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L’Istat cancella il photoshop di Renzi e Padoan

Ora sappiamo perché Renzi ha fatto 30 slide per magnificare gli inesitenti risultati economici del suo governo. Era per fare pressione sull'Istat, che si preparava a scattare la sua fotografia sulla congiuntura economica. Quello di Renzi era una sorta di fotoshop economico, che ritoccava dati non proprio belli per renderli più presentabili. 

Con continue dichiarazioni, in questi giorni il presidente del consiglio e il suo ministro dell'economia hanno fatto capire ai dirigenti dell'Istat che si attendevano una collaborazione nell'abbellimento. Ma ci sono dei limiti a tutto e l'istituto di statistica non ha potuto cancellare il dato di fondo della realtà: l'economia italiana si è fermata, nel secondo trimestre del 2016 la crescita è zero su zero, la ripresa non c'è.

Noi non siamo tra i fanatici del PIL, non ci piace chi si mette a conteggiare i danni del terremoto per vedere quanto PIL in più ci si possa ricavare. Lo stesso concetto di ripresa è fuorviante, visto che siamo comunque sotto del 20% alla produzione pre crisi. I numerini che in Italia, e nella Unione Europea, si manovrano per far vedere che l'economia va meglio sono tutti un gigantesco imbroglio, che serve a perpeture le politiche liberiste e i loro milioni di disoccupati permanenti.

Con politiche economiche mirate alla piena occupazione, allo stato sociale, alla formazione, alla salvaguardia e al risanamento dell'ambiente e del terrotorio, tutta questa telenovela del PIL perderebbe di senso, sarebbe un dato tra tanti altri. Ma per arrivare ad un'altra politica economica bisogna rompere coi meccanismi ed i vincoli della globalizzazione liberista in generale e con quelli della UE e dell'euro nella nostra specifica situazione. Ovviamente tutto questo è agli antipodi di ciò che rappresenta e fa il governo Renzi. Che cosi è costretto a penosi e arroganti maneggi sui numeri, per far vedere come le cose stiano andando bene, quando non è vero.

L'Istat ora sgonfia anche questa bolla di propaganda. Se nel secondo trimestre 2016 la crescita è zero, vuol dire che stiamo andando in stagnazione o forse recessione, come dimostra anche la caduta di posti di lavoro a luglio. Cercando poi di aiutare il governo, l'ISTAT fa sapere che la crescita anno su anno è stata dello 0,8 , correggendo così con operazioni contabili la propria stima peggiore precedente.

Però l'istituto non può nascondere che la crescita del 2016 si fermi allo 0,6%. E con questo andamento economico è molto molto difficile che che essa possa toccare quell'1% annunciato da Renzi, che poi è già sotto l'1,2 ufficialmente preventivato nel documento contabile del governo, il DEF.

La crescita reale è dunque la metà di quella preventivata e potrebbe anche andare peggio. Tra parentesi è per questo che Renzi non fissa la data per il referendum: sta disperatamente cercando di far quadrare conti che non tornano e che potrebbero cascargli addosso. Lo smascheramento del fotoshop economico segna un altro colpo all'immagine e al disegno politico di Renzi. E bisogna fare il possibile per cacciare un governo che continua ad esaltare la vergogna del Jobsact, nonostante tutti i danni, oramai documentati, che quella legge ha fatto al lavoro e alla stessa economia. Non dimentichiamo però che il fallimento non è solo di Renzi, ma delle politiche economiche liberiste e della classe dirigente che con esse comanda e si arricchisce.

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