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Roma. In piazza sabato per rompere l’inerzia contro la guerra

Affollata assemblea all’università La Sapienza a Roma in preparazione della giornata di manifestazioni contro la guerra di sabato prossimo, 16 gennaio. Il corteo di Roma partirà alle 15.00 da Piazza Esquilino per concludersi a piazza Madonna di Loreto a ridosso di Piazza Venezia, una piazza da cui alcuni decenni fa il capo del regime fascista annunciava l’entrata dell’Italia in guerra.  Ma il lungo dopoguerra che ha accompagnato due degenerazioni sembra destinato a interrompersi di fronte agli scenari bellici che si vanno addensando in questo mondo e in questa fase storica.

“Venticinque anni fa Bush padre scatenava i bombardamenti sull’Iraq annunciando che erano propedeutici al Nuovo Ordine Mondiale scaturito poi dalla dissoluzione dell’Urss e dall’egemonia globale statunitense”, ha ricordato l’intervento introduttivo di un compagno della Piattaforma sociale Eurostop all’assemblea, un ordine mondiale che in questi ultimi anni è stato invece investito da scossoni, cambiamenti e contraddizioni profonde. La manifestazione di sabato prossimo intende denunciare come la guerra incomba oggi in diverse aree del mondo, ma anche sulla situazione interna dei vari paesi come una sorta di “guerra interna”. L’Italia si appresta, tra l’altro, a guidare l’intervento militare in Libia annunciato alla scadenza dell’ultimatum alle varie componenti libiche che dovrebbero dare ad un improbabile governo di unità nazionale mentre si assiste all’escalation degli attacchi dell’Isis in diverse parti del paese.

Un secondo intervento ha chiarito come una manifestazione è solo un momento di iniziativa, e quella del 16 gennaio serve a rompere una colpevole e pericolosa inerzia sul tema della guerra, sottovalutato sotto moltissimi aspetti; per i suoi nessi con la crisi sistemica che ormai investe tutte le aree del mondo (non solo i paesi capitalisti tradizionali ma anche i paesi emergenti che erano sembrati esserne immuni),  per il fatto che le armi nucleari non sono più monopolio solo di poche potenze e non più parametro dell’equilibrio dovuto alla mutua distruzione assicurata. Che fare? “Sganciarsi dai piloti automatici che ci trascinano in guerra e nella recessione come fanno la Nato e l’Unione Europea” e mettersi di traverso rispetto all’interventismo militare italiano che si prepara a scaldare i  motori in Libia.

Si sono poi susseguiti numerosi interventi di molte realtà che hanno convintamente deciso di stare nella manifestazioni di sabato: dai movimenti per il diritto all’abitare al Prc (in tutte le sue componenti che sono intervenute in assemblea),  dalla Carovana delle Periferie alla Carovana antifascista per il Donbass, dalle comunità palestinesi, libanesi e siriana al Jvp dello Sri lanka, dal gruppo Tanas ai Carc, dagli Statunitensi per la pace e la giustizia alla rete No War e tanti altri interventi che hanno declinato su vari aspetti il nesso tra la guerra e il razzismo/islamofobia, tra guerra e attacco ai diritti dei lavoratori e alla democrazia.

Le conclusioni tirate da un compagno della Piattaforma Sociale Eurostop ha disegnato anche il “dopo 16 gennaio” indicando la necessità di comunicazione e confronto tra le soggettività oggi più coscienti dei pericoli di guerra e il nostro blocco sociale di riferimento. Tre assemblee popolari in piazza contro la guerra sono state messe in cantiere in alcuni territori della periferia, mentre una iniziativa pubblica centrale verrà dedicata proprio alle responsabilità italiane nel prossimo intervento militare contro la Libia. L’agenda della guerra purtroppo non manca di argomenti ed emergenze, è mancata invece troppo a lungo dall’agenda politica dell’iniziative delle forze della sinistra più coerentemente attive contro la guerra.

A Roma sabato prossimo si attendono pullman e delegazioni anche da Napoli, da Bari e dalla Toscana, mentre dal centro nord si convergerà sulla manifestazione di Milano. In Sicilia l’appuntamento è domenica 17 gennaio davanti alla base militare Usa di Sigonella. Venticinque anni di guerra possono bastare? L’assemblea di Roma, consapevole di essere ancora una minoranza, ha risposto che è ora di dire chiaro e forte basta con le guerre.

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