Aggiornamento. L’Ansa intorno alle 16.30 riferisce che Ignazio Marino ha ritirato le dimissioni.
Noi non stiamo con Marino e neanche, ovviamente, con i suoi “fratelli coltelli” del Pd che lo hanno prima eletto e poi scaricato.E’ bene dire subito come la si pensa in questo porto delle nebbie che avviluppa da mesi Roma e che oggi si è impantanato intorno alle dimissioni o meno del sindaco Marino.
Il sindaco “marziano” Marino e il commissario del Pd a Roma Orfini, si sono parlati in territorio “neutrale”, ossia nell’abitazione privata casa del vicesindaco Causi. Ma l’incontro, a quanto pare non è stato risolutivo sulle sorti del sindaco né sulla consiliatura. E’ stata dunque un’ennesima giornata di incertezza (“Marino ritira le dimissioni”, “No, le mantiene”).
Le posizioni ormai sono note. Il Pd chiede che Marino metta fine al suo mandato subito, confermando le dimissioni. Il sindaco Marino invoca invece una via di uscita onorevole, un riconoscimento pubblico del lavoro svolto, e vorrebbe incontrare a quattr’occchi Renzi. Il premier però ha già fatto sapere di non avere nessuna intenzione di incontrare Ignazio Marino perchè il “caso è chiuso”.
Ma se le sorti del sindaco della Capitale appaiono comunque segnate, le modalità per arrivare alla fine della giunta Marino sono ancora da definire. Il Pd, da solo non ha i numeri per imporre in aula la mozione di sfiducia. Gli servono anche i voti dell’opposizione di destra, tutta o in parte, mentre Sel, che prima aveva annunciato una mozione di sfiducia, adesso sembra impegnata a testa bassa nella difesa di Marino in vista di una possibile lista civica guidata dal “marziano” alle prossime elezioni comunali. In questo caso potremmo parlare di una sorta di “Marino 2 la vendetta”, una vera e propria bomba a tempo tra i piedi del Pd romano.
Ma sottotraccia sembra delinearsi anche un’altra ipotesi, quella di rinviare le elezioni comunali a Roma.”Ci potrebbe essere una terza possibilità” – lascia trapelare un parlamentare del Pd, molto vicino a Renzi. “Se Marino ritirasse le dimissioni e si presentasse in aula, il Pd potrebbe astenersi e lui andare avanti, ma solo fino alla presentazione del bilancio. A quel punto lo faremmo cadere votando contro”. Questo potrebbe consentire anche uno slittamento delle elezioni amministrative nella capitale, cosa niente affatto sgradita a Renzi e al Pd che vedrebbero bene una Capitale di fatto commissariata con il pretesto della gestione del Giubileo. “Marino – spiega ancora l’esponente del Pd – non ce la farà sicuramente a presentare il bilancio entro fine anno, questo permetterebbe di arrivare a gennaio-febbraio, nominare allora il commissario e andare a votare più tardi, un’ipotesi certo non negativa”. Ma è una possibilità sicuramente azzardata, anche perché – nonostante l’operazione “Giubileo” – prolungherebbe il collasso politico, amministrativo e morale della Capitale e dello stesso PD, a Roma e forse non solo a Roma.
Fin qui la cronaca e i retroscena della vicenda Marino. Restano le valutazioni politiche e di merito sulla Giunta comunale guidata dal “Marziano”, che le pugnalate ricevute dai fratelli coltelli del suo partito non possono salvare. E’ per questa ragione che non riusciamo a capire né a condividere l’entusiasmo con cui una parte del popolo della sinistra romano si è arruolato nella campagna “Io sto con Marino”. Abbiamo affermato più volte – e continueremo a riaffermarlo in ogni sede – che le amministrazioni oneste non sono un merito perchè dovrebbero essere il minimo sindacale. Quello che fa la differenza sono le priorità sociali su cui si decide di governare una città, soprattutto una metropoli martoriata ma resiliente come Roma. Il 23% degli abitanti vive oltre il Raccordo Anulare, altrettanti tra l’Anello Ferroviario e il Raccordo, una condizione di periferia non solo geografica e urbanistica ma sociale nella sua totalità. Il centro e le aree a ridosso – luoghi ormai gentrificati e sedi dei grandi eventi – sono ridotte da anni a foresteria e funzionali solo al devastante turismo di massa che è diventato una risorsa per pochi e un disagio per molti. Le emergenze e le condizioni sociali (da quella abitativa a quella lavorativa), la invivibilità, la collassata mobilità, la privatizzazione e il conseguente degrado dei servizi pubblici e sociali, la demonizzazione dei lavoratori comunali, delle aziende municipalizzare o dei poli archeologici e museali, sono priorità che hanno visto il Sindaco Marino o “sorprendersi della realtà” (il che non è affatto un bene) o schierarsi sistematicamente contro lavoratori, senza casa, abitanti delle periferie e alimentare un senso comune reazionario. Il segno antipopolare e rigorista del bilancio comunale perfettamente conforme ai diktat del Patto di Stabilità, è stato poi la ciliegina sulla torta. Il “candore” non è una qualità sufficiente ad assolversi dalle sue responsabilità. Restiamo convinti che Marino avrebbe dovuto far saltare il banco già a dicembre dello scorso anno dando le dimissioni quando è esplosa l’inchiesta su Mafia Capitale. Si è prestato per mesi a fare da foglia di fico al Pd romano e nazionale fino a quando ne è stato scaricato. Ma questo, da tempo, non è stato e non può essere un nostro problema. Anche a Roma, come nel paese e in Europa, serve la rottura, una rottura profonda della gabbia esistente e sulle esigenze sociali prioritarie a cui dare risposte, a cominciare dal rigetto del Patto di Stabilità che strangola le amministrazioni locali. O ci si mette in questa logica o si perpetua la fetida atmosfera che respiriamo da troppi anni. E solo questa può essere la strada che può sbarrare il campo alla destra, il resto è fuffa.
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