Il casting non si era mai fermato. Anche nel momento di massima gloria, infatti, Matteo Renzi appariva comunque un po’ troppo rozzo, bugiardo e narcisista per poter ricoprire a lungo il ruolo di “centro di gravità permanente” della politica italiana. Troppo frenetico nel cercare i titoli di giornale, troppo condiscendente verso I “populismi” di destra, che cercava di delimitare assumendone gli atteggiamenti – e solo quelli – “anti-burocrazie europee”.
Ora Confindustria – dunque il terminale casalingo degli imperscutabili “mercati” – sembra aver individuato il successore: è Carlo Calenda, manager con una lunga carriera nella stessa Confindustria, poi ambasciatore presso l’Unione Europea e richiamato di corsa in Italia per assumere la carica di ministro dello Sviluppo dopo le dimissioni forzate di Maurizio Lupi per una storia di Rolex.
La benedizione formale è avvenuta ieri, durante l’assemblea degli imprenditori riuniti per ascoltare la Relazione annuale elaborata dal loro presidente, Vincenzo Boccia. Una relazione prudente, che stilava il solito elenco di richieste al governo in carica (decontribuzione totale per i primi tre anni per tutti I neoassunti, investimenti pubblici, detassazione dei premi di risultato, riduzione del costo dell’energia, riduzione del debito pubblico, ecc), pur ringraziando per quanto fin qui ottenuto (Jobs Act, incentivi per Industria 4.0, tagli di alcune tasse, ecc). Ma che conteneva anche una precisa indicazione a proposito della legge elettorale considerata “migliore”: niente proporzionale, sì al maggioritario. Naturalmente per garantire la mitica stabilità.
Il ministro si è invece lanciato in una critica feroce del “renzismo” (per quanto riguarda l’altalenante rapporto con l’Unione Europea) e soprattutto delle attuali fregole renziane (elezioni anticipate per tornare il prima possibile a Palazzo Chigi, trustando con Berlusconi): arrivare alle elezioni “in tempi giusti, evitando l’esercizio provvisorio, dopo aver completato la ricapitalizzazione delle banche in difficoltà e con una legge elettorale che dia, non diciamo certezza, ma la ragionevole probabilità della formazione di un Governo riducendo la frammentazione del sistema politico“. Vasto programma… Fosse per lui, insomma, si potrebbero rinviare ben al di là della scadenza naturale febbraio 2018.
Insomma, Calenda si prepara a fare il “Macron italiano”. Ossia il premier “europeista senza se e senza ma”, con un programma di austerità lacrime e sangue (vedi l’allarme lanciato da Mario Draghi sulla sostenibilità dei debiti pubblici quando inizierà il rialzo dei tassi di interesse) e una serie di “riforme strutturali” in grado di stravolgere quel che resta dell’antico “patto sociale”.
Serve tempo, sia a lui che ai suoi sponsor, perché non può sperare di duplicare anche i tempi del banchiere francese diventato presidente. Non ha un movimento, anche se è più che certa la disponibilità di tutti i media italici (la proprietà dei giornali era tutta rappresentata nell’assemblea di ieri) a fargli da megafono, così come era avvenuto per Renzi. Altrettanto certa è la collaborazione consapevole di Matteo Salvini, scelto ormai da anni come “unico antagonista ammesso ma improponibile” di ogni maggioranza “europeista”.
I problemi, però, non mancano. La società italiana è più devastata di quella francese, la struttura della rappresentanza forse ancora più parcellizzata. Qui il sentimento di rifiuto della classe politica è già consolidato, strutturale, in larga parte intercettato dai grillini. Non è insomma semplice dirottare su un candidato “nuovo ed efficiente” il consenso in fuga da berlusconiani e piddini. Il NO oceanico del referendum sconsiglia operazioni frettolose e speranzose, anche perché – storicamente – il bacino elettorale libera-liberista è in questo paese quasi irrilevante. E tutti capiscono ormai che, se televisioni e giornali ti vogliono convincere che “bisogna fare così, non c’è alternativa”, nel segreto dell’urna il vaffa è una certezza.
Calenda può provarci, certo, ma con quel programma lì finisce in calando…
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa