu contro il Sudafrica dell’apartheid. Anche su Il Giornale lo schema metodologico è sempre lo stesso : “E incredibile che mentre gli ebrei europei ricominciano a essere sotto attacco come mai dalla fine della Seconda guerra mondiale, nella politica italiana ci sia chi giochi con il riconoscimento anti Israele dello stato di Palestina” scrive la Tiliakos.
La Repubblica invece si è affidata direttamente alle parole dell’ambasciatore israeliano in Italia, Naor Gilon:“Ma noi non accetteremo mai uno Stato palestinese nato per imposizione esterna. Noi dobbiamo avere garanzie totali sullo Stato palestinese che potrebbe nascere al nostro fianco. Dobbiamo negoziare qualcosa che non sia una nuova entità vittima possibile del nuovo terrorismo che sta dilagando in tutto il Medio Oriente” afferma l’ambasciatore di Tel Aviv nell’intervista. In sintesi: uno stato palestinese a fianco di quello israeliano? Praticamente mai!! Al massimo Israele consentirà dei bantustan divisi tra loro in Cisgiordania e la continuazione dell’assedio su Gaza.
Insomma qualcuno sta imbrogliando pesantemente le carte. L’Olp è dalla dichiarazione di Algeri (1988) che ha accettato l’ipotesi dei “due popoli, due stati”. I successivi negoziati di Oslo hanno fatto si che lo Stato Palestinese, invece che sui confini riconosciuti dall’Onu nel 1948, si riducesse a quelli imposti da Israele con la guerra dei sei giorni nel 1967 (quindi il 22% della Palestina). Infine, i palestinesi hanno negoziato con Israele per venti anni di seguito ma senza ottenere alcun risultato tangibile se non il dover resistere ai nuovi insediamenti coloniali israeliani o ai periodici bombardamenti su Gaza. I palestinesi hanno provato a tornare ad essere un problema internazionale con la Seconda Intifada nel 2000 e poi con la strategia dei razzi da Gaza negli anni successivi. La logica è semplice: se vuoi una soluzione devi rappresentare un problema. Ma in entrambi i casi non sono più riusciti a tornare ad essere un problema per l’agenda internazionale. Negli ultimi due anni hanno allora avviato una offensiva diplomatica all’Onu e nelle sedi internazionali, ottenendo il riconoscimento del loro diritto ad esistere come Stato indipendente a fianco dello Stato israeliano. Ma quando tale processo è arrivato anche nelle stanze della politica e del parlamento italiano…. si è incagliato. Vuoi a causa della subalternità del nuovo corso della politica estera italiana verso Israele, vuoi perché di fronte alle sistematiche campagna stampa che la lobby sionista attiva sui mass media, gran parte degli uomini politici o degli accademici o dei giornalisti italiani se la fa letteralmente sotto e abbassa la testa. Il modulo degli apparati ideologici di stato è semplice e ossessivo: se ti schieri contro gli interessi israeliani sei rispettivamente
– a) corresponsabile dell’Olocausto avvenuto settanta anni fa,
– b) delle profanazioni dei cimiteri ebraici in Europa,
– c) degli attentati contro i cittadini ebrei
– d) potresti anche essere l’arrotino dei coltelli dei miliziani dell’Isis
Di fronte a tali argomentazioni, per quanto astruse e strumentali, sono ancora in pochi a tenere la schiena dritta e a sapere riconoscere un torto da una ragione, un atto dovuto da una omissione. I diritti del popolo palestinese attendono da troppo tempo che anche l’Italia, anzi anche in Italia, si riconosca almeno questo.
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