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“Lei vuole insegnare? Meglio che non faccia figli…”

Privatizzare la scuola pubblica, cominciando intanto con lo stile di gestione. È questo il succo vero della “buona scuola” di Renzi e Giannini. Un sintomo chiaro si era visto già ai tempi delle “riforme” precedenti, che avevano assegnato ai presidi il ruolo di “manager”, anziché quello storico di coordinatori dell'offerta didattica e risoluzione dei mille problemi ordinari che si creano all'interno di un qualsiasi istituto scolastico.

Ma in questi giorni d'estate, tra trasferimenti algoritmici (schizofrenici, spesso) e “chiamate dirette”, se ne può ammirare il dispiegamento operativo.

Persino Cisl e Uil Scuola della regione Marche sono state costrette – a dispetto della storica “complicità delle rispettive confederazioni con i governi in carica – a denunciare pratiche davvero inusuali per la scuola pubblica, anche se comunissime nella giungla del lavoro “privato” (come oggi disegnato dalle varie riforme del mercato del lavoro, con la cicliegina sulla torta del Jobs Act).

Secondo alcune testimonianze di giovani insegnanti, convocate dai dirigenti scolastici per la procedura di chiamata diretta, il colloquio si sarebbe svolto all'insegna di domande sui figli piccoli, sulla volontà di prendere un’aspettativa in caso di gravidanza o sulla richiesta di assegnazione per avvicinarsi a casa.

Nessun interesse o quasi per quello che sai fare, per come intendi farlo, per le competenze… insomma per il tanto nominato merito. Solo informazioni relative alla possibilità che la docente – donna, giovane, distante da casa, ecc – possa assentarsi per ragioni familiari. Che non sono ovviamente – ancora – sanzionabili, ma che certo questi dirigenti-manager considerano “handicap” impliciti (ma non dichiarabili) per l'assunzione o meno dell'insegnante nei ruoli dell'istituto.

Così stanno le cose. Ma che scuola è quella dove la possibile gravidanza di una insegnante, o l'età dei figli, è ragione sufficiente ad escluderla? Esattamente come nei supermercati o negli uffici privati, come nelle fabbriche o nei call center, è una scuola privatizzata nella logica, nelle priorità, nelle struttura organizzativa. In attesa di esserlo anche sul piano didattico e formativo, abolendo – alla anglosassone – ogni nozione che non sia utilizzabile pronta beva nella produzione. E figuriamoci cosa potrà restare dei concetti…


 

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