Un periodaccio, per Matteo Renzi… Denis Verdini è stato condannato oggi a nove anni di reclusione. Questa la pena in primo grado decisa dal collegio del tribunale di Firenze presieduto dal giudice Mario Profeta al processo per il crac del Credito Cooperativo Fiorentino. I pubblici ministeri Luca Turco e Giuseppina Mione avevano chiesto 11 anni.
Ad integrazione della condanna, anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, il che mette apertamente in discussione la sua carica di senatore dell Repubblica. I nove anni risultano dalla somma di due diversi reati: 7 per il crac del Credito cooperativo fiorentino e 2 per truffa ai danni dello Stato per i fondi dell'editoria.
Non male per un “costituente” che aveva messo la sua esperienza al servizio della riforma costituzionale firmata Renzi e Boschi…
Ma la condanna è un vero problema per il “giglio magico” che fin qui aveva supportato in ogni passaggio il contafrottole di Rignano sull’Arno. I due anni per “ truffa ai danni dello Stato per i fondi dell'editoria” sono infatti relativi alla gestione del Giornale di Toscana, che riceveva fondi destinati ai giornali di partito o gestiti da cooperative di giornalisti pur non avendo i requisiti indispensabili. Il Giornale in questione era in realtà di proprietà di Verdini.
E che c’entra questo con Renzi? Purtroppo per lui c’entra, perché il Giornale di Toscana veniva distribuito da una società – la Chil Post – che aveva per titolare Tiziano Renzi, padre del futuro premier quando ancora la giovane promessa della politica italiana era soltanto un dipendente della stessa società. Anzi, ci fu qualche polemica quando – due settimane prima di diventare presidente della Provincia di Firenze, candidato sicuro appoggiato da Pd e cattolici – venne assunto con la qualifica di “dirigente”. Un escamotage che scaricava sullo Stato la spesa per i contributi previdenziali del giovane figlio fortunato.
Insomma, abbastanza per dire che la fulminea carriera di Matteo sia stata in qualche modo auspicata, suggerita, consigliata, dal duo Tiziano-Verdini, che sicuramente il giovane conosceva bene.
E’ nota anche l’importanza del gruppo parlamentare Ala per garantire i voti necessari a tenere in piedi il governo sempre a rischio guidato da Matteo, Ora i giochi sono diventati più complicati. Sembra scontata una richiesta di destituzione di Verdini dalla carica di senatore, anche se i tempi della legislatura sembrano abbastanza stretti per arrivare a un voto che metterebbe in fortissimo imbarazzo il governo e il Pd.
Di certo, se mai fosse stato vero che “il futuro a volte torna”, non sembra questa la volta buona…
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Manlio Padovan
Ma in galera mai ci vanno! A disposizione del popolo perché li prenda a calci nel culo, mai! E intanto hanno fatto i soldi…e le conoscenze nuove.