Chi pensa che Matteo Renzi non abbia portato alcuna novità nella politica italiana, a parte lo schieramento di una batteria di iene dalla faccia ggiòvane, ha molte ragioni.
Sulla vicenda delle nomine alla Rai, invece, una novità c’è sicuramente: per la prima volta nella storia il partito governo non piazza nelle caselle principali dei professionisti appartenenti all’azienda, ovviamente trascegliendoli tra i più fedeli (il democristiano Buno Vespa, la piddina Bianca Berlinguer e via incasellando).
Aveva promesso “metterò fuori i partiti dalla Rai” e l’ha fatto. Purtroppo con un peggioramento evidente: invece di uomini o donne di partito ci ha messo direttamente degli amici suoi. Così come vuol fare con i servizi segreti, dove gli piacerebbe tanto piazzare – ai vertici, ovviamente, tramite una “autorità” nuova di zecca inventata per l’occasione – il suo ex padrone di casa fiorentino (quand’era soltanto un presidente di provincia o un sindaco), quel Marco Carrai fin qui soltanto un imprenditore in “sicurezza informatica”.
Lo spaccato di mondo da cui Renzi trae come conigli dal cappello personaggi inadeguati, impresentabili, incompetenti in tutto tranne che nell’omaggiare il potente di turno, risulta per noi chiaramente inaccessibile. Vi proponiamo perciò questo velenoso quadretto riassuntivo elaborato da Dagospia, che certamente ha più terminali in quello stesso mondo, condividendone spesso salotti e abitudini. Proprio per questo, forse anche inconsapevolmente, mortale per la credibilità di Renzi e la sua corte dei miracolati. Per esempio: quella Daria Bignardi che l’altro giorno liquidava con un sorriso e una parola “sciocchezze…”) le robustissime voci sul suo tasso di renzianità.
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DAGONOTA – Evviva! Finalmente la politica è uscita dalla Rai! Ora sì che il nuovo corso renziano ha dimostrato che bisogna premiare il merito. Il grande merito di Daria Bignardi, per esempio, è quello di aver condotto solo un programma, sempre lo stesso, per 10 anni (”Le Invasioni Barbariche”) fino a portarlo a degli ascolti talmente bassi che persino La7 di Urbano Cairo ha deciso di tagliarlo. Sì, La7, quel canale che in prima serata festeggia se si raggiunge il 3% di share.
Una trasmissione peraltro rivoluzionaria, un format inedito: interviste faccia a faccia. Con a volte una birra sul tavolo. Forse sarà stata questa intuizione creativa a garantire alla Bignardi, che secondo fonti molto accreditate stava per perdere anche la sua rubrica su ”Vanity Fair”, la poltrona di direttore di Rai3.
O forse chissà, sarà stato il grande risultato di ”L’era glaciale”, il programma con cui tornò in Rai per un anno, nel 2009, e che fu cancellato alla fine della prima stagione, dopo che Dariona nostra si infuriò per la messa in onda, al suo posto, di un cartone di ”Paperino”. Essendo identico alle ”Invasioni”, non fu difficile riesumare lo stesso programma su La7 l’anno dopo. Che creatività, che guizzi!
Certo, come scriveva Alberto Dandolo su MilanoSpia, il marito Luca Sofri era stato avvistato il mese scorso “in zona Cadorna a Milano con una biondina mozzafiato”. Ora che la moglie si trasferisce a Roma, sarà più libero di pranzare con chi gli pare…
Basta cattiverie però: non è mica detto che nonostante i flop televisivi, la Bignardi abbia incassato la poltrona per i suoi legami con Renzi, che ha molte volte invitato e promosso in tv. Tanto da dire, appena Matteo è diventato segretario del Pd, di ”averlo inventato lei”: ”Mi sento un po’ come Pippo Baudo, s’intuiva il desiderio di Renzi di cambiare le cose e ce l’ha fatta”. (Su Radio24, gennaio 2014).
Dietro può esserci anche la sua amicizia con Antonio Campo Dall’Orto: fu lui a portarla a La7 quando era direttore della piccola tv.
