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Napoli, la ristrutturazione delle Aziende Partecipate

All’indomani dell’approvazione in Consiglio Comunale di una delibera che salva 314 lavoratrici e lavoratori della società Napoli Sociale abbiamo incontrato Rosario Marra – un compagno che segue le vicende politiche e sindacali afferenti al Comune di Napoli ed alla Città Metropolitana – rivolgendogli alcune domande sulla valenza politica di questa vertenza sindacale la quale per il contesto in cui è maturata e per le conseguenze materiali e politiche a cui ha alluso rappresenta un significativo passaggio, anche formale, dello scontro tra le esigenze dei lavoratori e la loro dialettica con le politiche di austerity, le possibili resistenze anche di carattere istituzionale e la generale lotta contro le privatizzazione dei servizi pubblici.

 

DOMANDA: Ieri sera, dopo 10 ore di Consiglio Comunale, è stata approvata la delibera che salva l’occupazione di 314 dipendenti della Società Partecipata “Napoli Sociale” trasferendoli nella più grande azienda, sempre di proprietà comunale, “Napoli Servizi”. Tale delibera è stata osteggiata non solo dai rappresentanti del PD e pure dall’unico consigliere pentastellato ma anche dagli organi di controllo contabili della macchina comunale. Come inquadri questo deliberato, qualcuno la definisce “delibera disobbediente”, che – oggettivamente – si configura come un altro colpo da parte dell’Amministrazione Comunale napoletana contro le politiche di austerità e di tagli sociali che dappertutto sono un dogma imperante?

RISPOSTA: Penso che il giudizio da dare non possa che essere prevalentemente positivo. Si tratta di una delibera che, come è stato ricordato anche nel dibattito consiliare, è di applicazione della Costituzione dove s’è giustamente anteposto il diritto degli alunni disabili ad avere l’assistentato materiale alle logiche dell’austerity e alla relativa rigidità di bilancio mettendo in discussione anche la distinzione tra servizi indispensabili e non che la vigente normativa fa esclusivamente con l’ottica di giustificare tagli e ridimensionamenti delle politiche sociali. Naturalmente non si può “dormire sugli allori” perché la coperta resta corta.


D.: Le difficoltà economiche che sta attraversando la città partenopea, e di converso l’intera area metropolitana considerando che ormai è operante la dimensione politico-amministrativa della Città Metropolitana, sono da imputare non solo al complesso delle politiche economiche e sociali del Governo Renzi ed alla nefasta influenza dei dettami dell’Unione Europea ma anche all’azione del Presidente della Regione, Vincenzo De Luca, il quale utilizza il rubinetto dei fondi regionali con modalità discrezionali e preparando, di fatto, il terreno a nuovi scenari di dismissione e di privatizzazione del complesso dei servizi a rete. Come ritieni, dal tuo punto di osservazione, possa essere aggredito questo delicato e complesso snodo? Che valutazione dai dell’atteggiamento fino ad ora interpretato dall’Amministrazione comunale napoletana e dal Sindaco Metropolitano?

R.: Qui si tocca un punto che è strettamente connesso con le responsabilità che devono prendersi Movimenti di lotta, Sindacalismo conflittuale e Sinistra d’alternativa perché anche un’ Amministrazione ribelle ha i suoi limiti mentre spetta alla mobilitazione sociale e politica individuare nella sua autonomia obiettivi e proposte per aggredire quello che tu definisci un “delicato e complesso snodo”, non a caso anche nel dibattito consiliare c’è stato chi ha giustamente parlato della presenza di un ”convitato di pietra” riferendosi proprio alla Regione Campania che, ad esempio, per le politiche sociali ritarda un trasferimento di 12 milioni di Euro che sicuramente potrebbe alleggerire la grave situazione finanziaria delle casse comunali.

La Campania, a differenza di altre Regioni, ha fatto una legge di riordino delle funzioni degli Enti Locali in seguito alla “Del Rio” molto centralistica avocando a sé varie funzioni delle vecchie Province e sminuendo il ruolo della Città Metropolitana dove, tra l’altro, c’è una composizione politica del Consiglio diversa da quella esistente al Comune in cui il ruolo del PD è decisamente minoritario.

Rispetto alla Regione scontiamo – complessivamente – un deficit di mobilitazione che, ad esempio, vede il blocco di una proposta di legge regionale d’iniziativa popolare sul reddito minimo garantito nei cassetti del Consiglio Regionale.

Sul versante istituzionale, invece, occorrerebbe che il maggior Comune campano avesse un ruolo più attivo nell’opposizione al citato centralismo regionale. Solo per restare al tema delle politiche sociali, nell’assetto scaturente dalla nuova consiliatura metropolitana occorrerebbe che si prevedesse anche il delegato del Sindaco Metropolitano alle politiche sociali, figura esistente in altre Città Metropolitane ma dalle nostre parti ancora mancante.

 

D.: La Città Metropolitana, non solo come entità amministrativa, ma come enorme contenitore di forza/lavoro e di diversificate contraddizioni economiche e sociali è – di fatto – lo spazio in cui siamo costretti ad agire politicamente, sindacalmente e socialmente. Quali campagne politiche, quali mobilitazioni, quali forme organizzative ritieni sia possibile sperimentare considerando che, almeno nel napoletano, non si parte da zero anche grazie all’ esistenza di una discreta effervescenza sociale su alcune significative vertenze?

R.: Penso che l’obiettivo più urgente per la Città Metropolitana, sia quello di non assistere più all’assurdo che, in una situazione di vera e propria emergenza sociale come quella esistente nell’area napoletana, non si possa spendere un avanzo d’ amministrazione di circa 470 milioni di Euro per i vincoli derivanti dal famigerato Patto di Stabilità.

Insomma occorre portare la pratica della disobbedienza e della ribellione anche verso questo Ente. Basti pensare che con l’impiego di una parte dell’avanzo disponibile (non vincolato) si potrebbe puntare alla riorganizzazione dei servizi su scala metropolitana dando maggiori certezze anche agli utenti e ai lavoratori dei servizi sociali.

In altri termini anche la difficile situazione napoletana dimostra che, in realtà, I SOLDI CI SONO e che la vera rottura delle “regole” europee può avvenire soltanto costruendo più favorevoli rapporti di forza nella società su specifici e concreti obiettivi e non certo affidandosi alle schermaglie, tra l’altro dal forte contenuto demagogico, pre-referendarie tra Renzi e la Commissione UE.

Sarebbe importante che per portare avanti sia l’obiettivo dello sblocco dell’avanzo che la riorganizzazione su scala metropolitana dei servizi, in alternativa ai piani di razionalizzazione dei Decreti Madia, si costruisse dal basso un’ ASSEMBLEA METROPOLITANA DI MOVIMENTO che elaborasse un piattaforma di mobilitazione unificante delle varie vertenze territoriali.

Ciò potrebbe contribuire ad evitare la situazione di sostanziale blocco dell’ Ente metropolitano verificatosi nella passata consiliatura a causa soprattutto di un atteggiamento sostanzialmente ostruzionistico del PD manifestatosi sin dall’inizio già nella stesura dello statuto.

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