Non per tagli ma per equità, titola il dossier sulle pensioni del presidente dell’Inps Tito Boeri. La verità è l’esatto opposto, la foglia di fuoco dell’equità, assieme a quella della riduzione dei privilegi della casta politica e sindacale, serve proprio a coprire un taglio strategico alle prestazioni e allo stesso sistema pensionistico pubblico.
Il documento del presidente è molto dettagliato nelle cifre e questo serve a rafforzare la sua immagine bocconiana. Tuttavia le cifre possono cambiare e soprattutto possono a volte portare fuori strada, se non si esaminano i concetti a cui sono connesse. Chi non sarebbe d’accordo a garantire 500 euro mensili a chi ha più di 55 anni ed è senza reddito? Il problema è a quali condizioni e soprattutto chi paga; e qui subito emerge l’ideologia liberista della proposta INPS.
Nel passato, quando ancora tentavano di fare il loro mestiere, i grandi sindacati confederali si sono battuti per separare la previdenza dall’assistenza. Infatti l’Inps da tempo è diventata un gigantesco bancomat sociale, a cui confluiscono i contributi del lavoro, e da cui defluiscono soldi in tutte le direzioni. Questa rivendicazione sindacale non ha mai avuto successo e si è scontrata con il muro di no di tutti i governi. Infatti se il sistema pensionistico pubblico fosse davvero dedicato unicamente a fornire le pensioni legate all’attività lavorativa, non avrebbe buchi. E in ogni caso se buchi ci fossero, potrebbero essere affrontati agendo sulla contabilità interna al mondo del lavoro.
Invece sui conti INPS pesano elargizioni di reddito sacrosante, anzi troppo basse e a troppi pochi, ma che non si capisce perché debbano essere a carico solo del mondo del lavoro, dipendente ed autonomo. Boeri aggrava questo squilibrio: se i 500 euro sono giustizia sociale – e ripeto lo sono – perché devono essere a carico dell’Inps e non della fiscalità generale? Perché non devono pagarli anche banche, finanza, grandi ricchi? Certo, con il governo Renzi che taglia la sanità pubblica per finanziare le imprese e togliere le tasse anche alle case dei ricchi, un simile con concetto farebbe poca strada. Ma resta il fatto che in una società che vede aumentare vertiginosamente i poveri, la giustizia distributiva e la solidarietà solo a carico del lavoro sono un ulteriore regalo a quell’1% di super ricchi che continuamente accresce reddito e potere.
Ma qui c’è proprio il succo dell’ideologia liberista, quello che alimenta tutte le guerre tra i poveri e tra le generazioni alla caccia del piccolo privilegio, mentre salva anzi santifica il grande privilegio della ricchezza.
Anche nell’individuazione di chi avrebbe diritto al reddito si colpiscono diritti. Infatti si introduce anche qui, come per le tasse scolastiche e tante altre voci di spesa delle famiglie, quella truffa legalizzata che è il reddito familiare calcolato secondo i criteri ISEE. Come ben sanno gli studenti figli di operai, il figlio di un furbo evasore fiscale pagherà meno tasse universitarie di loro. Lo stesso accadrà nella distribuzione dei 500 euro di Boeri. Se la moglie ha perso il lavoro, e a 55 anni sicuramente non lo trova più, ma il marito prende 1000 euro di pensione al mese non si ha diritto a nulla, perché, secondo la statistica di Trilussa, quei due incassano già 500 euro ciascuno.
