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Libia. Domani scade l’ultimatum. Si delinea scenario molto “rognoso”

A ventiquattro ore dalla scadenza  dell’ultimatum delle potenze della Nato al premier libico designato Fayez al Serraj affinchè presenti un governo di unità nazionale, la Farnesina si appresta ad ospitare per martedì 19 gennaio una nuova conferenza internazionale sulla crisi libica, a cui parteciperanno dirigenti politici dei Paesi giù presenti alla Conferenza di Roma per la Libia del 13 dicembre, quello che, appunto, annunciò l’ultimatum alle fazioni libiche per il 17 gennaio.

Che le prospettive in Libia siano ancora incerte e che l’intervento militare di Francia, Italia, Gran Bretagna, Usa sia più vicino, lo si desume anche dall’intervista rilasciata a La Repubblica dal nuovo inviato speciale dell’Onu per la Libia Martin Kobler. L’inviato Onu per la Siria non ha dubbi, “per fermare l’Isis si può solo combattere. Militarmente. Ma per fare questo c’è bisogno che a combattere il Daesh siano i libici, uniti e per unire i libici c’è bisogno di un accordo politico”. Ma il Governo di unità nazionale libico tanto atteso, il cui premier designato è Fayez Sarraj, non è mai decollato. Lo stesso Sarrai, qualche giorno fa ha dovuto battere in ritirata dall’aeroporto di Misurata  e tornarsene rapidamente a Tunisi perché “non era sicuro”. La Libia resta ancora divisa , con due governi rivali, uno a Tripoli creato da una coalizione di forze islamiche, e uno a Tobruk, in Cirenaica, riconosciuto e sostenuto dalla Comunità internazionale ma soprattutto pedina di Egitto e petromonarchie del Golfo.

E a far capire che aria tira, la Difesa italiana ha disposto lo schieramento di 4 aerei Amx presso la base aerea militare di Trapani Birgi. La decisione, fa sapere lo Stato Maggiore, “è maturata a seguito dei recenti sviluppi nell’area dei paesi del Nord Africa e del conseguente deterioramento delle condizioni di sicurezza”. Questa misura, comunica la Difesa, “si va ad inserire tra quelle adottate, in precedenza, dal Governo nell’area mediterranea relative all’operazione ‘Mare Sicuro’ posta in essere a tutela dei molteplici interessi nazionali e per assicurare coerenti livelli di sicurezza”.

Dentro questo scenario, per l’Italia si delinea una prospettiva piuttosto rognosa. Da un lato il Governo italiano viene accusato dai jihadisti dei Al Qaida del Maghreb di aver svolto un ruolo di primo piano nei negoziati che hanno portato all’accordo firmato a Skhirat, in Marocco, il 17 dicembre scorso sotto l’egida dell’Onu per la creazione di un governo di unità nazionale. Ma questo governo viene definito dagli jihadisti attivi in Libia come un “complotto italiano” . In un video diffuso due giorni fa, il numero due dell’organizzazione jihadistaa, Abou Oubeid Youssouf al-Anabi ha dichiarato che”Non accetteremo mai i risultati dei vostri summit, non taceremo mai il vostro complotto, l’accordo non fa l’interesse dei libici ma dell’Italia”, ha tuonato al-Anabi. La nuova conferenza di Roma sulla Libia, convocata per martedi prossima dovrà fare i conti con questa esplicita minaccia. Una minaccia tra l’altro ben dettagliata perché chiama in causa anche un generale italiano, il gen. Paolo Serra, collaboratore dell’inviato dell’Onu Martin Kobler

Dall’altro gettano sale sulle ferite le rivelazioni di un esperto strategico statunitense che, in informative inviate a Hilary Clinton, documenta come durante l’intervento militare del 2011 contro la Libia di Gheddafi, sia la Francia che la Gran Bretagna avevano operato direttamente per escludere l’Italia dagli affari con la Libia una volta rimosso Gheddafi. “Fra metà gennaio e marzo 2012 ufficiali del Dgse e del britannico Mi6 si sono attivati con leader tribali per incoraggiare la creazione di una Cirenaica semiautonoma, che possa garantire meglio gli interessi commerciali francesi” scrive in un rapporto destinato a Hillary Clinton il suo consulente Sidney Blumenthal, rivelando che l’obiettivo era di tagliare fuori l’Eni e l’Italia dai nuovi contratti petroliferi. Lo scontro interno alle varie fazioni libiche emerse dopo il colpo di stato e l’uccisione di Gheddafi, ha finora impedito la realizzazione delle ambizioni francesi. Assumono quasi un tono profetico le conclusioni di Gianandrea Gaiani sul Sole 24 Ore di due giorni fa: “Lasciare la guerra ai jihadisti in esclusiva ai nostri “alleati”, che in Libia hanno già dimostrato di non avere molto rispetto per gli interessi italiani, potrebbe rivelarsi un autogol perché una volta sconfitto l’Isis sarà più difficile per Roma sedersi al tavolo dei vincitori dove si parlerà soprattutto di affari”.

La “quarta sponda” ci attende dunque. E l’Italia torna a sentire le sirene di “Tripoli bel suol d’amor”, senza aver imparato niente dalla storia del ventennio fascista ma neanche dalla storia di questi ultimi venti anni di interventi militari occidentali in Medio Oriente e Africa. E mentre tutti si arruolano nella nuova avventura colonialista in Libia, è una fortuna che oggi a Roma e Milano ci sia gente in piazza contro la guerra e l’interventismo militare.

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