Nella notte tra sabato 11 e domenica 12 marzo, a conclusione di una cena sociale a sostegno della prossima Carovana antifascista nel Donbass e delle Repubbliche popolari di Lugansk e Donetsk, tenutasi nella sede del collettivo S’idea Libera di Sassari, alcuni militanti sono stati brutalmente aggrediti da un gruppo di individui armati di cinghie e di spranghe, alcuni dei quali a volto coperto, altri ben riconoscibili.
Che si sia trattato di un’intimidazione di stampo fascista è cosa evidente: il collettivo politico S’idea Libera di Sassari è, da molti anni, attivo sul territorio con iniziative sociali e di aggregazione, un vero “nemico interno” per chi ha interesse a smobilitare le masse popolari, a negarne i bisogni sociali e, nel caso del popolo sardo, a respingerne le spinte indipendentistiche. Così, secondo la “migliore” tradizione della violenza organizzata fascista di mussoliniana memoria, quella che “spacca i crani”, nel tentativo di fare un’incursione nello spazio sociale, gli squadristi hanno aggredito i pochi militanti ancora presenti. Fortunatamente molti partecipanti, bambini compresi, avevano da poco lasciato la sede del collettivo. Nonostante la velocità dell’azione squadrista e le ferite riportate (due dei tre feriti sono stati costretti a ricorrere alle cure ospedaliere), i militanti, colti di sorpresa, hanno reagito costringendo gli aggressori alla fuga. La reazione della comunità sarda antifascista non si è fatta attendere. La mattina seguente, il collettivo S’Idea Libera, con un comunicato, dichiarava:
“Per prima cosa vogliamo sottolineare che sabato notte non sono stati attaccati solo i militanti del collettivo, ma tutte le persone che sabato sera, come tante altre volte, frequentano le nostre iniziative; sabato notte sono state attaccate sia le attività politiche sia la socialità che quotidianamente si svolge all’interno dello spazio sociale, coinvolgendo bambini e persone del quartiere. Sabato notte è stato attaccato un modo di essere, di vivere, di pensare e di agire che va ben al dì là dello spazio sociale e delle attività del collettivo.
Gli antifascisti sardi, giunti tempestivamente da tutta l’isola, si sono ritrovati nella piazza del rione di Sant’Apollinare con uno striscione che rappresentava un inequivocabile e incontrovertibile j’accuse: “Casapound=violenza fascista”.
Nonostante il patetico tentativo di negare le proprie responsabilità da parte della sezione di Casa Pound di Sassari, i militanti antifascisti affermano che gli aggressori afferiscono proprio all’area dell’organizzazione succitata. Nello specifico si tratta di componenti della sezione sassarese di Casa Pound, ma è stato riconosciuto anche un fascista di Cagliari.
D’altronde la “perdita della bardatura” di alcuni aggressori ne ha consentito l’identificazione. Durante la colluttazione, infatti, uno di loro ha perso un cappello con una runa, simbolo utilizzato da alcuni reparti delle SS naziste. Tante altre sono le coincidenze che inducono gli antifascisti sardi a individuare in modo inequivocabile le responsabilità. Gli stessi collegano quanto accaduto con una concomitante iniziativa, organizzata da Casa Pound ad Alghero, che aveva fatto accorrere molti militanti fascisti. Solo poche ore prima della cena, vari adesivi di CP Sassari, “Difendi Cagliari” e “Cagliari fascist crew” erano stati disseminati in modo capillare intorno alla sede e affissi sulla cassetta della posta e sulla bacheca esterna dello spazio sociale.
Ancora una volta si rivela la natura finta, mistificatrice e nondimeno ossimorica dell’espressione “buon fascista”, come se potesse davvero esistere un buon fascista. Nonostante i tentativi di camuffamento, Casa Pound, in questi anni ha seguito la tradizione della politica del “doppio binario”, imboccando da un lato la via “istituzionale”, quella dei banchetti, delle pratiche assistenzialistiche e del volontariato e cavalcando l’onda della crisi e della precarietà, dall’altro quella delle intimidazioni. E’ sufficiente fare una mappatura dei casi di violenza, tra militanti e simpatizzanti di Casa Pound, per capire quale sia la vera natura di questa organizzazione, nonostante l’incontrastato diritto, illegittimamente acquisito, all’agibilità politica. Casa Pound, con una voluta azione mistificatrice (vedi l’indiscriminato accostamento di simboli e sistemi di idee, da Tolkien a Guevara a Nietzsche, solo per fare qualche esempio) costituisce in realtà, il più fecondo terreno di coltura del pensiero xenofobo e razzista, e delle consequenziali proposte di politiche securitarie e di modelli autoritari di stato. Il conclamato connubio tra i seguaci Casa Pound e quelli di Salvini, ne costituisce il corollario naturale e al tempo stesso il viatico per lo sdoganamento definitivo del fascismo.
L’unica risposta possibile è l’antifascismo di classe.
Per disinnescare il fascismo oggi non è sufficiente contrapporre, secondo una logica borghese, campi opposti, fascismo e antifascismo, quest’ultimo abilmente scarnificato, deprivato di contenuti di classe, ridotto a categoria etica e, spesso, a semplice “rigurgito” o a fattore di natura puramente celebrativa. E’ necessario sottrarre ai fascisti i temi abusivamente colonizzati, in modo esclusivamente strumentale (anticapitalismo, welfare, lavoro, diritto alla casa …), riaffermando fortemente, nel paradigma antifascista, la discriminante di classe. Solo così i vari Farinacci di turno potranno essere smascherati, disarmati e riconosciuti per quello che sono: il braccio armato del capitale.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa