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A Bruxelles Renzi torna europeista doc, contro i paesi dell’Est

La riunione del Consiglio europeo – il vertice dei capi di Stato o di governo dei paesi membri dell’Unione – si concluderà solo stasera e ha come problema centrale quello della Gran Bretagna, che vuole la libertà di starsene fuori dalla Ue mantenendo però il potere di condizionarne l’evoluzione. E solo per garantire a David Cameron qualche possibilità – scarsa comunque, per i sondaggi – di vincere il referendum sulla permanenza nella comunità a 28.

Ma sul tavolo dei boss girano anche altri dossier, a partire da quello dell’accoglienza dei rifugiati, tra paesi “di confine” – come Italia e Grecia – che devono fare i conti in prima persona con le persone che approdano dopo viaggi pericolosi, e altri che alzano muri fisici e legali per non avere a che fare con il problema.

Un paese sul banco degli imputati è l’Austria, che ha reintrodotto controlli alle sue frontiere, sospendendo di fatto gli accordi di Shengen (le regole comunitarie dicono che è possibile, al massimo per due anni). Insomma, al Brennero si vanno allungando le file di auto e camion…

Molto più grave è a posizione di quasi tutti i paesi dell’Est, in genere governati da partiti razzisti o parafascisti, che hanno fatto della xenofobia e del rifiuto dell’accoglienza pressoché l’unico tema della propria agenda politica. Lo sviluppo economico si è fermato anche lì, le promesse paradisiache con cui erano “finalmente” approdati al capitalismo sono irrealizzate (e irrealizzabili), quindi non resta che compattare ogni singola popolazione contro tutte le altre, dislocando le paure sui “diversi” per colore della pelle.

Un fronte apparentemente fortissimo, convintissimo, ma debole proprio sul fronte economico e per la posizione nei rapporti istituzionali europei. Questi paesi, infatti, sono beneficiari netti di fondi europei (incamerano annualmente più di quanto non versino). Ergo, sono ricattabili.

Con la solita delicatezza che lo contraddistingue ormai anche a livello continentale, è stato il contafrottole di Rignano sull’Arno a esplicitare il ricatto:

“Cari amici, basta con le prese in giro: la solidarietà non può essere solo nel prendere, ma anche nel dare. Inizia ora la fase della programmazione dei fondi 2020. O siete solidali nel dare e nel prendere, oppure smettiamo di essere solidali noi Paesi contributori. E poi vediamo”.

Parole ovviamente riferite, non registrate davanti alle telecamere, nel solco del ruolo già giocato durante il “waterboarding mentale” cui fu sottoposto Alexis Tsipras la notte dopo la vittoria del referendum contro i diktat della Troika. Là Renzi aveva giocato la parte del “poliziotto buono”, mentre Schaeuble e Merkel incarnavano con molta naturalezza quella dello sbitto “attivo”. Stavolta – a dimostrazione che non ci sono differenze reali tra i vari personaggi – avrebbe indossato lui i panni dell’ispettore Callaghan.

L’attacco agli “ingrati” dell’Est, che da un quarto di secolo campano di aiuti comunitari e concorrenza sleale verso il resto d’Europa, ma non vogliono farsi carico di nessuna condivisione (a parte chiedere che la Nato minacci militarmente la Russia), ha ovviamente trovato il plauso dei veri dominus dell’incontro, ovvero Germania e Francia.

Il ricatto sui fondi europei non è per nulla differente da quello praticato, a ogni step delle leggi di bilancio nazionali, dalla Commissione. Lì si impongono misure di politica fiscale e tagli alla spesa pubblica nazionale su capitoli di spesa indicati dalle istituzioni sovranazionali (sanità, pensioni, pubblico impiego, ecc), qui si minaccia di bloccare le erogazioni future.

Chi pensava di vedere Renzi recitare dal vivo a Bruxelles la stessa parte “euroscettica” che recita a favore delle telecamere di regime italiane potrà forse rimanere sorpreso. Ma la partita in corso è molto articolata. Renzi si è scontrato solo due giorni fa, in Parlamento, con Mario Monti, il primo dei presidenti del consiglio non eletti ma scelti direttamente dalla Troika. Monti rappresenta ancora adesso un punto di riferimento centrale per le istituzioni sovranazionali all’interno di questo paese. E le critiche rivolte al guitto di Rignano sono suonate come un avvertimento: ragazzo, o torni sul binario che ti è stato tracciato, oppure puoi cominciare a preparare le valigie… Basta non approvarti la legge di stabilità, obbligando il governo italiano a varare una manovra correttiva a maggio-giugno, sotto elezioni amministrative, e il banco salta. Come si è visto sulle “unioni civili”, del resto, la tela del governo più sfrontato degli ultimi anni si è andata sfilacciando fino all’inconsistenza.

Forse per recuperare credito europeo, dunque, Renzi si è assunto il ruolo del bastonatore – conto terzi – dei razzistelli dell’est.

Basta vedere con quanto rispetto ha accolto la decisione austriaca, teoricamente uguale a quella di Polonia, Ungheria, Cechia, ecc.

“L’Austria ha una posizione che è comprensibilmente molto difficile perché, pensate, ha più richiedenti d’asilo dell’Italia in termini assoluti ed è un paese decisamente più piccolo del nostro e meno popoloso. Quindi il tema austriaco esiste. Tuttavia non possiamo nemmeno immaginare di chiudere il Brennero che è simbolicamente, e non soltanto simbolicamente, uno dei grandi elementi di unione in Europa. Quindi si tratta di lavorare insieme”.

Sarà una coincidenza, ma anche in Austria si parla tedesco. Meglio non irritare…

 

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