E’ stato approvato, in via preliminare, dal Consiglio dei Ministri il Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale, decreto legislativo attuativo dell’art. 19 della L. 124/2015 (Legge Madia). Il decreto, ora all’esame del Consiglio di Stato e della Conferenza Stato-Regioni, verrà approvato in via definitiva entro la fine del mese di giugno.
Il Testo unico è un vero e proprio manifesto liberista, la cui finalità è quella di promuovere “la concorrenza, la libertà di stabilimento e la libertà di prestazione di servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione dei servizi pubblici locali di interesse economico generale”.
Si tratta di un provvedimento che, cinque anni dopo la straordinaria vittoria referendaria sull’acqua e i beni comuni, vuole imporre la privatizzazione di tutti i servizi a rete, dall’acqua all’energia, dai rifiuti al trasporto pubblico locale, espropriando gli enti locali e le comunità territoriali di ogni facoltà nel determinare l’articolazione territoriale dei servizi e le politiche tariffarie.
E perché sia chiaro a tutti come l’anomalia referendaria vada definitivamente consegnata agli archivi, il decreto reintroduce nella composizione della tariffa l’ “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, ovvero i profitti garantiti, nell’esatta dicitura che 26 milioni di cittadini hanno democraticamente abrogato.
Obiettivi dichiarati di questa legge sono la riduzione allo stretto necessario del ruolo del pubblico nella gestione dei servizi e l’incentivazione dei ruolo del privato negli stessi. Invece di interpretare tutta la vasta area dei servizi collettivi come una occasione per lanciare un Piano straordinario per il lavoro, con il quale dare un colpo serio alla disoccupazione e rimettere in moto l’intero sistema economico, si procede con la riduzione progressiva dei servizi ed il passaggio alla logica del mercato.
Con l’alibi della crisi e la trappola artificialmente costruita del debito pubblico, si cerca di portare a termine la spoliazione delle comunità locali, mercificando i beni comuni, privatizzando i servizi pubblici e attaccando i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, con il corollario della perdita di migliaia di posti di lavoro.
Il decreto Madia prova a chiudere il cerchio aperto dalla straordinaria vittoria referendaria del giugno 2011, attaccando esplicitamente la stessa nozione di servizio pubblico locale e prefigurando l’intervento del pubblico come di supporto al mercato. Nella stessa direzione va l’azione parlamentare del PD e della maggioranza sulla legge d’iniziativa popolare promossa nel 2007 dal movimento per l’acqua, avendone stravolto l’impianto generale e i principi, a partire dalla soppressione dell’articolo 6 che disciplinava i processi di ripubblicizzazione.
Forte di quanto ottenuto con gli attacchi ai diritti del lavoro (Jobs Act), alla scuola pubblica (“Buona Scuola”), alla difesa dell’ambiente e dei territori (“Sblocca Italia”), il governo Renzi, rispondendo a precisi interessi delle grandi lobby finanziarie, tenta l’assalto ai servizi pubblici locali.
L’insieme dei provvedimenti che stiamo subendo corrisponde pertanto alla messa in vendita dell’intero Paese ed alla contemporanea riduzione dello spettro dei diritti civili e sociali. Fermare questo attacco non è una sfida che può raccogliere un solo movimento o una sola organizzazione.
L’ennesima drammatica partita è appena cominciata. A tutte le donne e gli uomini che da anni si battono per l’acqua, per i beni comuni, per i servizi pubblici e per un altro modello sociale il compito di giocarla fino in fondo.
Per questo proponiamo di avviare una grande campagna per il ritiro immediato del decreto Madia, promuovendo assemblee e iniziative in tutti i territori in difesa dei beni comuni, dei servizi pubblici e della gestione partecipativa delle comunità locali.
Non dobbiamo permettere a Madia/Renzi ciò che abbiamo impedito a Ronchi/Berlusconi.
Unione Sindacale di Base
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