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Renzi vuol tagliare le pensioni fingendo di “mettere soldi in tasca”

Un governo criminale si giudica non solo per la legislazione omicida già approvata, ma soprattutto per la bulimia di provedimenti fatali che esibisce ogni giorno.

Quello di Renzi sta battendo ogni record, ma rischia anche di vedersi “scoperto”. L’ossessiva propaganda che ci investe dagli schermi tv e dai giornali, infatti, si scontra apertamente con le condizioni di vita reali. E non c’è dunque alcun messaggio “ottimistico” che possa nascondere il peggioramento quotidiano che ognuno di noi può sperimentare.La “crescita” nonsi è vista, e le previsioni globali dicono che non si vedrà affatto. Semmai il contrario…

Dunque c’è bisogno di qualche “pensata” che possa – temporaneamente, almeno – sembrare una dimostrazione concreta di “benevolenza” per chi vive solo del proprio lavoro, magari stimolando a spendere qualcosa di più subito (per “alimentare la crescita”, ovviamente). L’effetto degli “80 euro” è finito da un pezzo – anche perché, ci segnalano molti lettori, in busta paga non si sono più visti da gennaio – e non c’è un euro da destinare alle tasche dei lavoratori. Semmai, con i tagli promessi all’Unione Europea, ci sarà da toglierne altri.

Quindi come si può fare? Attaccando le pensioni, naturalmente! Ma facendo finta di “abbassare le tasse, così si fa anche un discorso “popolare”…

Il meccanismo è stato studiato da Tommaso Nannicini, uno dei tanti bocconiani che non ci dormono la notte su come affamare la gente, e per questo nominato tra i consiglieri economici di Matteo Renzi. Si tratta di “ridurre il cuneo fiscale”, ovvero quella quota di salario e profitto che mensilmente viene stornato all’Inps sotto forma di contributi previdenziali.

L’inganno è già nel nome che viene dato alle cose: i contributi previdenziali, infatti, non sono affatto “tasse”, ma semplicemente “salario differito”. Ossia una quota dello stipendio che viene accantonata per riceverla poi – tassata, questa volta sì – sotto forma di assegno pensionistico.

La proposta di Nannicini è insomma una truffa, vecchia come il cucco, per di più concepita nel solito modo differenziante: tagliare di sei punti percentuali i contributi (tre dal lato del lavoratore, tre da quello dell’azienda) per tutti i nuovi assunti. E per sempre.

Cosa avviene, in questo modo? Per le casse dello Stato non cambia assolutamente nulla (e infatti viene descritta come una “operazione a costo zero”), mentre per quelle dell’Inps si apre una voragine strutturale crescente nel tempo, tale da mettere in forse l’erogazione delle pensioni future.

Per le aziende si tratta di un risparmio secco, un 3% di profitti in più che verranno trattenuti.

Per i lavoratori, analogamente, c’è la possibilità di avere in busta paga qualche spicciolo in più (su uno stipendio di 1.200 euro mensili, circa 36 euro). Ma naturalmente questo significa rinunciare a una quota di pensione futura, perché – contrariamente a quanto fatto in altri casi similari – il governo Renzi non prevede di compensare l’Inps per il mancato introito. Quindi questi “soldi in più in busta paga” saranno sicuramente soldi in meno al momento della pensione (peraltro già in drastica riduzione per le generazioni future).

La botta rischia di essere così rilevante, sul trattamento pensionistico individuale, che l’”ipotesi Nannicini” prevede che il singolo lavoratore possa scegliere di non ricevere quei soldi in busta paga, destinandoli invece… alla previdenza integrativa. Ossia ai fondi pensione privati. Un modo di affossare l’Inps facendo guadagnare la finanza che si occupa di fondi…

Non è finita. Anche questa scelta avverrebbe con perdita, perché lo stesso governo Renzi, qualche mese fa, ha provveduto ad aumentare la tassazione (vera, anche questa!) sui contributi versati ai fondi pensione: dall’11,5 al 20%.

Una tripla fregatura, insomma, per cui qualsiasi cosa tu decida di fare, ci rimetti. Subito oppure dopo, ma ci rimetti.

Ultima osservazione, ma decisamente rilevante. Questo “trattamento di favore” a scapito dei nuovi assunti verrebbe a creare – come avviene dall’epoca della “riforma Dini” e del “pacchetto Treu” – un doppio regime pensionistico. Uno per i “vecchi assunti” e un’altro, peggiore, per i “nuovi”. Possiamo scommettere sulla data di inizio della campagna mediatica contro i “privilegiati” che manterrebbero l’attuale sistema, sottolineando la “disparità di trattamento” e l’”ingiustizia”. Campagna ossessiva, come quella che ha poi portato all’abolizione dell’art. 18 per tutti (visto che i precari creati dal “pacchetto Treu” e dalla “legge 30” non avevano alcuna protezione dal licenziamento senza giusta causa), fin quando non sarà finalmente ristabilita “l’equità”, togliendo anche ai vecchi assunti ciò che si prevede di non dare più ai nuovi.

Strano che il presidente dell’Inps, Tito Boeri, così prodigo di suggerimenti anche non richiesti, non abbia ancora detto nulla su questa “idea” che rischia di svuotare le casse dell’istituto da lui diretto.

Non strano, invece, che il governo Renzi prepari altri provvedimenti criminali che permettano di realizzare il programma “dovete morire”.

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