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La “coalizione sociale” di Landini. Contro chi?

Rotti gli indugi, la dispersa ex sinistra “radicale” – aggettivo sproporzionato alla realtà conflittuale dei soggetti che vi si riconoscono – prova a raccogliersi intorno a Maurizio Landini. La politica degli ultimi venti anni ha ossificato uno schema semplicissimo: un capo carismatico e un “movimento, non un partito”, con un programma flessibile, “elaborato dal basso” (o dall’alto, nel caso di Renzi, Berlusconi, Monti, ecc), implementabile o modulabile a seconda delle occasioni.

Il tentativo di Landini – che chiama a raccolta per un’assemblea “fondativa” nella sede nazionale della Fiom, domani – è esplicitamente “neo-laburista”. Non sul piano ideologico (il segretario della Fiom è di formazione “piccì di Reggio Emilia”, e l’aggettivo laburista da quelle parti è ancora un insulto), ma su quello “generativo”: usare la Fiom, e magari parti della Cgil, come scheletro organizzato attorno a cui coagulare una mucillagine altrimenti inservibile.

Tentativo legittimo e anche interessante, persino giustificato dalla perdurante assenza di una rappresentanza politica degna di nota (Sel è uno scherzo di natura a fine corsa, i “grillini” hanno fisse di tutt’altro genere, il resto è mucillagine). Le nostre domande sono perciò di tipo “pratico”, non ideologico. Del resto, se si dice “facciamo come Syriza e Podemos”, ormai, si dice qualcosa di concreto. E si devono affrontare altrettanto concretamente le esperienze che questi movimenti (diversi tra loro,non solo perché uno è al governo e l’altro ancora no) ci stanno consegnando.

Vediamo i passi più significativi dell’immancabile “appello” a riunirsi. «Nelle scorse settimane (…) abbiamo ragionato sulla necessità di un momento assembleare per dibattere in modo libero e aperto l’ipotesi di costruire una “coalizione sociale”». «Ho avuto la fortuna di potermi confrontare con molti e di condividere sin da subito l’idea che il tentativo di costruire una coalizione sociale muove da una certezza: la politica non è proprietà privata». «La politiche della Commissione e della troika, anche in Italia stanno mettendo in discussione la democrazia, il lavoro e i suoi diritti, l’istruzione e la formazione, la salute, i beni comuni e la cultura, la giustizia». Di fronte a questo attacco, per forza di cose, è necessario  superare «il frazionamento» e «coalizzarsi insieme per una domanda di giustizia sociale sempre più inascoltata e senza rappresentanza». «La coalizione sociale dovrà essere indipendente e autonoma: significa che per camminare dovrà potersi reggere sulle proprie gambe e pensare collettivamente con la propria testa».

La prima domanda è: chi è il nemico, o almeno l’avversario. Se l’Unione Europea, la Commissione, la Troika, stanno facendo quel distrugge il mondo del lavoro e la stessa democrazia, allora sembra logico dire che siano questi i “nemici”. Il “neoliberismo” è infatti una linea di pensiero fondata su interessi molto concreti, e non si dà battaglia contro un pensiero. Ma contro le forze, le istituzioni, i soggetti che ne realizzano i progetti di “riforma strutturale”.

Il secondo luogo: indipendente e autonoma da chi? Secondo logica, anche esplicitata, si tratta di non avere niente a che fare con Renzi, il suo governo, il suo partito. “Minoranza di sinistra” compresa. Non possiamo infatti far finta che Bersani (l’inventore delle “lenzuolate di privatizzazioni e liberalizzazioni”) o Stefano Fassina (sottosegretario all’economia nel governo di Mario Monti, quindi corresponsabile della “riforma Fornero”) siano oggi davvero dei campioncini del tormentato movimento operaio, “neo-laburisti duri e puri” da imbarcare in una nuova avventura. In terzo luogo, così come finalmente Rifondazione in queste ore ha deciso di fare (non senza tormenti), questa “coalizione sociale” dovrebbe escludere – nel caso di partecipazione ad elezioni politiche o amministrative – qualsiasi allenaza con il Pd. Non sarebbe infatti credibile – come non lo è stato Vendola – un “movimento radicale” che si allea, per puro calcolo di quorum, con il principale motore del neoliberismo in questo paese. E’ il caso di ricordare che la credibilità di Syriza, agli occhi del popolo greco, è stata costruita escludendo sempre qualsiasi “cartello elettorale” con i socialisti di Papandreou. E non ci sembra che i conservatori ellenici Karamanlis e Samaras – eredi diretti dei “colonnelli” – siano democraticamente più presentabili del Caimano…

Le domande che poniamo perciò a Landini e ai suoi compagni di strada partono dalla condivisione piena dell’analisi condotta da Gianni Ferrara – su il manifesto di oggi – sulla natura dell’avversario che ci ha da tempo aggreediti.

Con l’uomo solo al comando, che le cosid­dette riforme isti­tu­zio­nali, quella costi­tu­zio­nale e quella elet­to­rale, da sole ed insieme, mirano a rea­liz­zare, tutte le isti­tu­zioni della Repub­blica degra­de­ranno a stru­menti del capo del governo, diven­tando tutte ese­cu­tive del volere dell’esecutivo che, a sua volta, si porrà come ese­cu­tivo della ideo­lo­gia domi­nante, quella del capi­ta­li­smo neo­li­be­ri­sta, tra­dotta nelle norme dei Trat­tati inter­na­zio­nali, tra i quali Trat­tati pri­meg­gia quello sull’Unione euro­pea. Pri­meg­gia nel porre a fon­da­mento dell’Unione, per la dina­mica dell’ordinamento e come suo obiet­tivo, l’economia di mer­cato aperta e in libera con­cor­renza. Quella spe­ci­fica eco­no­mia di mer­cato che sta distrug­gendo prin­cipi e diritti, quello di egua­glianza, innan­zi­tutto, quelli sociali soprattutto.

Renzi, il Pd, l’Unione Europea. Sulla cui “riformabilità” sarebbe il caso di riflettere un attimo, visto come viene trattato il governo greco nei consessi continentali (anche dal governo italiano, ovviamente), come vengono accolte le sue proposte, il suo programma, le sue priorità.

Domande, insomma, che non vengono risolte – lo sappiamo per esperienza diretta – in assemblee dove ognuno cerca la sua visibilità di micro-area (e più si è “mucillagine” più si è ansiosi di averne…), mentre il compito di “chiarire la direzione di marcia” è rinviato – ogni volta – allo scioglimento di nodi che al momento risulterebbero “divisivi”.

Fermo restando, ovviamente, che “superare la frammentazione” è un bisogno primario. Proprio per questo si sente la necessità di esser chiarissimi nell’identificare l’avversario mortale e gli alleati possibili. Il “programma”, altrimenti, è solo una lista della spesa che mette insieme cose sacrosante, desideri utopistici, mediazioni al ribasso e ambizioni di generali senza truppe. E che infatti contano su quelle della Fiom…

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