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La pratica della malainformazione sulla Palestina. Il Mattino di Napoli

Il Mattino del 17 ottobre 2015 propone l'intervista di Titti Marrone ad uno psicoanalista, David Meghnagi, evidentemente ritenuto sull’argomento eminente fonte di analisi e riflessione, sull'incendio della tomba di Giuseppe a Nablus, città palestinese sotto occupazione israeliana.

L'esimio psicoanalista afferma: questo incendio "è un atto criminale che dimostra come il fondamentalismo palestinese arrivi a perdere qualunque forma di rispetto per luoghi sacri ebraici". Interessante che si parli, da parte di uno psicanalista, di "fondamentalismo palestinese". Finora si era sentito di "fondamentalismo" religioso (alla nascita negli USA era "cristiano", nelle nostre TV da anni "islamico", raramente "ebraico"). La novità è che questa categoria non abbia più connotazioni religiose, ma etniche. Ci troviamo, quindi, di fronte ad un fondamentalismo di un popolo. Potremmo essere di fronte ad una svolta nelle scienze umane!?

Anche l'incendio da parte di un gruppo di "ebrei estremisti" sarebbe da considerarsi "atto criminale che dimostra come il fondamentalismo (ebraico? israeliano? secondo il nuovo modello proposto da Meghnagi) arrivi a perdere qualunque forma di rispetto per luoghi sacri cristiani"? Uno di tali episodi, non l'unico, si è verificato a giugno di quest'anno, la chiesa è quella della Moltiplicazione di Tabgha, sulle coste del Mare della Galilea, è il luogo dove i cristiani credono che Gesù abbia dato da mangiare a 5 mila persone nel miracolo dei “pani e dei pesci”. Già a febbraio di questo anno  ad collegio della comunità cristiana situato nella città vecchia di Gerusalemme era stato dato fuoco con liquido infiammabile e tracciate scritte sui muri, come “Gesù è un figlio di puttana”.

Anche la religione musulmana è stata oltraggiata nei suoi simboli diverse volte recentemente in Palestina. Lo scorso febbraio fu appiccato il fuoco alla moschea di Al-Jabaa, nei pressi di Betlemme e scritte razziste vi apparvero sui muri. La provocazione più forte e cocente: il terzo luogo santo per l'islam a livello mondiale, la Spianata delle Moschee, è stato ripetutamente violato, al punto che, dopo ripetuti e persistenti episodi gravissimi, Iyad Madani Ameen, segretario generale dell’ ’Organizzazione per la Cooperazione Islamica ha chiesto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di adottare misure concrete per porre fine agli attacchi israeliani, in un comunicato rilasciato domenica 26 luglio di questo anno. Sappiamo che negli ultimi mesi la situazione è andata aggravandosi: le incursioni di coloni sono diventate sistematiche e sempre più sfacciate e violente, mentre l’accesso al luogo di culto è stato impedito a più ampie “categorie” di musulmani (includendovi anche donne).

Per Mehgnagi anche queste violazioni sono "un atto criminale che dimostra come il fondamentalismo (israeliano?) arrivi a perdere qualunque forma di rispetto per luoghi sacri musulmani"?

Se la gravità del gesto è nell'attacco ad un importantissimo simbolo religioso, possiamo traslare: "la distruzione dei luoghi sacri ci dice che cosa toccherebbe domani ai musulmani e ai cristiani nella regione" o il discorso vale esclusivamente per gli attacchi ai simboli della religione ebraica?

La collaborativa giornalista suggerisce in una delle sue domande: “Un atto paragonabile alla distruzione dei templi di Palmira o dei monumenti di Bamiyan in Afghanistan?”. Per chi ravvisasse in tale domanda l’insinuazione di un attacco all’intero popolo palestinese, equiparato all’ISIS, condannato universalmente, bisogna ricordare che il quesito viene da un “intellettuale” e, come tale, è esente da dubbi e critiche. Anche Raiz ha dichiarato di essere preoccupato per l’immigrazione incontrollata e che non vorrebbe, a seguito di questa, trovarsi “accoltellato” sotto casa.

Siamo di fronte al tentativo di costruire un nuovo capro espiatorio?

Né può rallegrare e sollevare del tutto, circa la politica di questo giornale verso i Palestinesi, l’articolo dignitoso e corretto uscito il 18 a firma Eric Salerno. Infatti, nell'occhiello di richiamo in prima pagina, come poi nel titolo di tredicesima, quelli che, coerentemente con l'evidenza, vengono chiamati nell’articolo palestinesi “uccisi” , sono mutati in semplici “morti”. Più neutro, sarà un accidente quello che li ha stroncati? Interrompiamo la labile traccia che riconduce la loro fine agli occupanti israeliani.

Bene fa l’autore di questo pezzo Israele, altri 4 morti nell’Intifada dei coltelli (Hebron non è in Israele!) a prendere le distanze (con discrezione!) nel riferire di una di queste uccisioni: “Un altro palestinese è stato ucciso da un colono, sempre a Hebron, che, secondo fonti ufficiali, aveva tentato di accoltellarlo”. Infatti, è documentato da un video che gira in internet dalla notte stessa del fatto, il coltello accanto al suo corpo è stato passato da un soldato israeliano ad un suo commilitone, che l’ha lasciato cadere accanto al moribondo. Come è accaduto altre volte (quante?), la scena dell’attentato all’israeliano di turno è stata costruita dalle forze israeliane.

A quale gioco stanno giocando Il Mattino e i “nostri” mass media con la Palestina e con le vite dei Palestinesi?

 

Flavia Lepre

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2 Commenti


  • Flavia

    Cisimat?!?

    l'autrice è napoletana, la conosco personalmente


    • Redazione Contropiano

      con i due attacchi hacker subiti tra la fine dell’anno scorso e la primavera, sono saltate molte informazioni in ogni articolo vecchio, tra cui l’autore.

      Il nuovo sistema ha automaticamente riempito quel “vuoto” con la sigla del webmaster. Se ci ricordi il nome dell’autrice mettiamo a posto le cose.

      Grazie per l’attenzione!

      Red.

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