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L’ideologia grillina alla prova di Gino Paoli

Un’ideologia senza capo né coda, che fin dall’inizio abbiamo  considerato un concentrato di luoghi comuni e ignoranza crassa dei meccanismi sociali ed economici fondamentali.

Il grillismo, croce e delizia di questi ultimi tre anni, sta consumando la sua parabola in modo quasi paradigmatico sul caso di Gio Paoli, cantautore di razza, deputato per una legislatura nelle fila dell’allora Pci, diventato infine presidente della Siae (carica più onorifica che operativa, conferita per mostrare che effettivamente questa società difende il diritto d’autore degli atrtisti e non).

La vicenda campeggia sulle prima pagine e di tutti i giornali e nel merito non ci appassiona tropo: Paoli ha dei conti in Svizzera perché ce li ha messi lui o è stato un escamotage del commercialista? Al contrario dei grillini o dei forcaioli, sappiamo bene che gli artisti sono in genere persone che tendono ad affidare la gestione del proprio patrimonio a fiduciari (più o meno afidabili), perché “gestire” richiede concentrazione, tempo, attenzione, informazione finanziaria, fiscale, commerciale, ecc. Sottraendo tempo alla scrittura, ai tour, agli spettacoli, alla concentrazione creativa. In fondo, quanti mostri sacri della “indignazione di sinistra” abbiamo scoperto nella lista dei clienti del “Madoff dei parioli”?

Per i grillini però è diventato uno psicodramma interno. Perché Gino Paoli è genovese come Grillo, percché i due sono amici e perché Grillo – per una volta giustamente – ha preferito affrontare il problema mettendo sul piatto la conoscenza personale rispetto al chiacchiericcio mediatico. E quindi ha sostanzialemente detto “giù le mani da Gino Paoli”, spiazzando i suoi stessi parlamentari che ne chiedevano le dimissioni dalla società Siae.

Ma proprio l’umanità del gesto mostra la miseria dell’ideologia di massa costruita da Grillo. Non puoi accreditare l’idea che tutti i problemi – economici e sociali – siano un semplice portato del gioco guardie e ladri, usando i media (sono loro a rendere noti i fatti, in modo altamente selettivo) come parametro per indicare il “nemico” da attaccare. Perché prima o poi – e questo poi ora è arrivato – ci sarà qualcuno vicino a te a finire nel tritacarne e tu non potrai “essere umano” senza contraddire il tuo “essere politico”.

Mentre l’Unione Europea fa a pezzi nuovamente la Grecia, mentre si preparano interventi belici (in Libia o in Ucraina? che differenza fa, si chiedono nelle cancellerie del continente), mentre la Bce fa il quantitative easing per le banche private impegnando le riserve auree delle canche centrali nazionali… in questo gorgo tempestoso c’è un movimento politico, il secono partito in Italia, che si spacca sulle dimissioni o meno di un cantautore?

L’inutilità di un “pensiero politico” (lo sappiamo: stiamo dicendo un’enormità) si misura anche da queste cose…

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