Ma il principio del cumulo dei redditi serve soprattutto ad aprire la via ad un gigantesco taglio delle prestazioni pensionistiche. Qui anche il governo Renzi, quello del Jobsact e del mantenimento della legge Fornero, si è spaventato e ha parlato di costi pesanti per milioni di persone. La grande stampa liberista, cioè tutta, invece ha esaltato i tagli ai privilegi pensionistici della casta. Sia chiaro, questi tagli sono giusti e andrebbero fatti sia ai politici, sia a sindacalisti che abbiano pensioni oltre quelle di un normale impiegato. Ma questa è un misura di serietà e giustizia, non serve a fare tutta la cassa che che reclama Boeri. Che infatti aggiunge il ricalcolo al ribasso di tutti i trattamenti pensionistici alti. Alti quanto? La famiglia operaia prima citata se va in pensione cumula due trattamenti. Che la loro somma superi i 32000 euro lordi all’anno è possibile. Sono pensioni privilegiate da tagliare? Certo che no, ma è lì che stanno i soldi veri che il presidente dell’Inps vuole recuperare. Sarebbe giusto porre un tetto alle pensioni pubbliche, penso che tutto ciò che supera i 5000 euro, che sono già tanti, potrebbe essere assorbito o almeno ridotto, ma non facciamoci prendere in giro: proposte come quelle di Boeri colpiscono le pensioni di impiegati e operai e poi giustificano questa scelta con i tagli a qualche privilegio di casta.
Del resto la maschera della proposta cade quando viene riproposto il solito motivo guida della fanfara liberista: i pensionati sono troppi se rapportati agli attivi. Boeri scrive che per ogni pensionato c’è solo un lavoratore virgola tre. E questo conto è fatto rapportando al mondo del lavoro tutte quante le pensioni e non solo quelle privilegiate. È chiara allora l’intenzione di fondo: ridurre il valore della massa delle pensioni medie giustificandosi con la con lotta al privilegio.
Se davvero si volesse affrontare il problema di conti INPS, oltre che la separazione dell’assistenza dalla previdenza, ci sarebbe da agire su ben altri fronti rispetto a quelli proposti da Boeri. Bisognerebbe combattere l’evasione contributiva, non solo quella del lavoro nero, ma anche quella programmata da governi e grandi sindacati. Parlo dell’esenzione contributiva per gli assunti a tempo indeterminato, che il governo esalta e che sta creando un altro buco all’Inps, così come della decontribuzjone del salario aziendale che si vuole aumentare. Bisognerebbe finirla di finanziare i fondi pensionistici privati e sindacali e addirittura la sanità integrativa, cha invece persino la Fiom rivendica per il contratto.
E poi si deve davvero provvedere ad un’opera di risanamento dei conti pensionistici fondata sulla chiarezza. Il fondo del manager è entrato all’Inps già in deficit, così gli operai pagano le pensioni dei loro dirigenti. I ferrovieri son stati mandati in pensione anticipata a migliaia per tagliare il personale, anche qui si dovrebbe chiarire chi paga. Si è alzata alla follia l’età pensionabile, e le aziende fanno i prepensionamenti. E la pubblica amministrazione si è dimenticata di versare i contributi ai propri dipendenti, così quando il libro ente pensionistico, l’Inpdap, è confluito nell’INPS, son venuti a mancare miliardi.
Certo che si potrebbe affrontare con rigore la questione dei conti INPS, ma con un punto di vista opposto a quello dell’austerità liberista che Boeri rilancia. Sarebbe necessario abbandonare ogni privatizzazione del welfare, rilanciando il sistema pubblico. Si dovrebbe finanziare l’assistenza col fisco e con la lotta all’evasione fiscale. Si dovrebbe agire sull’occupazione aumentandola, anche con la riduzione dell’età pensionabile. Si dovrebbe garantire con conti trasparenti e senza trucchi una pensione dignitosa a tutti, come prescrive la sempre più lontana Costituzione. Insomma si dovrebbe iniziare un percorso contrario a quello delle 7 o 8 riforme pensionistiche attuate dal 1992 ad oggi.
Ma è proprio ciò che non si vuole fare, e per questo Boeri ha buttato lì la sua proposta. Sa bene che prima delle elezioni nessun governo sarebbe disposto ad adottarla, ma sa anche che dopo, se a decidere saranno gli stessi di oggi, si finirà per fare ciò che oggi si rifiuta. Il massacro sociale nel nome dell’equità.
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