Nelle intenzioni del direttore generale Campo Dall’Orto, le scelte delle nuove direzioni proposte ad Cda – a quanto si apprende – sono ”basate su competenza esperienza e merito, autonomia dai partiti, guidate dalla volontà di rinnovamento proprio attraverso la competenza e nel segno della valorizzazione delle risorse interne”. Si tratta anche della prima volta di una direzione di rete affidata ad una donna nella storia della Rai (in realtà sono due Dellatana a Rai2 e Bignardi a Rai3), e del più giovane direttore di rete di Rai1 (Fabiano classe 1976).
Per la ripresa de Le invasioni barbariche Daria Bignardi ha puntato sul presunto nuovo e sull’usato forse sicuro: Renzi. In passato era andata bene, soprattutto dopo le primarie perse con Bersani (una delle migliori prestazioni televisive di Renzi). Due sere fa, no: 3.82% e 830mila spettatori. La prima puntata di un anno fa, ancora con Renzi, aveva avuto 1268milioni. Una slavina, ancor più pensando alla presenza del Presidente del Consiglio. Il quale, da parte sua, non incide più come prima sugli ascolti.
Forse perché vive in tivù, forse perché gli annunci hanno stancato e forse perché la rottamazione funzionava quando lui era un outsider ma non adesso: oggi Renzi è Premier e gli italiani, più che ottimismo, gradirebbero sentir parlare di soluzioni. E’ anche così che si spiega il flop. C’è poi un altro motivo: forse molti italiani si sono stancati di queste interviste che si rivelano piuttosto dei cinguettii d’amor. Quando Renzi è in tivù, la seconda domanda è spesso un miraggio e la prima un miracolo.
La Bignardi non ha mai avuto velleità da giornalismo d’inchiesta e neanche ha mai nascosto il suo fervente renzismo: legittimo, solo che poi l’effetto melassa è inevitabile. Ogni tanto qualche domanda puntuta aiuterebbe. E invece niente, perché “è solo intrattenimento” (la tesi anche di Fazio) e perché tutto è criticabile tranne Renzi. Mercoledì Le invasioni barbariche è diventato trending topic, a conferma di come spesso Twitter porti un po’ sfiga: dopo “piazze piene urne vuote”, ormai vale anche “Twitter pieno auditel vuoto”. Tra i molti tweet, qualche plauso e tante perplessità. Rosario Pellecchia (Radio 105): “Ciao, sono una domanda della Bignardi. Sono triste. Nessuno mi capisce”. Maice: “La Bignardi stasera ha preparato ‘Le linguine alla Leopolda’”
Il marito Luca Sofri, una delle menti del programma, pare in procinto di lavorare al nascente Minculpop renziano, un settimanale in coabitazione con noti sfollatori di lettori come Rocca e Menichini (solidarietà a Renzi). Così, prima che la Bignardi azzardasse con Fedez un surreale accostamento rapper-terrorismo ed evitasse accuratamente l’argomento Renzi (di cui Fedez è oppositore), il colloquio con il Premier sembrava quello tra due vecchi amici al bar (“Sei dimagrito, porti le lenti, tua moglie è bellissima, non sei cattivo, come hai festeggiato i 40 anni. Due amanti? No. Bignardi e Renzi”: così Alessandro Usai).
Curioso, poi, come la Bignardi abbia legittimamente chiesto al deputato 5 Stelle Di Battista se lo imbarazzasse avere un padre fascista, mentre non abbia ritenuto opportuno chiedere a Renzi se lo imbarazzi avere un padre indagato per bancarotta (“Dell’intervista a Renzi mi è piaciuta soprattutto la ficcante domanda della Bignardi sul padre, come con Di Battista”: così Alessandro Menabue). Ci sta che Bignardi e marito credano che Renzi sia il Salvatore. Sono in tanti a pensarlo. Ma ci sta pure che, di queste vagonate di melassa filogovernativa, molti spettatori ne abbiano abbastanza.
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