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La “macchina del fango” lavora h24…

E' proprio vero quel che scrive Giuseppe Aragno, nell'intervento che stamattina abbiamo ripreso dal suo blog:

E’ sotto gli occhi di tutti ormai: il tiro a segno sull’Amministrazione romana non conosce soste. Fin qui, nulla di nuovo sotto il sole. Il caso Marino dovrebbe averci insegnato qualcosa e non mi importa nulla se in tanti gongolano soddisfatti: chi di spada ferisce, di spada perisce… Non m’importa, perché, parliamoci chiaro, qui non stanno infilzando solo i grillini. Stanno praticando in maniera modernissima il metodo squadrista e ogni giorno è una purga. Fissato il principio e collaudata la medicina, prima o poi la manganellata toccherà a chiunque si azzardi a mettersi di traverso. Mi pare di sentire la replica auto-tranquillizzante: Ma dai! E che sono la Raggio io? Ok, non sei la Raggi, ma un eccesso di sicurezza potrebbe costarci caro.

Non è per nulla difficile vedere in trasparenza quel che si agita nelle redazioni dei giornali mainstream, filogovernativi per professione (Corriere della Sera) o per scelta partitica (La Repubblica, gruppo L'Espresso, proprietà di Carlo De Benedetti, tessera numero 1 del Partito Democratico, almeno fino a qualche tempo fa…).

Basta guardare le prime pagine e il numero di articoli che viene dedicato alla giunta pentastellata di Roma, al livello dei suoi guai e dei reati contestati o ipotizzati, e fare un confronto con il trattamento nobiliare riservato – ad esempio – al sindaco piddino di Milano, Giuseppe Sala.

Ci sembra inutile premettere anche noi che “il movimento di Grillo non è in cima ai nostri sogni”, perché basterebbe il lungo elenco di articoli pubblicati a chiarire cosa pensiamo (due per tutti: qui e qui), oltre alla nostra conclamata identità politica.

C'è una “macchina del fango” – la stessa, fin nei nomi degli articolisti – che aveva martoriato un sindaco altrettanto “lunare” come Ignazio Marino. E' puntata sulla giunta Raggi ad un'unico scopo: stoppare la crescita di consensi agli “antisistema”, ai “fuori dai giochi” E il lavoro ai fianchi sta dando qualche risultato, se dobbiamo dar retta ai sondaggi Demos – pubblicati stamattina, e sempre su Repubblica, quindi altamente sospetti – relativi alle intenzioni di voto ai partiti. Il M5S è dato in calo dell'1,5% a causa degli impicci capitolini, mentre il Pd sembrerebbe aver passato indenne la batosta del referendum di appena due settimane fa.

La “macchina del fango” picchia con sistematicità e professionalità. Sempre Repubblica – un ex giornale, ormai – ha già allargato il bersaglio, mettendo nel mirino “Colomban, "furbetto" con i fondi Ue per l'area di Manfredonia”. L'assessore veneto, un imprenditore voluto da Casaleggio e Grillo, incaricato di mettere il naso e forse anche ordine nelle aziende partecipate dal Comune di Roma, a cominciare dall'Atac (trasporto urbano), viene citato per un tentativo fallito di investimento in Puglia, da effettuare chiedendo di godere di finanziamenti europei che non gli sarebbero spettati.

Com'è noto, non abbiamo proprio nessun affetto per gli imprenditori italiani, che in genere classifichiamo come “prenditori” (zero rischi di impresa, solo soldi facili tramite rapporti politici…). E anche la scelta di Colomban come assessore era stata accolta malamente sia da noi che dai movimenti romani (vedi qui).

Però non possiamo non notare due cose; a) quell'investimento non è andato in porto, quindi la “furbata” è stata certamente pensata, ma non realizzata (è insomma un'indicazione sulla statura morale del personaggio, non un reato); b) i fatti risalgono a… diciassette anni fa. Roba da prescrizione per reati ben più gravi.

Stamattina, Il Fatto Quotidiano, aveva intervistato l'altro pilastro del “raggio magico”, quel Daniele Frongia rimasto comunque tenacemente abbarbicato alla giunta grazie all'assessorato allo sport (certamente meno importante del ruolo di vicesindaco, ma insomma…). E – tra molte autodifese assai poco credibili – riferisce qualche dettaglio che la dice lunga su quanto viene fatto girare per le redazioni in questi giorni:

Cosa c'è negli omissis delle intercettazioni per l'inchiesta su Marra?

So che raccontano di una relazione tra lui e la sindaca, ma è solo fango. È la terza o la quarta relazione che le viene attribuita in questo mesi; e su questo c'è molto maschilismo.

È il tocco finale che ancora non sale alla ribalta delle prime pagine, ma viene fatto fermentare nel chiacchiericcio tra “colleghi”. In fondo, siamo tutti uguali, no? Un favoritismo qua, una relazione là, una strizzata d'occhio su…

La “macchina” sa dove colpire per far salivare il pubblico guardone, ammiccando senza dire, buttando lì quintalate di sussurri che alla fine – come teorizzava Goebbels (non proprio un esempio di democraticità, diciamo…) – qualcosa di sporco lo producono lo stesso.

Il Movimento 5 Stelle è fragile, come notano tutti. Non solo nell'organizzazione – originariamente “aperta” a chiunque fosse incensurato e senza una storia politica nota – ma soprattutto nell'identità. Nessuno sa bene quali siano i fondamenti ideali e programmatici dei pentastellati, a parte “onestà e legalità”. Aria fritta, diciamolo pure. Cosa c'è di più semplice – per un sistema corrotto e corruttore – che far spirare il “venticello sottile” attraverso i condotti fognari dell'informazione italiana? Alla fin fine, se nessuno è davvero onesto e nessuno può o sa rispettare la legalità, perché affidarsi a degli incompetenti? Tanto vale tornare a dare fiducia alla “casta”.

Impossibile? È quello che prova a fare, oggi, La Stampa, casualmente organo di casa Fiat/Fca, Agnelli e Marchionne uniti nella lotta per mantenere il governo in mano agli omini di sempre (vedi qui). Non senza una verniciatura di “pensiero nobile”, incensando un reazionario aristocratico come Ortega y Gasset, teorico delle élites che debbono solo “ammansire” il popolo, non dargli voce o ascolto.

Non è un trattamento “esclusivo” riservato ai Cinque Stelle. È il regime bellezza. Chiunque non venga direttamente scelto come “casta”, verrà manganellato a dovere dai “liberi informatori” a libro paga dei veri padroni della politichetta italica.

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